Frédéric Mazzella
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Parigi
Nel kit di accoglienza
riservato ai visitatori, dentro una borsina di tela da ecologisti à
la page, ci sono un ricaricatore da viaggio per cellulari,
l’ultimo studio universitario sul valore economico della fiducia e
un set di adesivi colorati che si direbbero perfetti per le bici
degli hipster. Invece sono le tavole della legge in formato stick e
stack, i dieci valori fondanti di un’azienda cresciuta da zero a 30
milioni di utenti in un decennio grazie all’idea che dopo tutti
pensavano fosse alla propria portata ma che nessuno prima aveva avuto
o che quantomeno nessuno aveva saputo sfruttare con efficacia:
condividere posti in automobile per spendere meno.
Done is better than
perfect (“Fatto è meglio che perfetto”), dice infatti uno
degli adesivi, assioma del pragmatismo che ha reso BlaBlaCar l’unica
start up europea con valori e valutazione pari a quelle americane –
pur senza godere di un ecosistema amico o del denaro stampato in
proprio dalla Federal reserve, facile a finire nei venture capital
che nutrono le idee della Silicon Valley.
Con l’ultimo giro di
fundraising, la società francese fondata nel 2006 dall’allora
trentenne Frédéric Mazzella ha raccolto fondi che portano il valore
complessivo dei finanziamenti ricevuti a 300 milioni di dollari;
mentre gli analisti stimano a un miliardo il valore del gruppo.
Il BlaBla village
Almeno una parte dei
quattrini deve essere finita in Rue Menars, tra l’Opéra e la Borsa
di Parigi, in un palazzo techno-chic che BlaBlaCar occupa per qualche
piano e Facebook per quelli rimanenti. Tecnicamente si chiamerebbe
sede, ma gli addetti ai lavori la presentano più empaticamente come
BlaBlaVillage, indicando il nome scritto su una lavagnetta appesa al
ramo di un albero, a fianco di pannelli colorati che raccontano della
riforestazione, di riviste di tutto il mondo e della password del
wifi.
L’albero – non un
pianta da balcone, ma qualcosa di più simile a una grande quercia –
serve evidentemente a rafforzare l’idea del legame tra la società
e la sensibilità ambientale, uno dei punti qualificanti su cui
BlaBlaCar ha costruito il proprio successo; cruciale almeno quanto il
sincerarsi che ognuno abbia in tasca uno smartphone ben funzionante:
qui intorno tutti sanno bene che un telefono senza connessione
internet o spento equivale inesorabilmente a denaro perso.
Oggi BlaBlaCar incassa
ricavi trattenendo una piccola commissione sulle transazioni
effettuate sulla piattaforma, «ma ci sono voluti molti tentativi
falliti prima di trovare il nostro business model, e anche così non
siamo ancora in attivo: il flusso è quello giusto, ma siamo in
grande espansione e abbiamo molte spese per investimenti», spiega
Mazzella.
La leggenda vuole che
l’ispirazione per BlaBlaCar gli sia venuta un giorno delle vacanze
di Natale del 2004, quando – giovane programmatore in un’azienda
di software – cercò inutilmente un posto in treno per raggiungere
la famiglia. Finì che dovette chiedere alla sorella di andarlo a
prendere in auto a Parigi, e quando poi si trovarono in autostrada
constatò con stupore che le macchine di fianco a loro erano tutte
mezze vuote: di lì, l’idea di inventarsi quello che sarebbe
diventato nell’arco di qualche anno il sito di carpooling
più usato al mondo.
La favola della start up
nata nell’equivalente europeo del fantomatico garage, però, in
questo caso cozza con la concretezza del soggetto: «Registrai
l’idea, creai una società con un amico ma prima di buttarmi in
qualcosa di così grande mi iscrissi per un anno a un master in
business administration. Solo dopo, con quei 5 mila euro iniziali a
testa, iniziammo davvero a lavorare su BlaBlaCar».
L’Europa a
pallini
La scelta, probabilmente,
è stata vincente, come suggerisce il plastico gigante affisso sul
muro che illustra l’Europa attraversata da una ragnatela di pallini
blu in movimento, cioè i viaggi prenotati sul sito in corso in ogni
momento. La società è cresciuta fino a 500 dipendenti nel mondo, di
cui 300 solo nel villaggio parigino, dove i dipartimenti si chiamano
tribù, impiegano persone da 22 Paesi e la sola tribù del software
impiega un intero piano del palazzo.
L’onda della sharing economy ha infatti trascinato con sé anche pratiche già esistenti (di carpooling si parla dagli anni ‘90) agganciandole a una diversa, e più favorevole, visione del mondo. E se sull’onda surfa molta retorica della condivisione applicata al business – a partire dal discusso modello Uber, o dalle polemiche sull’economia del noleggio di Airbnb – quella di Mazzella è una delle poche start up di cui nessuno ha mai contestato le intenzioni.
L’onda della sharing economy ha infatti trascinato con sé anche pratiche già esistenti (di carpooling si parla dagli anni ‘90) agganciandole a una diversa, e più favorevole, visione del mondo. E se sull’onda surfa molta retorica della condivisione applicata al business – a partire dal discusso modello Uber, o dalle polemiche sull’economia del noleggio di Airbnb – quella di Mazzella è una delle poche start up di cui nessuno ha mai contestato le intenzioni.
«Gli uomini da sempre
sono abituati a condividere: pensiamo all’aria. Ora il digitale ci
permette di mettere in condivisione anche cose una volta impossibili,
per esempio i file musicali o le case», ci dice il giovane
amministratore delegato, cercando comunque di difendere l’ideale
della sharing economy. «Certo: tra tutte le piattaforme che sono
nate per condividere ci sono poi anche quelle per offrire tempo e
lavoro, cioè per distribuire capacità come freelance. Il problema –
ammette infine – è che mettere a disposizione tempo e capacità si
chiama, in altre parole, lavoro. E il lavoro ha una legislazione e
dei diritti maturati negli anni».
Parla scandendo
lentamente le parole, come a sincerarsi che l’interlocutore capisca
realmente, con sguardo fermo e grandi occhi azzurri segnati dalla
stanchezza; le mani, in compenso, cercano freneticamente il
telefonino: schiaccia, digita, controlla. Cerca Ischia, come prima
cosa, e con una certa soddisfazione mostra su Google maps l’esistenza
di parecchie strade sull’isola intitolate a Mazzella vari: sono
tutti suoi parenti, annuncia, per qualche motivo entrati anche loro
nella storia.
La sua personale
notorietà ha fatto un salto di qualità recentemente, quando ha
firmato con Arun Sundararajan, docente della Stern University, il
primo studio di un qualche valore accademico sulla fiducia come
elemento riproducibile nelle reti sociali, e dunque monetizzabile.
Con lo stesso entusiasmo con cui parla delle foto dei dipendenti sul
muro che hanno condiviso un numero di passaggi sufficiente a farli
diventare “ambasciatori” della piattaforma (Pensalo,
costruiscilo, usalo è un altro dei motti stampati sugli
adesivi), Mazzella spiega che l’essenza della ricerca è che stiamo
entrando nell’età della fiducia, nella quale non esistono più
persone etichettabili come “sconosciuti”.
Molti, su Internet, hanno
commentato la cosa con sarcasmo, quando non con rabbia. Lui però non
si agita, come se l’accusa non fosse pesante o l’intera questione
non fosse di quelle che possono distruggere il business e l’intera
sharing economy da un momento all’altro.
Chiacchiere tra ex
sconosciuti
«Il nostro studio non
racconta che ci si possa fidare degli sconosciuti, bensì che nelle
reti basate sulla fiducia, e costruite attraverso Internet come
BlaBlaCar, gli sconosciuti non esistono più. Il fatto che ci siano
persone che non hai mai incontrato non le rende sconosciute, sono
soltanto persone con cui ancora non ti sei trovato faccia a faccia»,
prova a spiegare senza scomporsi.
La questione è cruciale,
ovviamente: non solo perché il modello basato sulla fiducia basata
sulle garanzie della rete sta costruendo nuove prospettive economiche
– e i 300 ragazzi che girano per gli open space con le loro tazze
marchiate BlaBlaCar ne sono una dimostrazione vivente – ma anche
perché presto quella fiducia e la reputazione collegata potrebbero
servire per inventarsi nuovi mercati e aziende, oggi ancora
impensabili. «La verità è che noi stiamo creando il lavoro di
domani: metà dei posti che vedi qui 15 anni fa non esistevano,
nemmeno concettualmente. Parte del nostro lavoro è educare la gente
al futuro».
Le sedie a sdraio
piazzate qui e là, le colazioni dedicate al team building e le
settimane di lavoro all’estero – ogni dipendente può andare a
lavorare nell’ufficio di un altro Paese del mondo, per afferrare la
cultura locale – sanno realmente un po’ di futuro, specie per chi
non è abituato agli standard della Silicon Valley. E deve essere
anche per questo che Mister BlaBlaCar fa parte della cerchia di
imprenditori ammessi alla corte del presidente francese Hollande e
del primo ministro Valls, tenutari di un’economia in profonda crisi
e in cerca di soluzioni pronte all’uso.
«Mi capita anche di
parlare con i membri della Commissione Ue: ci cercano per cercare di
capire cos’è esattamente quello che facciamo, e come». I
discorsi, evidentemente, avrebbero bisogno di infittirsi: «Noi siamo
fortemente europeisti, ma lavorare nella Ue può essere complesso:
ogni Paese ha le sue leggi, la sua tassazione, il suo parlamento o i
giudici che talvolta si schierano contro. In America se vuoi fare
questo mestiere ti si chiede solo di saper correre; qui la corsa è
ad ostacoli», commenta.
Il paragone può essere
sconfortante. D’altronde gli capita, talvolta, mentre controlla
freneticamente il cellulare, di imbattersi in una mail mandata dal
capo di Airbnb o di Uber, dall’altra parte dell’oceano, in cerca
di un consulto o di un consiglio, magari anche su come gestire le
cose su questa sponda. «Ma non immaginatevi nessuna trilaterale
strana: siamo semplicemente imprenditori che si parlano. Quando ho
iniziato BlaBlaCar sapevo che la mia vita sarebbe cambiata, che era
un’idea che poteva sbancare. Non avevo però capito le conseguenze
di questo successo».
SCHEDA 1 - In vacanza
con le chiacchiere
Non più fenomeno di
nicchia: a luglio, secondo le stime, circa 75 mila persone hanno
prenotato un passaggio su BlaBlaCar per andare in vacanza. Tanto
meglio se in posti poco serviti dal trasporto pubblico, o su cui
viaggiano prevalentemente treni ad alta velocità: un posto in car
pooling costa meno della metà.
Il trend di crescita
della piattaforma è costante, dicono dalla sede italiana: le
previsioni per il solo esodo di agosto sono di 250 mila auto
BlaBlaCar sulle strade, e durante le scorse festività natalizie sono
stati offerti circa 400 mila passaggi condivisi, il 50% in più
dell’anno precedente. Molte anche le tratte fuori confine: nel 2015
i soli viaggi verso la Francia sono stati circa 70 mila, e ci si
aspetta di fare meglio quest’estate.
Per catturare nuove fasce
di utenti, la società ha inaugurato recentemente anche
un’assicurazione sui viaggi – automaticamente attiva su tutte le
tratte prenotate elettronicamente – che si aggiunge alla polizza
normale e copre danni per incidenti, il costo della chiamata al carro
attrezzi in caso di problemi al veicolo e persino quelli per oggetti
dimenticati sull'auto condivisa.
Le donne, infine, possono
scegliere l’opzione viaggi rosa: chi temesse di trovarsi in
situazioni spiacevoli può scegliere di cercare (o di offrire)
passaggi solo al femminile.
SCHEDA 2 - L’app dei
passaggi
BlaBlaCar(.it)è una
piattaforma di carpooling diffusa in 22 Paesi al mondo, sulla quale è
possibile condividere posti in auto. Per offrire e cercare passaggi
si deve creare un profilo: nel primo caso bisogna fornire una foto
della propria patente, alcuni dati anagrafici, un numero di telefono;
le indicazioni sul modello dell’auto e l’iban su cui ricevere gli
accrediti; nel secondo, bastano l’anagrafica e il cellulare.
Sul sito si possono
cercare passaggi per giorno e per meta; la piattaforma ha un sistema
di messaggistica interna con cui gli utenti possono prendere accordi.
I posti si offrono con pochi clic, anche via app; sulla maggior parte
delle tratte, la prenotazione e il pagamento sono elettronici: basta
opzionare un posto, e pagare il corrispettivo via PayPal o carta di
credito. Su poche tratte residuali, si paga ancora in contanti,
all’autista.
Alla fine di ogni
viaggio, si lasciano commenti a chi guida e ai passeggeri: feedback
fondamentali per costruire la fiducia nella piattaforma.
Pagina 99, 12 agosto 2016
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