13.1.17

A rimorchio. La storia tra Renzi e Leonelli (S.L.L. - micropolis dicembre 2016)

Domenica 11 dicembre scorso, a una settimana dal referendum che respingeva la confusa e velleitaria riforma costituzionale con cui Matteo Renzi sperava di consolidare la sua “presa del potere” e stabilizzare il primato politico dei dirigenti nuovisti (seppure non sempre nuovi) che era riuscito ad aggregare, su “la Repubblica” compariva un editoriale di Scalfari, che segnava la presa di distanza di uno dei più autorevoli sponsor del segretario del Pd e premier dimissionato. Il titolo, irridente, recitava Per essere uno statista Renzi studi Garibaldi e Cavour; il contenuto rimaneva vagamente simpatizzante: si suggeriva al politico fiorentino di riassumere in sé “in vesti moderne quello che furono un secolo e mezzo fa Cavour e Garibaldi: la guida politica e lo spirito rivoluzionario”. Troppa grazia!
L'invito a studiarsi l'abc della storia dovrebbe secondo noi estendersi a molti esponenti del renzismo, a livello nazionale e periferico. Nel governo di tutte le cose e, particolarmente, della cosa pubblica non guasta una certa dose di empirismo. Lo raccomandano, paradossalmente ma non troppo, proprio i maggiori teorici della politica di ogni tempo e latitudine, da quello che prescriveva di tenersi ben stretti alla realtà effettuale della cosa piuttosto che all'immaginazione di essa a quell'altro che aveva elevato a sistema “l'analisi concreta della situazione concreta”. Analisi concreta non vuol dire, però, sguardo superficiale, per impressioni, ma studio della realtà in esame nei suoi elementi costitutivi, nei rapporti fra di essi, nelle dinamiche che producono. L'analisi ha bisogno di criteri metodologici, di ipotesi di lavoro, di visione storica appunto. Non è così per i rottamatori renzisti: in loro la “mistica del fare” si rivela il più delle volte annuncio, slogan vuoto di contenuto.
Prendiamo Leonelli, segretario regionale del Pd in Umbria. Di recente è intervenuto a più riprese sulla situazione economica e sociale della regione. Ha commentato, per esempio, l'indagine del “ Sole 24 ore” sulle condizioni di vita nelle province italiane, guardando soprattutto alla provincia di Perugia che, nella classifica del quotidiano, scala una dozzina di posizioni collocandosi al 44° posto (mentre Terni scende al 68°). Ha detto: “Segnali incoraggianti. Un risveglio economico... c'è!".
Con altri toni, assai dolenti, qualche giorno prima, aveva chiosato il Rapporto Istat sulle povertà relativo al 2015, secondo il quale in Umbria più di un quarto delle famiglie è a rischio di povertà e di esclusione sociale. La percentuale risulta appena sotto la media nazionale, ma a livelli superiori di Marche, Toscana, Emilia Romagna. Dentro questa sofferenza il problema più grave resta il lavoro, mentre da parte del mondo cattolico si rileva la grave insufficienza delle politiche sociali e si fa presente che del cosiddetto Sia (Sostegno all'inclusione attiva), vanto di Leonelli e del Pd umbro, pochi riescono ad usufruire.
Sempre a rimorchio degli eventi Leonelli passa dalla depressione all'euforia senza mai collegare i germogli di eccellenza, che certamente qua e là si intravedono (“micropolis” e Renato Covino ne stanno dando ampiamente conto viaggiando per l'Umbria), con la povertà che cresce, i giovani che vanno via e il lavoro che continua a mancare, senza mai spiegare con chiarezza quali politiche sociali si intende praticare, con quali obiettivi, con quale ruolo per il pubblico e per il privato. L'unica cosa che s'intende è la contrarietà a misure universali di sostegno al reddito: a diritti sociali pienamente esigibili che liberano le persone sembra preferire percorsi individualizzati che confermano la dipendenza di chi è in stato di bisogno, o dal politico o dall'imprenditore convenzionato o dal prete caritatevole.
In compenso Leonelli parla di “un grande appuntamento regionale che coinvolga tutti i soggetti interessati” da tenersi il prossimo febbraio, aggiungendo che “una proposta politica che non guarda prima di tutto agli ultimi rischia di perdere la sua credibilità”. Non sa dove guardare Leonelli, un po' agli ultimi un po' ai primi, un po' al pubblico un po' al privato, e per attirare l'attenzione racconta che sta organizzando gli “Stati generali della povertà”.
Gli Stati generali, cioè le rappresentanze della nobiltà, del clero, dei ceti borghesi, venivano riuniti dal re di Francia eccezionalmente, in momenti di particolari difficoltà, a distanza di decenni, se non di secoli. La convocazione più celebre è quella del 1789, in cui la secessione del Terzo Stato (la borghesia) diede il via alla celebre Rivoluzione. Che cosa c'entri tutto ciò con il con il convegno sulle povertà che Leonelli vorrebbe organizzare è difficile da comprendersi. Forse Scalfari ha più ragione di quanto lui stesso non creda. Renzi e i suoi giovanotti, così ansiosi di impadronirsi del futuro, hanno proprio bisogno di studiarsi un po' di storia. Magari alla scuola serale.

Nella rubrica La battaglia delle idee

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