7.5.17

Un grande atto al centro del mondo. Il bisogno di cui non si parla (Marco Filoni)

Seggetta
Parliamo di sesso senza troppi problemi. Parliamo anche di morte, che sempre più è visibile e mostrata in serie tv, romanzi e film. Eppure quando si tratta della defecazione scegliamo registri lessicali curiosi che tendono a ingentilire e “pulire” ciò che per sua natura è sudicio, sporco, schifoso. Qualcuno doveva pur sporcarsi le mani o, meglio, la penna. L’ha fatto Rose George, giornalista britannica con una solida formazione a Oxford, nel suo libro Il grande bisogno (tradotto in Italia da Bompiani), una sorta di Bibbia sul tema.
Lo scienziato cognitivo Steven Pinker ha elencato una serie di dodici categorie di eufemismi che includono la parola tabù (merda), quella medica (defecazione, evacuazione) e quelle formali (feci, escrementi, escrezioni, defecazione, deiezioni). Come scrive George, «la scorciatoia moderna più semplice per la rimozione dello smaltimento degli escrementi umani – i servizi igienici – è un eufemismo per defecazione, che è un eufemismo per escrezione, che è un eufemismo per cacare. È questo il motivo per cui il giovane eroe di It’s Grinch Night del Dr. Seuss può chiedere il permesso di “andare all’eufemismo”».

Letteratura scatologica
Sarà pure volgare per i nostri tempi, eppure in passato non si disdegnava affatto parlarne in letteratura e non solo. Sin dai classici ritroviamo l’atto e la parola, a volte richiamato in senso giocosamente beffardo, altre volte meno. Come nel caso dell’Imperatore Claudio, che tutti consideravano un idiota, la cui morte è così descritta da Seneca: «Queste furono le sue ultime parole, pronunciate dopo che si fu espresso a voce piena con quella parte del corpo con la quale parlava più volentieri: “oioi, mi sa che mi sono cacato addosso”. Non so se fosse vero: di sicuro, smerdò tutto».
Ma l’elenco è lungo. Dante fa un ricorso (a volte un abuso) del tema della “merda”: “vidi un col capo sì di merda lordo / che non parea s’era laico o cherco”, scrive nell’Inferno. E qualche canto dopo, il famoso verso: “Per l’argine sinistro volta dienno; / ma prima avea ciascun la lingua stretta/ coi denti, verso lor duca, per cenno; / ed elli avea del cul fatto trombetta”.
Del resto, il “mangiare merda” è un simbolo ricorrente di ingordigia e avidità presente in Aristofane, Plauto, Rabelais, Swift, Sterne, fino all’ossessione “escrementizia” di Gadda. Il tema è sempre piaciuto assai, tanto che nel Seicento il letterato Tommaso Stigliani scrive Merdeide, un poema antispagnolo che recava come sottotitolo: Stanze in lode delli stronzi della Real Villa di Madrid.

Il bagno, pietra miliare
Ma se l’atto del defecare è stato cantato e tematizzato dalla letteratura, esiste un altro aspetto più importante dal punto di vista storico. E si tratta del luogo dove tutto questo avviene. Infatti, secondo il genetista dell’università di Harvard, Gary Ruvskun, la toilette è la più grande singola variabile che ha aumentato la vita media dell’uomo. Come riporta il libro della George, infatti, nel 2007 il British Medical Journal chiese ai propri lettori di indicare quale fosse stata l’invenzione della ricerca medica più importante degli ultimi duecento anni. Fra le risposte possibili da votare c’era un’ampia scelta, dagli antibiotici alla pillola anticoncezionale. Ebbene, fra le scoperte giudicate più importanti nella storia dell’umanità furono scelte le misure igieniche. Non dovrebbe stupire, stando perlomeno al lungo e appassionato studio della George. La quale ci spiega che attualmente circa 2,6 miliardi di persone al mondo non dispongono di servizi igienici. Il che non significa che non abbiano un water dove sedersi per liberarsi comodamente. No, si parla qui di persone che non hanno una catapecchia, una latrina, una toilette in comune… insomma qualcosa che in qualche modo “scarichi” altrove i loro escrementi. Parliamo di 4 persone su 10, al mondo, che defecano liberamente su strade, campi, viottoli dove camminano, mangiano e vivono.

L’invenzione del wc
Ecco allora perché l’invenzione del wc è da considerarsi come una pietra miliare della nostra civiltà. A Londra, nel XIX secolo, impestata da latrine a cielo aperto e scarsissima igiene, un bambino su due moriva prematuramente. Quando furono introdotti pochi, scarsi elementi di igiene pubblica (latrine con scarichi fognari, il lavaggio delle mani con il sapone), la mortalità infantile si ridusse a un quinto. Ecco allora perché gli storici salutano la nascita dell’igiene pubblica in quel venerdì mattina del 1854, quando il dottor John Snow chiuse una pompa d’acqua di Broad Street perché aveva capito che il colera si diffondeva per contagio con gli escrementi finiti nel sistema idrico.
Da allora è stato tutto un fiorire di wc, l’acronimo inglese per water closet – ma anche qui ci si può sbizzarrire su come, nel tempo, le lingue si sono esercitate nell’indicare quel posto lì: il francese toilette (cioè la “tela” che veniva usata per coprire il luogo preposto) usato dagli inglesi nel XIX secolo, mentre i francesi (perché la politica è dappertutto!) di tutta risposta cominciarono a chiamare i cessi con lieux à l’anglaise, “posti inglesi”; ma per trovare definizioni poetiche tocca tornare indietro al Medioevo (quando non esistevano i bagni ma solo latrine) con la casa necessaria di molti monaci, o la casa del sollievo del re d’Inghilterra Enrico VIII e così via.

A ognuno le sue tecniche
Rose George ha calcolato che ogni essere umano spende 3 anni della sua vita al gabinetto. Scoprendo che i popoli si dividono in accovacciati e seduti. L’antropologo Norbert Elias nel suo Il processo di civilizzazione studiò con cura la defecazione umana diventata attività privata di cui vergognarsi – mentre in passato era un’attività pubblica, e in alcuni regni era un onore partecipare a una “seduta” dei monarchi. Vien da pensare al film di Luis Bunuel, Il fantasma della libertà, in cui in un episodio le persone sono sedute amabilmente ognuna su un wc intorno alla tavola mentre per mangiare devono andare di nascosto a trangugiarsi avidamente in uno stanzino, in solitudine. Per non dire di Freud, secondo cui il controllo degli sfinteri va considerato al pari del controllo della lingua.

Metafisica dei cessi
C’è anche chi si è “spinto” oltre, come il filosofo Slavoj Zizek, il quale in una famosa conferenza ha proposto di trattare «la merda come matière-à-penser», capace addirittura di incarnare lo spirito del tempo per comprendere le varie filosofie nazionali. Il filosofo proponeva infatti di analizzare i wc dei singoli Paesi: i tedeschi usano la tradizionale tazza con il buco di fronte, nella parte anteriore. Ecco, ci dice il filosofo: questo permette ai tedeschi di «annusare e ispezionare per trovarvi le tracce di un’eventuale malattia». Poi ci sono le tazze francesi, il cui il buco è dietro, posto nella parte posteriore, così che la merda «sparisca il più presto possibile». Infine ci sono le tazze angloamericane, che rappresentano una mediazione fra i due poli opposti: la tazza è piena d’acqua, così che «la merda vi galleggi visibile ma non ispezionabile». Secondo Zizek ritroviamo in queste differenti tazze tre diversi atteggiamenti esistenziali: profondità riflessiva tedesca, impazienza rivoluzionaria francese, moderano pragmatismo utilitarista inglese. Per concludere: «Il riferimento ai tre differenti tipi di wc ci permette di distinguere tre diverse attitudini verso l’eccesso escrementizio: fascinazione ambiguamente contemplativa; tentativo frettoloso di sbarazzarsi dell’eccesso spiacevole il più presto possibile; approccio pragmatico nel trattare l’eccesso come un oggetto ordinario di cui disporre nel modo più appropriato». Insomma, una metafisica dei cessi.


Pagina 99, 1 aprile 2017

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