L'articolo che segue è
di poco più di un anno fa (febbraio 2016), ma dopo l'elezione alla
Casa Bianca di Donald Trump è perfino più attuale di quando è
stato scritto. Lo posto per meglio conservarlo alla mia memoria e per
esporlo all'attenzione di chi è interessato. (S.L.L.)
Uno scambio di
complimenti che ha sorpreso: lo scorso 17 dicembre il presidente
russo Vladimir Putin ha espresso la sua preferenza per uno dei
candidati alle primarie del partito repubblicano Usa, il miliardario
newyorkese Donald Trump. Lo ha definito «uomo brillante e pieno di
talento», indicandolo come gran favorito della corsa presidenziale.
Lungi dal ricusare l’omaggio, anche a rischio di dispiacere ai
molti neoconservatori del suo partito Incerti se odiare di più la
Russia o l’Iran, Trump ha reagito con calore: Putin «sa veramente
dirigere il suo Paese. È un leader energico, ben diverso da ciò che
abbiamo qui da noi». Non solo: ha anche promesso che qualora fosse
eletto a presidente degli Stati uniti, avrebbe Intrattenuto
volentieri una buona intesa col leader russo. La simpatia reciproca
di questi due uomini dal pugno di ferro è rafforzata oltre tutto dal
comune disprezzo per l’attuale Inquilino della Casa bianca. Donald
Trump si è infatti rallegrato nel constatare che «Putin non ha
alcuna simpatia per Obama e non lo rispetta».
In generale, gli
interessi degli Stati prevalgono sulle eventuali affinità dei loro
dirigenti. Ma quando l’economia mondiale deraglia, le quotazioni
del petrolio crollano e gli attentati sanguinari dilagano ovunque,
non è sorprendente, e neppure Indifferente che a occupare la scena
siano valori quali l’ordine e l’autorità, sostenuti da
personaggi grintosi, cinici e brutali. È II momento dei fautori di
una restaurazione morale di tipo patriottico, nostalgici di una
narrazione di segno nazionalista, che alzano la voce, gonfiano I
muscoli e dispiegano le loro truppe.
Il premier ungherese
Viktor Orban si è rafforzato politicamente dopo aver installato una
recinzione in acciaio ai confini del suo Paese con la Serbia e la
Croazia. Allo stesso modo, l’annessione della Crimea ha consolidato
il potere di Putin, e la sanguinosa repressione dei curdi quello del
presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Quando Trump raccomanda di
reintrodurre la tortura negli Stati uniti, e il suo concorrente
repubblicano Ted Cruz, non contento degli attacchi statunitensi
«troppo mirati» contro Daesh, propone di «bombardare a tappeto»
le zone controllate dall’Organizzazione dello Stato islamico
(compresa la popolazione civile), l’uno e l’altro guadagnano In
popolarità nel loro schieramento. E persino il disprezzo verso gli
Intellettuali, gli universitari e il «politicamente corretto» sono
per loro fonte di consensi. Forse ispirati da questo fenomeno, i
dirigenti francesi infarciscono i loro discorsi di espressioni quali
«risposta ferma» o «domanda di autorità». E mentre potenziano le
prerogative della polizia a discapito di quelle della giustizia,
assistono senza fare una piega a decine di decapitazioni di
oppositori in Arabia saudita.
Le promesse di pace e
prosperità del capitalismo moderno erano già In caduta libera dopo
II disastro finanziario del 2008. Ma ormai il crollo Investe la sua
cultura, Il suo spirito, I suoi dirigenti dal modi untuosi e solo
apparentemente civili. La «globalizzazione felice» voleva essere
razionale, fluida, Interconnessa a livello planetario. Il suo
fallimento apre la strada agli «arrabbiati», al signori della
guerra.
“Le monde diplomatique
– edizione italiana”, febbraio 2016
Nessun commento:
Posta un commento