Un lampo rosso,
trent’anni fa. Boris Becker sbucò dal nulla e a botte di
serve&volley (in tuffo) nel giro di due settimane si prese
tutto: il Centre Court, Wimbledon, il tennis. Lo stupore del mondo.
Aveva 17 anni e 227 giorni, nella domenica della finale contro Kevin
Curren: il più giovane vincitore di sempre sui praticelli dell’All
England Club. Wunderkind, titolarono i giornali. «A volte mi sembra
ieri. Altre che sia passato un secolo», spiega l’ex
ragazzo-meraviglia piantandoti addosso due pupille azzurre e
perforanti come un laser. Oggi ha 47 anni e sul suo pass c’è
scritto che di mestiere fa l’allenatore di Novak Djokovic. Nel
frattempo ci sono stati 6 Slam vinti (3 a Wimbledon), due matrimoni,
un divorzio, quattro figli. Qualche scandalo, molto tennis. Tanta
vita.
Boris, che cosa si
ricorda di quel 1985?
«Che ebbi parecchi match
duri. Mi ci vollero cinque set sia con Nystrom sia con Mayotte.
Nystrom servì due volte per il match: sull’erba di solito basta
per vincere. E poi la finale. La prima di servizio vincente sul
matchpoint, il giro del campo con il trofeo, i miei genitori. Le
emozioni».
Wimbledon: sinonimi?
«Il torneo più
prestigioso del mondo. Il più importante. In questi trent’anni lo
hanno migliorato, senza mai smarrire la tradizione. Per me non è
solo un ricordo sportivo, perché abito a Wimbledon, nel Village. Era
il mio giardino, oggi è la mia casa. Sento che appartengo a quel
luogo».
Cosa dicono i suoi
vicini?
«Credo che siano felici,
e un po’ orgogliosi. Però quando mi incontrano mi salutano, mi
chiedono come va e finisce lì. Godo di una privacy che in Germania
sarebbe impossibile: si innamorarono di me che avevo 17 anni,
faticano a capire che adesso ne ho 47 e sono una persona diversa».
L’erba del Centre
Court è sempre la stessa?
«È
più alta, quindi più lenta. Anche le palle sono più lente.
Ma un buon servizio è sempre un buon servizio. Diciamo che neanche
oggi puoi vincere Wimbledon senza prendere dei rischi».
Da quest’anno la
stagione sul verde si è allungata di una settimana: l’erba conta
ancora?
«La strada è giusta,
dopo Parigi serviva una settimana in più di riposo. Sì, l’erba è
sempre importante, anche se fino agli anni ’70 gli Slam che si
giocavano sul verde erano tre su quattro: pensi quanti in più ne
avrei potuti vincere io…».
Ai suoi tempi i
tennisti avevano più personalità. Vero?
«Djokovic, Federer,
Nadal, le personalità non mancano. Certo, trent’anni fa non
eravamo messi male. Lei quanti anni ha, scusi? Una cinquantina…».
Più o meno.
«Io ne ho 47, stessa
generazione: ecco perché quel periodo ci sembra così bello. Ma i
campioni di oggi sono più forti. Basta guardare a tutti i record che
stanno battendo».
Djokovic è
sottovalutato?
«Forse sì. Può
capitare, se cresci nell’epoca di Federer e Nadal. Ma se negli
spogliatoi chiede ai tennisti chi preferiscono non incontrare, Novak
sta in cima alla lista».
Lei vinse uno Slam
adolescente, oggi sembra impossibile. Perché?
«Perché il mondo era
diverso. Non c’era internet, non c’erano gli smart phone, solo la
tv a colori. Da piccolo non volevi fare il campione, lo diventavi e
basta. Oggi c’è tanta pressione. Io nel 1985 neanche sapevo di
essere così bravo».
Dopo lei, Michael
Stich e Steffi Graf nel tennis non ci sono più stati tedeschi
all’altezza: troppo benessere fa male?
«Un po’ la colpa colpa
della federazione, che non ha sfruttato i nostri successi, un po’
dei giocatori. Nelle donne siano al top, nei maschi no, ma la
ricchezza non c’entra. Contano le persone».
Conosce i tennisti
italiani?
«Sono amico di Fabio
Fognini, mi alleno con lui quasi ad ogni torneo. Ha carattere, mi
piace. A volte non è facile assistere ai suoi match. Ma non è mai
noioso».
Di lei dicevano che in
campo parlava troppo. E pensava troppo.
«Mi è sempre piaciuto
pensare. Qualche volta, è vero, è stato uno svantaggio. Ma è un
vantaggio ora, per la mia vita. Ho sempre saputo che il tennis era
importante, non la cosa più importante».
Chi vince a Wimbledon
quest’anno?
«Il campione uscente si
chiama Novak Djokovic, mi pare…».
Federer ha una chance?
«Sicuro. L’anno scorso
era in finale, no?».
Becker escluso, chi è
stato il più forte erbivoro di sempre?
«Sull’erba avrei
voluto veder giocare Rod Laver. Borg era sorprendente, da piccolo è
stato il mio idolo. McEnroe aveva uno stile unico, poi ci sono
Edberg, Cash. E Federer che se non sbaglio a Wimbledon ha vinto 7
volte. E vincere è sempre difficile».
Sull’erba avrebbe
preferito sfidare Laver o Federer?
«Questa è una bella
domanda sul passato. Ma io vivo nel presente».
Nel sito “Curiosi di
sport” - Postato il 23 giugno 2015
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