9.12.16

I corvi e i gufi (Antonio Gramsci)

Nel numero del 7 luglio 1921, in forma di lettera al giornale firmata con lo pseudonimo “Il vecchio gufo rivoluzionario”, “L'Ordine Nuovo” pubblicò nelle sue “Cronache torinesi”, un articolo dal titolo I corvi e i gufi scritto da Antonio Gramsci. L'occasione era fornita dalla pubblicazione sullo stesso “quotidiano comunista”, una decina di giorni prima, della lettera di “Un gruppo di carabinieri, guardie regie, guardie di finanza e agenti di custodia”. I firmatari si dichiaravano vittime dello sfruttamento e dichiaravano di essere pronti a difendere i lavoratori in caso di scontro. Erano arrivate lettere di plauso di operai e comunisti alla scelta di campo degli agenti, ma Gramsci frena gli entusiasmi e raccomanda vigilanza. Una posizione fin troppo prudente, al limite del settarismo, in parte giustificata da un contesto che se non era insurrezionale all'insurrezione si avvicinava. L'interesse del testo sta nel fatto che Gramsci, più che argomentare, ricorre ad un racconto, una favola di animali scritta con molto brio. È proprio quella la parte dell'articolo che qui riprendo. (S.L.L.)

A proposito degli agenti del governo, mi limito a raccontarti una delle tante storielle che il consigliere del conte di Luconor raccontava al suo padrone quando questi gli chiedeva consiglio.
Tra i corvi ed i gufi era scoppiata la guerra per causa d’un boschetto di cui, da tempo, si contendevano la proprietà. In pochi giorni i corvi si trovarono ridotti a malpartito. I gufi che si svegliano dopo il tramonto, assalivano nella notte i corvi dormienti nei loro nidi e ne facevano strage. Invano i corvi cercavano di rintuzzare l’offesa. Svolazzavano da mane a sera tra gli alberi, sostavano sui fianchi scoscesi dei monti, esploravano i crepacci, le rupi... non un palmo di terreno sfuggiva alla loro indagine.
Tutto era inutile. I gufi se ne stavano rintanati nei loro nidi nascosti, introvabili, e ridevano, ridevano dei corvi che ogni giorno seppellivano qualcuno dei loro senza mai riuscire a fare una vittima tra le file dell’esercito nemico.
Un giorno i corvi tennero consiglio. Che dissero? Impossibile sapere.
I corvi conoscono l’arte di conservare i segreti e non svelarono mai ad alcuno - né sotto l’imposizione della forza, né fra le reti dell’insidia - quali deliberazioni furono prese in quella storica riunione. Si sa però che sorse una disputa e che l’assemblea terminò drammaticamente.
Infatti, un vecchio corvo ne usci spennacchiato, malconcio, ferito in più parti. Egli abbandonò la tribù e si recò, saltellando - le ali più non lo reggevano - su di una rupe enorme dove, in una notte lontana, aveva sentito lo stridulo grido del gufo. Si posò sulla vetta della roccia gigantesca e attese la notte. Quando i gufi uscirono dai loro rifugi scorsero, con gli occhi fosforescenti, paurosi, il vecchio corvo. Gli furono attorno minacciosi, pronti a colpirlo.
«Non vedete dunque ch’io vengo tra di voi in cerca di pietà? - disse il corvo. - Non vedete che i miei m’hanno reso impotente al volo, mi hanno ferito, m’hanno scacciato? Accoglietemi. Soccorretemi. Sarò il vostro consigliere. Quando le mie ali saranno pari alla bisogna vi guiderò, io stesso, nelle case dei corvi».
I gufi tennero consiglio. Un vecchio gufo s’alzò e disse: «Non fidatevi. È della razza dei vostri nemici. Vi tradirà». Ma tutti risero a queste parole e vollero che il corvo restasse con loro e gli resero grandi onori e s’inchinarono dinanzi a lui come dinanzi al re. Il vecchio gufo, inascoltato e deriso, varcò il monte e sparve. Trovò una nuova tribù? Una nuova famiglia? Chissà!...
Il corvo esplorò tutti i nidi dei gufi, conobbe le loro abitudini, i loro piani di guerra, i loro propositi. Misurò le loro forze, s’impadronì dei loro segreti. Seppe persino che la moglie del primo ministro trescava - civetta! - col capo di stato maggiore... I gufi andavano a gara per rivelargli ogni cosa. Nulla sfuggiva alla sua indagine sagace.
I giorni passarono e le ali del corvo ferito crebbero e riebbero forza. Egli chiamò i gufi a raccolta e disse: «Miei generosi amici! Il giorno è venuto. Io vi darò in cambio dell’ospitalità cortese, il trionfo ultimo sui corvi. (Applausi). Io partirò all’alba di domani, scoprirò tutti i nidi dei vostri nemici e prima che la notte ritorni sarò tra di voi per guidarvi, per portarvi alla vittoria». (Lunga clamorosa ovazione). Il corvo parti. Tornò alla sua tribù che accorse festante ai suoi gridi gracchiando con gioia infinita. Egli fece schierare i maschi in ordine di battaglia, si pose alla loro testa e spiccò il volo...
Sul rifugio dei gufi, prima che la notte scendesse, a cento, a mille, feroci, piombarono i corvi. I gufi dormivano e i corvi ne fecero strage. Non uno salvò la sua vita...
La morale? La lascio cercare a te, caro «Ordine Nuovo», ed ai tuoi lettori.
Il vecchio gufo rivoluzionano.


In Socialismo e fascismo, L'Ordine nuovo 1921-1922, Einaudi, 1966

Nessun commento:

Posta un commento