La crisi ha allargato la
forbice tra le esequie low cost e quelle fastose. E innovative.
Con cerimonia verde,
lapidi interattive e bare hi-fi.
Ultime dal settore che non muore mai.
Ultime dal settore che non muore mai.
Morire è un’usanza che
ha la gente, sentenziò ironicamente Borges. Lo scorso anno in Italia
sono decedute circa 650 mila persone, un picco di morti che non si
vedeva da quando è finita la seconda guerra mondiale, 70 anni fa.
Il lavoro non manca,
dunque, per le oltre 6 mila imprese funebri attive nel nostro Paese,
tra agenzie e fornitori di servizi connessi. Sono almeno 20 mila le
persone occupate nel settore, che alimenta un giro d’affari
stimabile, secondo il Codacons, in 3,5 miliardi di euro annui. Un
funerale completo in Italia costa in media 6 mila euro, rivela
un’indagine Adoc. Ma nelle grandi città si può arrivare a
spenderne 10 mila e non deve sorprendere, quindi, che il 40% delle
cerimonie oggi venga pagato a rate. La rateizzazione, alcuni anni fa,
è stata una delle prime trovate del marketing applicato al business
dei funerali. Un settore in cui la crisi economica ha aperto una
forbice sociale. Perché al contrario di quello che disse Totò («la
morte è una livella»), se da un lato c’è chi può permettersi un
ultimo saluto da nababbo, dall’altra proliferano le esequie low
cost.
In Lombardia da qualche
tempo spopola “L’Outlet del funerale”, azienda che sta
avendo grande successo coi suoi servizi funebri a partire da 1.500
euro, pubblicizzate a tappeto sui mezzi pubblici. L’alternativa
ancora più economica è la cremazione. Dalla legge del 2001, che le
ha dato un quadro normativo, è stato un boom di richieste: a Roma
sono aumentate da 3.700 a 13 mila all’anno in poco più di un
decennio. A Milano, già nel 2012, c’è stato il sorpasso delle
persone cremate rispetto a quelle sepolte.
Anche chi non ha problemi
di portafoglio sceglie sempre più spesso di cremare il proprio caro
defunto. Ma per diamantificarne le ceneri. L’azienda svizzera
Algordanza, che già da qualche anno opera anche in Italia, con un
procedimento in laboratorio trasforma i resti del morto in un
gioiello da portare al dito. I prezzi oscillano dai 3 ai 15 mila
euro.
Una delle prime agenzie
italiane a proporre il servizio ai propri clienti è stata l’aquilana
Taffo che ha tappezzato diverse città con un cartellone
pubblicitario che recitava: “Stavolta tuo marito non potrà dirti
di no”. L’impresa abruzzese si è costruita un nome nel settore
del funeral marketing grazie a una serie di campagne pubblicitarie
basate su doppi sensi che ironizzano sulla morte. Per lanciare le
rateizzazioni idearono lo slogan “Vi aiuteremo a farlo a pezzi. Il
pagamento del funerale”. Altri manifesti furono usati per una
campagna di sensibilizzazione per la sicurezza stradale: “Se hai
sonno fermati subito! Meglio riposare in auto che da noi”. Oppure:
“Non correre oltre i limiti. Noi non abbiamo fretta di vederti”.
Dietro molti di questi
slogan c’è la mano dell’agenzia di comunicazione Peyote adv, la
stessa che ha aiutato le Onoranze funebri San Marco di Roma a
inventarsi il claim “Week-end con il morto. Per ogni funerale con
noi, una vacanza omaggio per voi”. Dallo scorso giugno, l’agenzia
romana offre un soggiorno di una notte in hotel per due persone (con
colazione inclusa) a chiunque si rivolga a loro per organizzare la
celebrazione funebre.
L’intero comparto
oscilla per forza di cose tra il rispetto della tradizione e il
bisogno di evolversi. Basta pensare a Six feet under, serie
cult della Hbo incentrata sulla famiglia Fisher, proprietaria di
un’agenzia di onoranze funebri. Nel geniale episodio pilota vennero
inseriti 4 finti spot pubblicitari con toni allusivi e slogan
macabri.
La realtà è che in
questo campo la domanda spesso è più bizzarra dell’offerta.
Infatti all’estero molti club di calcio hanno inaugurato cimiteri
per i tifosi, talvolta all’interno degli stadi, come quello sotto
la gradinata sud del Calderón riservato alle urne cinerarie degli
aficionados dell’Atlético Madrid. In Giappone e Stati Uniti ci
sono società apposite che spediscono le ceneri nello spazio. C’è
chi invece chiede di mescolarle con la polvere pirica per farne
fuochi d’artificio da sparare al funerale.
Novità e stranezze
confluiscono puntualmente a Bologna, dove ogni due anni si tiene la
più grande fiera al mondo del settore, Tanexpo (da Thánatos,
personificazione della morte nell’antica Grecia). L’evento
(quest’anno è stato nel weekend 1-3 aprile) attira circa 20 mila
visitatori e oltre 200 aziende espositrici da tutto il mondo. Nei 23
mila metri quadrati si trova di tutto. La parte dedicata ai carri
funebri somiglia al Motorshow, con la straniante accoppiata composta
da lussuose auto per il trasporto delle bare e modelle ammiccanti. Ci
sono ovviamente diverse agenzie che offrono l’esclusivo ultimo
viaggio con carrozza e cavalli. Altre hanno differenziato l’offerta
puntando su clienti di altre religioni. Ci sono poi novità
tecnologiche, come le lapidi con codice QR incorporato, grazie alle
quali basta avvicinare lo smartphone per visualizzare, su un’app
dedicata, interi album fotografici del morto, video e testi. E ancora
consulenti d’immagine che curano il look del defunto, sartoria
d’alta qualità (per le salme e per gli addetti funebri),
assistenti psicologici, gadget di ogni tipo, celle frigorifere e
tavoli autoptici. La parola d’ordine, vista l’enorme concorrenza,
è distinguersi. La fantasia impera soprattutto nel settore dei
cofani.
Bare in stile americano
che si aprono a metà, la bara con sistema hi-fi che riproduce per
l’eternità la playlist musicale preferita del morto (si chiama
CataCombo e costa 23 mila euro), quella made in Italy venduta a pezzi
e da montare come fosse uno scaffale Ikea, quella ideata dall’azienda
abruzzese Pacini e ribattezzata “Scrigno del cuore”: una bara da
cui si possono staccare dei cuoricini di legno che vengono
distribuiti ad amici e parenti come ultimo ricordo del defunto.
Tra le tendenze che si
sono diffuse di più a livello nazionale ci sono le case funerarie e
le esequie green. Le funeral home, molto popolari all’estero, sono
strutture che evitano di tenere la veglia funebre in casa dello
scomparso. Tutte le fasi della funzione si svolgono in questo spazio,
dotato di tutti i comfort. Una delle più grandi in Italia si trova a
Modena e si chiama Terracielo. Presentata in brochure come “il
posto più bello dove dirsi addio”, comprende parcheggio interrato,
ristorante da 90 posti, una zona per le esequie laiche e una per il
rito musulmano, una chiesa interna da 700 posti con telecamere che
trasmettono la cerimonia via web per chi non può essere presente di
persona.
Angelo Bonomelli, invece,
ne ha brevettata una mobile, ribattezzata “Casa del commiato”. Si
tratta di un prefabbricato trasportato da un tir, da posizionare nei
cortili o in aree pubbliche ed equipaggiato con salotto per i
familiari, sala per il defunto, bagni, cucina, zona ricevimento.
I funerali verdi,
chiamati anche Gaia funeral, sono l’altro grande trend che si sta
diffondendo in Italia, sul modello anglosassone. Sempre più agenzie
garantiscono carri funebri ecologici, trasformazione dell’energia
prodotta dalla cremazione in elettricità, urne a inquinamento zero
che si sciolgono in acqua, bare ecocompatibili in materiali
bio-polimerici (le ha brevettate la marchigiana Valnico). Sul tema
delle sepolture biodegradabili l’Italia sconta un notevole ritardo
rispetto ad altri Paesi, dovuto alle normative vigenti. Sono ancora
vietate le bare in cartone pressato, in vimini o in truciolato, usate
da anni nel resto d’Europa. Sono proibite anche le sepolture
naturali, come quella ideata da due designer italiani per il progetto
Capsula Mundi. Si tratta di un contenitore a forma di uovo,
completamente biodegradabile, dove il corpo viene messo in posizione
fetale e interrato per trasformarsi in un albero. L’idea sta
spopolando in mezzo mondo mentre da noi ancora bisognerà aspettare.
Con la burocrazia
italiana, anche conquistarsi l’aldilà ha i suoi tempi.
Pagina 99, 16 aprile 2016
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