23.1.17

Il racconto del cibo. Da un'intervista di Marco Giacosa a Vitaliano Trevisan

Riprendo qui la parte finale di un'intervista allo scrittore Vitaliano Trevisan, autore tra l'altro di Works, Einaudi 2016. Non sono d'accordo con lui, ma la sua provocazione mi pare utile: (S.L.L.)

Cosa pensi di tutto questo interesse per il cibo?
«Il peggio possibile».
È indicativo di qualcosa?
«No, è parte del grande mondo della comunicazione. Ormai si comunica qualsiasi cosa. Quando vado al ristorante e cominciano a “raccontarmi”, tra virgolette, i piatti, mi vien voglia di andarmene. Qualche mese fa sono andato al ristorante e un amico ha ordinato una birra particolare, artigianale. L’hanno portata col secchiello del ghiaccio, tipo lo champagne, e fatta assaggiare. Una cosa senza nessun senso, secondo me».
Perché accade?
«Per vendere. Per cos’altro?».
Non è un po’ legato alla crisi?
«Più cala la qualità, più devono contarci una storia».
Loro la raccontano, ma noi ce la facciamo raccontare.

«Io no. Ho due ristoranti preferiti, al mio paese (Crespadoro, provincia di Vicenza, 1300 abitanti n.d.r.), uno fa due piatti: polenta e musso, l’asino, e polenta e corgnoi, le lumache. Non sono ancora arrivati a narrare il cibo».

Pagina 99, 12 agosto 2016

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