6.2.17

Il mio congresso di Sinistra Italiana (Fausto Anderlini)

Un'amica di rete (e non solo) mi ha indicato come interessante, anche se con qualche oscurità, questo testo postato su fb e corredato da foto sul congresso bolognese di Sinistra italiana. Condivido il giudizio e lo posto qui, per conoscenza e memoria mia e di altri.
Per la precisione di Sinistra Italiana non sono un iscritto e forse, in senso proprio, neanche un simpatizzante; tutt'al più - allo stato degli atti - un potenziale elettore. Cerco di dare il contributo che l'età e la salute mi consentono alla parte e all'ideale che ho scelto con l'impegno nella redazione di “micropolis” e tra i volontari di “Libera Umbria” e con qualche intervento nella battaglia delle idee, in riviste, in convegni o in rete. Ma tutto quello che si muove e si dibatte a sinistra mi riguarda. (S.L.L.)

Giacché mi ero iscritto on-line circa un mese fa ieri sono andato al congresso di Si di Bologna dove ho votato, all'unanimità, una lista bloccata che neanche mi piaceva e ho anche parlato. Siccome del detto non c'è traccia, né era presente alcun cronachista, vorrei qui renderne succintamente conto, prima che me ne dimentichi.

a) Mi son presentato come un turista, un turista della diaspora della sinistra curioso di socializzare con gli animatori di questo nuovo partito. Più precisamente come un detrito, un inerte, un residuo. se non una carcassa di animale,arrivato lì trascinato dalla corrente.

b) In realtà tutti siamo residuati di qualcosa. E a ben pensarci la stessa società configurata dalla crisi del capitalismo globale è null'altro che un grande ammasso di residui. Alla fine, tradendo le sue promesse percolanti, questo tipo di capitalismo non lascia sul campo ceti emergenti dotati di spessore, se non una ristretta plutocrazia con un numero circoscritto di adepti con intorno legioni di menial servant abbruttiti.

c) Per inciso, quando negli '80 si profilò l'uscita dal fordismo non era così. A preventivo c'erano classi medie 'moderne' in espansione, sia nei servizi produttivi che di consumo. Il neo-liberismo si presentò con un volto liberatore di energie ed ottenne un indubbio consenso di massa.

d) Tutti, o tanti, furono trascinati in un modo o in un altro in un movimento che metteva al centro la differenziazione sociale e l'autovalorizzazione individuale contro il burocratismo collettivo e lo statalismo illiberale (sia comunista che socialdemocratico). Battuti e umiliati dalla prima ondata neo-liberista i socialisti si sono poi acconciati alla tendenza, con le 'terze vie', con l'idea di 'governarla', offrendosi come personale di gestione della governance e abbandonando le proprie basi sociali (vieppiù residuali). Ma i movimenti radicali di nuovo impianto post-materialista hanno fatto di più: hanno favorito la tendenza sin dal nascere. Hanno contribuito a crearla fornendo materiali attivi alla nuova egemonia.

e) Rebus sic stantibus trovo grottesco individuare colpevoli in famiglia e chiedere autocritiche riducendo il dibattito politico a un concerto di colpevolismi e pentimenti. Tutti siamo stati travolti da un processo. Una volta che una dinamica sociale prende corpo si palesano determinismi che la coscienza non è sempre in grado di padroneggiare.

f) Il referente sociale della sinistra da ricostruire è dunque questo mondo di residui e di corpi alla deriva da cui sale una domanda drammatica di protezione. E se il neo-liberismo ha coinciso con un 'neo-riformismo' teso a smantellare diritti e protezione sociale ebbene bisogna essere coerentemente e dichiaratamente 'conservatori'. La vittoria del No al referendum costituzionale è stata anche un'ondata di legittimo conservatorismo.

g) Non si può eludere il tema della sovranità politica. Esso fa tutt'uno con la crisi della legittimazione democratica. Il ritorno 'nazionalista' interpretato dalle destre è una risposta alla crisi che non può essere neutralizzata e combattuta con un globalismo di sinistra a base irenica e/o apocalittica. Non ci sono moltitudini in marcia verso la redenzione. Ma disperati e questuanti, persino disposti alla sottomissione. Il movimento operaio ha avuto l'internazionalismo nel suo dna, ma le sue conquiste sono avvenute sempre entro cornici nazionali. Perciò o la sovranità politica, minata dai dispositivi finanziari globali, si rilegittima a un'altra scala - quella europea - disincagliandosi dalle secche attuali oppure il ritorno nazionalista diventa una necessità alla quale sarà difficile sottrarsi.

h) Siccome c'è chi sostiene che diritti sociali e civili sono sullo stesso piano è bene precisare che fra i due piani esiste una gerarchia. I diritti sociali non solo vengono prima, ma danno sostanza agli stessi diritti civili. Se la possibilità di creare famiglie neo-nucleari omosessuali, con prole, è condizionata dal censo, quel diritto è null'altro che un privilegio. Inoltre non si può sottacere una realtà di fatto. Oggi l'abbassamento della natalità e il differimento sine die della procreazione è determinato in buona misura dalla precarizzazione sociale. La possibilità di dar vita a una 'famiglia tradizionale' è impedita a molti dalla condizioni materiali in cui versano. La 'sinistra', in questo contesto, non può presentarsi con la stessa agenda 'post-materialista' di vent'anni fa.

i) La sinistra che 'ri-nasce' deve dunque federare i residui sociali ed armarsi di bocca buona e manica larga. Bisogna essere compassionevoli e ben disposti verso sé stessi. La nuova fase politica va verso il proporzionalismo e la domanda cui rispondere, dopo il fallimento clamoroso del Pd, è quella di una sinistra di nuovo 'autonoma'. C'è uno spazio politico ed elettorale fra le formazioni antisistema (M5S in primis) ed establishment moderato che può assumere consistenza e convogliare voto utile, perché capace di condizionare la politica. Non si può offrire alla gente un partito di mera testimonianza ideologico-programmatica. Certo un partito di valori e rappresentanza, ma che faccia politica e sia capace di esercitare l'arte del condizionamento e della coalizione. Una sinistra solo 'radicale' che si proclama l'unica autentica non ha senso dal momento che quella 'istituzionale' è scomparsa.

l) La situazione è in movimento e bisogna essere disponibili a cambiamenti di rotta in itinere. Gli sviluppi cui darà luogo e il consenso saranno comunque decisivi. Ho trovato bizzarro che il congresso si sia sviluppato (sino alle recenti defezioni) come una contesa per la leadership. Sarebbe stato meglio fare un direttorio a più voci. Nelle fasi ri-fondative, tanto più se aperte a situazioni mutevoli e imprevedibili, l'accento deve battere sulla condivisione consensuale non sulla divisione/decisione su chi è il leader a colpi di maggioranza. I nuovi leader dovranno essere dei federatori. Non dei monocrati.

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