Castagne lesse |
Agli angoli delle strade
fumano di questi tempi e spandono il loro profumo le castagne
arrostite, goloso cibo di strada, un tempo cibo dei poveri. Pane
povero dei contadini era in Toscana il neccio (contrazione di
castaneccio, cioè castagnaccio) grossa cialda a base
di farina di castagne, che fu alimento tipico in particolare
dell'Appennino pistoiese e della Garfagnana (era cotto con l'apposito
ferro da cialde, nelle vecchie cucine col camino, al pari
dell'equivalente patolla; un tempo veniva cotto in uno strato
di foglie secche di castagno tra due testi di terracotta
arroventati). Altro pane povero è in Lunigiana la marocca,
pane di farina di castagne mescolato a farina di grano e patate. E in
Liguria, si cuoce ancora la pattuna, pane di farina di
castagne? In alcune località della Val Trebbia e della valle
dell'Avete patona o patena dà ancora oggi il nome a
una torta bassa confezionata con farina di castagne. Alcuni cibi
«poveri» a base di castagne sono ora diventati ricercati piatti
regionali: penso ai gnocchi di castagne di Valchiavenna, o ai
sabadoni in Romagna, tortelli ripieni.
Ricordavo prima le
arrostite alla fiamma viva, le bruciate, o caldarroste
(voce di origine romana), in Piemonte riistije, o mondai,
cioè «mondati». Ma le castagne si mangiavano e si mangiano anche
lesse: vario il loro nome, früve in Piemonte, farü,
ferü, farüff in Lombardia, nella Bassa Brianza
peladéj, ballotte in Toscana, o ballotti,
ballucci, ballocci, ballocchi, balletti
in Lunigiana, castroni nel Grossetano. E si mangiano secche
(nell'Italia centro-meridionale la castagna sbucciata e seccata è
chiamata per antifrasi mosciarella). Un tempo le più
apprezzate erano le castagne milanesi. Accanto a quelle per i poveri,
a Milano c'erano anche le castagne per i signori: Bonvesin da la
Riva, nel De magnalibus Mediolani, cita accanto alle «castanee
populares» le «nobiles, que marona dicuntur», i «marroni», che
facevano parte dei lauti pranzi dei signori accompagnate da datteri e
ostriche, arrostite o lessate. Il momento dei «marroni» era a fine
pasto, quando si offriva un vino speciale. Nel Fermo e Lucia
compaiono insieme, una volta tolte le mense, «marroni» e «vino
della chiavetta», il vino speciale tenuto sotto chiave.
“La Stampa”, ritaglio
senza data, ma 2008
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