«La vita è così, un
maledetto affare del cazzo». Per dire. Così è Loredana Bertè: se
stessa fino in fondo. L’età di una signora non si dice mai,
soprattutto se la caviglia è quella di sempre e la coscia pure, ma
Loredana ha abbastanza esperienze e ha dormito sotto sufficienti
cieli stellati, per raccontare qualcosa a qualcuno.
E siamo certi che il suo
pubblico non si farà scappare Traslocando, la biografia edita
ora da Rizzoli. Generosa, fino all’osso. Di aneddoti, racconti,
sentimenti, tristezze.
Non nasconde niente, non
fa finta di non essere stata quello che è stata. Una ribelle,
coraggiosa, bellissima donna. Una rockettara, come dicevano i tabloid
quando era la signora Borg e lui faceva il giro del mondo come
ambasciatore. O una metallara, come la definì Umberto Eco parlandone
con Mario Luzi che insieme a lei e a Carla Fracci faceva la
Gerusalemme. «Si chiama Loredana Bertè ed è un genio»
rispose il maestro, e la finì così.
Qualunque cosa sia stata
e in qualunque modo abbia voluto vivere, in ogni modo abbia cantato e
ballato e sbraitato, la gente l’ha amata e la ama, come dimostra
questa renaissance dell’ultimo periodo.
Oltre al libro è infatti
di prossima uscita un album prodotto da Fiorella Mannoia che la vedrà
cantare tutti i suoi successi in compagnia delle più grandi cantanti
italiane.
Non potrebbe parlarne e
c’è la sua manager che le urla qualcosa mentre me lo dice «Amici
non ne ho — si intitola — ma amiche sì».
Traslocando
racconta il «girone di andata» perché se è vero che detesta il
«fan club di dio» alla reincarnazione le piace credere e «nel
girone di ritorno sarei più furba, magari farei l’avvocato».
È un libro duro «sono
stata spietata, con me stessa soprattutto. Mi piace lo stile senza
fronzoli, alla Bukowski, che adoro. È andata così, Francesca
(Losappio la sua manager, ndr) ovunque eravamo mi faceva delle
domande e mi registrava sul suo telefonino. In seguito ho tirato giù
due stesure, una di pancia e l’altra di testa».
Ci sono tutti. Renatino,
la madre, il padre, Berger, Fossati, Warhol, Borg, Panatta, Mita
Medici, Don Lurio, il Piper, De Andrè …e Mimì. Ovviamente. Ci
sono le mille case dove ha traslocato con la madre, le violenze
quotidiane, il padre, le scorribande, la RAI, i mille aerei presi, le
giornate buone e quelle maledette.
«Mi sta molto antipatica
la vecchiaia. Perché la mia data di nascita non c’entra nulla con
quello che penso, sento e sono. Ma, se mi fa male un muscolo, per
dire, è perché l’ho usato! Quante scale ho fatto nella vita?
Miliardi! Ho vissuto in pieno. Ho odiato e alcuni continuo a odiarli,
il rancore non è sparito. Ho scopato, fumato, ho fatto tutto quello
che potevo fa’! Quindi qualche acciacco ce sta. La vecchiaia va
guadagnata. Però mi scoccia».
«Vorrei avere 20 anni de
meno però, per dire ti amo tanto Mimì…e prendermi quel telefonino
che voleva darmi. Adesso non me lo prendo più. A che serve? Una
volta che hai perso la telefonata della vita puoi farne a meno».
Credo che il motivo per
cui tanti la amano, sia perché un po’ di Bertè, dentro, ce
l’abbiamo tutte, quello che non c’è è il coraggio di tirarla
fuori.
Lei, chi ama ama. E chi
odia, odia. A noi ci ama.
«Gli eretici mi sono
sempre piaciuti e il pregiudizio, in tutti i campi, l’ho sempre
combattuto. Per questo ho letto il
Manifesto fin dall’alba della sua pubblicazione…mi
definivo e mi definisco una manifestina militante».
«Quella del manifesto
era un’impresa che andava sostenuta a qualsiasi costo…La libertà
di dire quello che pensi ha sempre un prezzo alto».
«Dei soldi non mi è mai
fregato niente ma quando li ho avuti li ho dati via. E sono diventata
azionista del Manifesto e ci ho fatto diventare pure Fidel! Valentino
Parlato era felicissimo!».
Da piccola voleva fare la
regina, a modo suo lo è stata. E lo è ancora. E quando sale sul
palco «la mia unica valvola di sfogo» con quella minigonna Wow che
non è mai cambiata «è la mia bandiera di libertà! E non me ne
frega niente, finché me la posso permettere non ci rinuncio» è
sempre bellissima.
“il manifesto”, 2
dicembre 2015
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