Nel 1882 Luigi Capuana
pubblicò le fiabe di C'era una volta... raccontando nella
prefazione di aver vissuto più settimane in un mondo di fate, di
maghi, di re, di regine, di orchi, di incantesimi, meravigliandosi da
buon verista che tutto questo potesse accadere a chi è già convinto
che la realtà sia il vero regno dell'arte. Il carattere dell'arte
moderna era riconoscibile invece nel documento umano di Giacinta
del ' 79 che presentava un bel caso clinico da Fisiologia e patologia
delle passioni.
C'era una volta...
è riproposto oggi con le vecchie illustrazioni di Enrico Mazzanti e
una nota di Stefano Rolando che ha colto, fra l'altro, l'occasione di
tornare ai ricordi infantili delle fiabe e ritrovare felicemente le
tracce della propria lontana origine siciliana. Contemporanee di
alcune novelle appassionate e paesane raccolte nei due libri del ' 93
e del ' 94, le fiabe di C'era una volta... sono forse l'opera
più riuscita di Capuana e certamente la più letta. In una prosa
svelta, semplificata al massimo, con qualche fiorentinismo usato
allora più o meno da tutti gli scrittori italiani, queste favole
hanno un incanto singolare e, soprattutto nei versicoli
scherzosamente sentenziosi, ritornelli e strofette, una elementare ma
originale cifra stilistica. In alcune resta un grammo di mistero nel
rapporto non chiarito fra i personaggi che determinano la soluzione
della storia. Il sapore di Sicilia che vi sentiva Verga è nei
vocaboli Reuccio e Reginotta, nel considerare le figliuole come
piante parassite, nella mal'annata, nelle metamorfosi intonate al
campo e all'aia, in un repertorio fiabesco rianimato e ringiovanito
da una esaltazione nervosa che aveva dell'allucinazione, fra le
arance d' oro, le ragazze più belle del sole e il Re di Portogallo.
“la Repubblica”, 11
marzo 1989
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