19.2.17

Corruzione. Prima e dopo “Mani Pulite” (stato fb S.L.L.)

Leggo la riflessione di un avvocato campano che vive a Pisciotta. Scrive: "Fateci caso,dopo "Mani pulite", il degrado morale italiano è stato esponenziale". Suggestivo questo avvocato Russo, ma il "post hoc propter hoc" è spiegazione troppo facile e molto spesso ingannevole. E' assolutamente vero che le inchieste di Tangentopoli e Mani Pulite, se riuscirono a distruggere partiti e carriere politiche, non bloccarono la corruzione, ma non sono certo alla base del suo esponenziale incremento negli anni successivi.
All'inizio degli anni 90 non ci furono soltanto "Mani pulite", ci fu per esempio la fine dell'impero sovietico e del comunismo italiano. Si disse che il pericolo comunista aveva determinato la "conventio ad excludendum", aveva obbligato le classi proprietarie (come pure la magistratura, la polizia, l'alleato americano ecc.) a tollerare la corruzione dei governativi anticomunisti per tenere il Pci lontano dalla stanza dei bottoni. Insomma la scomparsa de vecchi e corrotti partiti di governo e la nascita dalle ceneri del Pci di un partito democratico di sinistra - si diceva - avrebbe favorito quell'alternanza vista come rimedio universale a tutti i mali della cosiddetta "prima Repubblica".
E invece - credo - la scomparsa dal campo della politica di una "alternativa di società" e l'omologazione culturale del ceto politico, quasi tutto sostenitore, seppure con diverse sfumature, della proprietà privata senza limitazioni e del libero mercato, ha eliminato un elemento di deterrenza. Un partito come il Pci, certamente spregiudicato nel finanziamento delle proprie strutture, esercitava tuttavia un controllo attentissimo sulla corruzione individuale dei suoi esponenti, sui loro arricchimenti, sui legami con l'affarismo, controllo favorito dalla forte partecipazione di base alla vita del partito. Il milione e mezzo di iscritti, i cinquecentomila attivisti volontari che animavano le sezioni spinti da una lettura "classista" del proprio interesse personale e da un sistema di valori fondato sulla solidarietà più che sull'iniziativa individuale, rappresentavano un potente elemento di controllo sui comportamenti dei dirigenti a tutti i livelli che investiva non solo la "corruzione" amministrativa, ma perfino la vita privata. Lo slogan "mani pulite" non nacque negli anni Novanta, al tempo delle inchieste milanesi, ma già negli anni sessanta e settanta i comunisti amavano presentarsi come "il partito dalle mani pulite". I comunisti non si limitavano, peraltro, a proclamarsi diversi e "migliori" di tutti gli altri, ma in qualche modo coltivavano questa "diversità".
Sono convinto che un partito come il Pci, con il suo ampio seguito e la sua stessa presenza, contribuisse a frenare la corruttela anche negli altri gruppi politici, timorosi delle "speculazioni" dei rossi.
Va in ogni caso riconosciuto che già negli ultimi anni Settanta e nei primi Ottanta fenomeni di corruzione erano cresciuti anche nel Pci, in parallelo con la partecipazione al potere che favoriva la progressiva "omologazione" del partito e il venir meno di quella "diversità" che Enrico Berlinguer continuava a sbandierare quando pose la "questione morale" e tentò fino all'ultimo di salvaguardare.
Le inchieste di Tangentopoli e Mani Pulite colpirono non pochi corrotti e interruppero un determinato meccanismo, ma se di per sé non potevano bloccare del tutto la corruzione, né - tanto meno - farla crescere. Al suo incremento invece concorrono diversi fattori, alcuni dei quali nettamente collegati al trionfo delle ideologie neoliberiste, all'idea infausta che al capitale ed alla sua (supposta) efficienza non bisogna mettere lacci e lacciuoli. Faccio solo tre esempi, per farmi capire.
Il passaggio dall'urbanistica programmata all'urbanistica contrattata, per esempio, non ha solo favorito cementificazioni inopportune o perfino insalubri, ma ha rappresentato un terreno costante di pressione affaristica e di corruzione.
L'esternalizzazione di servizi da parte di Enti pubblici con l'affidamento a imprenditori e cooperative di servizi prima svolti direttamente, ha forse permesso qualche risparmio, ma è stata alla base di affarismo tangentizio.
L'abolizione del controllo preventivo di legalità sugli Enti Locali e sulle loro commesse e concessioni non ha solo esaltato il controllo - a danno fatto – e il potere della magistratura, ma permesso la realizzazione di atti lucrosi per funzionari e politicanti, oltre che per spregiudicati imprenditori.
Mani Pulite con tutto ciò non c'entra.

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