8.5.17

Il profugo (Christopher Serpell)

L'inglese Christopher Serpell (1919-1991) fu giornalista (tra l'altro corrispondente BBC a Roma e Washington), diplomatico e – durante la Seconda Guerra Mondiale – perfino agente dell'Intelligence service, sotto la direzione di Ian Fleming, il futuro inventore di James Bond. Mi è parso molto attuale questo pezzetto sul profugo, incipit di un più lungo articolo sull'accoglienza e la sistemazione dei profughi dopo la seconda mondiale. (S.L.L.)

Il profugo può essere stato un polacco, un russo, un baltico, un ebreo o uno zingaro; ma questi vocaboli hanno un significato solo per definire il suo passato. Servono a riempire la casella che nei censimenti ufficiali richiede “l’ultimo domicilio e gruppo etnico”, ma non hanno nessun contatto con la realtà attuale. Egli può essere stato strappato dal suo ambiente sia dalle richieste di schiavi fatte tanto insistentemente da Hitler, sia dalla politica nazista di persecuzione e sterminio. Può darsi che egli sia semplicemente fuggito davanti alle distruzioni della guerra totale, o ai mutamenti politici che l’hanno accompagnata. Ma qualunque sia stata la causa originaria, l’effetto finale è lo stesso: uno stato di vitalità in sospeso, di esistenza menomata. Le funzioni per la sopravvivenza fisica sono ancor li: mangiare, bere, dormire; ma quelle che formano la personalità umana, le funzioni elevate che fanno d’un uomo un cittadino responsabile e produttivo nella società, quelle sono paralizzate e tutto l’organismo soffre nell’ansia del poterle rivivificare.

da “The Listener”, Londra, in "Eco del mondo" n.31, marzo 1949, Mondadori, Milano


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