Una compagnia di
giovanotti e ragazze s’intratteneva piacevolmente in una corte
alberata; d’un tratto la più pallida e bionda sussultò, si portò
una mano al petto ed emise un’esclamazione soffocata, indicando un
punto in terra. Gli è che per lì procedeva, alla sua goffa maniera,
un piccolo bruco rossiccio, neppure dei più sgargianti: un umile
bruco, un bruco qualunque. Procedeva contraendosi, stiracchiandosi,
lordandosi di polvere, parendo trascinarsi dietro un gran peso;
volgeva il capino a dritta e a manca, ogni tanto si fermava per
tentare l’aria colle brevi antenne; poi, quasi con sospiro di
rassegnazione, riprendeva pazientemente il cammino, riaffrontava le
minime asperità del suolo come a noi avviene d’affrontare colline
e montagne. Verace immagine, insomma, dell’uomo nel suo faticoso
passaggio terreno. O magari, per ciò che ne sappiamo, tutto al
contrario: magari lui andava a passeggio spedito quanto gli era
concesso, e si sentiva felice, il mondo gli sembrava meraviglioso...
Ma bah, in fondo fa poca differenza. Tale comunque l’esserino che
aveva destato il ribrezzo della sensibile fanciulla, e che, di tutto
ignaro, continuava ad arrancare pei fatti suoi. Ora però il più
rubizzo e devoto (alla biondina) dei giovani, seguito il verginale
sguardo e individuato il responsabile di tanto turbamento, esclamò:
«Ah, è per quel coso lì? », e girò gli occhi intorno,
evidentemente in cerca d’uno strumento atto a levar dal mondo il
coso stesso; non avendolo trovato, e d’altro canto poco disposto a
insudiciarsi fosse la suola d’una scarpa, si rizzò ed impugnò per
la spalliera la propria seggiola. Qui un pietoso volle intervenire:
«Lascialo andare, che male ti ha fatto». Se non che il primo:
«Storie!», e con un piede della seggiola portò un gran colpo al
piccolo bruco, attardandosi poi a spiare sul volto della fanciulla
gli effetti della sua prodezza.
Gran colpo, ma, data
l’arma, impreciso: il bruco, morto più che per metà, dovette
lungamente e ancor più buffamente contorcersi, rivoltolandosi nel
proprio bianco sangue. Da ultimo rese l’anima (vegetativa) al
Creatore, e la fanciulla fu contenta.
da Animalini in Diario perpetuo, Adelphi, 2012
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