13.2.17

Parole. I ballocchi son castagne (Gian Luigi Beccaria)

Castagne lesse
Agli angoli delle strade fumano di questi tempi e spandono il loro profumo le castagne arrostite, goloso cibo di strada, un tempo cibo dei poveri. Pane povero dei contadini era in Toscana il neccio (contrazione di castaneccio, cioè castagnaccio) grossa cialda a base di farina di castagne, che fu alimento tipico in particolare dell'Appennino pistoiese e della Garfagnana (era cotto con l'apposito ferro da cialde, nelle vecchie cucine col camino, al pari dell'equivalente patolla; un tempo veniva cotto in uno strato di foglie secche di castagno tra due testi di terracotta arroventati). Altro pane povero è in Lunigiana la marocca, pane di farina di castagne mescolato a farina di grano e patate. E in Liguria, si cuoce ancora la pattuna, pane di farina di castagne? In alcune località della Val Trebbia e della valle dell'Avete patona o patena dà ancora oggi il nome a una torta bassa confezionata con farina di castagne. Alcuni cibi «poveri» a base di castagne sono ora diventati ricercati piatti regionali: penso ai gnocchi di castagne di Valchiavenna, o ai sabadoni in Romagna, tortelli ripieni.
Ricordavo prima le arrostite alla fiamma viva, le bruciate, o caldarroste (voce di origine romana), in Piemonte riistije, o mondai, cioè «mondati». Ma le castagne si mangiavano e si mangiano anche lesse: vario il loro nome, früve in Piemonte, farü, ferü, farüff in Lombardia, nella Bassa Brianza peladéj, ballotte in Toscana, o ballotti, ballucci, ballocci, ballocchi, balletti in Lunigiana, castroni nel Grossetano. E si mangiano secche (nell'Italia centro-meridionale la castagna sbucciata e seccata è chiamata per antifrasi mosciarella). Un tempo le più apprezzate erano le castagne milanesi. Accanto a quelle per i poveri, a Milano c'erano anche le castagne per i signori: Bonvesin da la Riva, nel De magnalibus Mediolani, cita accanto alle «castanee populares» le «nobiles, que marona dicuntur», i «marroni», che facevano parte dei lauti pranzi dei signori accompagnate da datteri e ostriche, arrostite o lessate. Il momento dei «marroni» era a fine pasto, quando si offriva un vino speciale. Nel Fermo e Lucia compaiono insieme, una volta tolte le mense, «marroni» e «vino della chiavetta», il vino speciale tenuto sotto chiave.

“La Stampa”, ritaglio senza data, ma 2008


Nessun commento:

Posta un commento