Il ritaglio è vecchio di
quattro anni, ma “postarlo” mi cosa utile non solo per il libro
che nell'articolo viene recensito, di grande successo negli Stati
Uniti e a quel che si legge molto stimolante, ma ancora di più per
il clima culturale che vi si racconta. Aiuta a capire meglio quello
che in Occidente e in Medio Oriente sta accadendo. (S.L.L.)
Reza Aslan |
Un libro pubblicato negli
Stati Uniti qualche mese fa da Random House e subito ripreso in
Inghilterra dalla Westburne Press è balzato in cima alla classifica
dei best-seller del «New York Times» e in testa ai più venduti da
Amazon, pare soprattutto per merito di una disgraziata intervista
televisiva sulla rete di destra reazionaria Fox News, in cui si è
assistito allo scontro fra un'intervistatrice ignorante e prepotente
e un autore molto imbarazzato (lo si può vedere su Youtube). Sono
seguite accese polemiche giornalistiche e migliaia di commenti in
rete e tutti sappiamo che le polemiche sono garanzia di successo
nella nostra società del mercato e della pubblicità (basta che di
un prodotto si parli, soprattutto in televisione, non importa se bene
o male).
Il libro, intitolato
Zealot (Random House, 2013) e firmato da Reza Aslan, presenta
l'ennesima biografia di Gesù Cristo come figura storica, per quel
che se ne sa e che si riesce a estrarre dal ginepraio delle
interpretazioni di documenti scarsi e quasi tutti tardivi. Il
quarantunenne Aslan offre una non inedita ma ben raccontata e
documentatissima descrizione delle circostante storiche e sociali in
cui si svolse la vita del povero pescatore analfabeta Gesù di
Nazaret, dei suoi seguaci e degli immediati successori, che ne
raccolsero l'eredità e misero le basi del cristianesimo. Nel libro
vengono corrette molte delle ricostruzioni fantasiose dei vangeli,
scritte parecchi anni dopo gli avvenimenti da autori tutti a noi
ignoti (a parte Luca), che scrissero Marco poco dopo il 70 d. C.
(probabilmente utilizzando narrazioni orali e tradizioni scritte che
avevano circolato a lungo fra i primi seguaci di Gesù), Matteo e
Luca fra il 90 e il 100 d. C., Giovanni fra il 100 e il 120 d. C. E
si sa che Giovanni, da non confondere con l'apostolo dallo stesso
nome, ha un'impostazione narrativa e anche ideologica diversa da
quella degli altri evangelisti, che le narrazioni simili (dette
«apocrife») intere o parziali sono molto numerose e che gli
studiosi da qualche tempo (fra cui anche Aslan) danno importanza a
una raccolta di discorsi di Gesù (detta Q, dalla parola tedesca
Quelle, fonte), giunta a noi indirettamente, e sicuramente
utilizzata da Matteo e Luca, ma ignota a Marco.
Aslan - e qui sta il
merito maggiore del suo libro - descrive con molta attenzione e
rispetto filologico per le fonti documentarie, ma anche con gusto
forte per le situazioni drammatiche e estreme (carestie,povertà,
conflitti, ribellioni, esecuzioni sommarie, crocefissioni), la
situazione storica della Palestina. Rievoca la vita difficile del
piccolo villaggio di Nazaret abitato da circa cento famiglie di
pescatori, senza una strada, senza edifici pubblici, senza una
sinagoga (a Nazaret nacque Gesù, non a Betlemme). Descrive la più
potente città di Sipphoris o Autocratis, baluardo della presenza
romana in Palestina, dove Gesù presumibilmente andò da giovane a
lavorare alla cotruzione dei grandi edifici promossa da Erode Antipa,
e poi Gerusalemme e il suo tempio, sede del regime autocratico della
casta sacerdotale, dove Gesù arrivò con i dodici discepoli (dodici
come le antiche tribù di Israele), entrò nel tempio, rovesciò i
banchi dei cambiavalute, liberò dalle loro gabbie gli animali pronti
per il sacrificio. Gerusalemme era la stessa dove non molto dopo andò
incontro alla morte per crocefissione: una punizione che i Romani
riservavano agli organizzatori di sedizioni politiche e che fu
inflitta a molte persone in quel periodo, mentre il grande sacerdote
del tempio e il sinedrio comminavano la morte per lapidazione; a
questa forma di esecuzione capitale fu condannato, nel '62, in una
Gerusalemme precipitata nel caos e nella rivoluzione, il fratello di
Gesù, Giacomo il giusto, che era divenuto la massima guida dei
seguaci di Cristo in Palestina.
La ricostruzione di
questo ambiente storico, a parte qualche imprecisione e qualche
ipotesi azzardata, è molto efficace e serve a farci capire, sia pure
indirettamente, qualcosa della storia di Gesù e dei suoi primi
seguaci: la situazione sociale della Palestina sotto occupazione
romana, le rivolte, i molti salvatori, imbonitori e autoproclamati
messia comparsi sulla scena, le prepotenze dei sacerdoti, le feroci
repressioni dei soldati romani. Aslan prende coraggiosamente
posizione sulle questioni più controverse, come per esempio quella
del conflitto fra i palestinesi Giacomo, fratello di Gesù, e Pietro,
suo primo apostolo e dall'altra parte il fariseo convertito Paolo di
Tarso, quindi fra la prima comunità cristiana di Gerusalemme e, dopo
la distruzione del tempio e della città, il nuovo cristianesimo
romano e ellenizzante. Pietro e Paolo finirono entrambi a Roma e
furono giustiziati per ordine di Nerone, ma la fine comune, secondo
Aslan, non riesce a nascondere le profonde differenze di concezione
religiosa fra i due.
Aslan si appoggia a
alcuni tra i più autorevoli studiosi di quelle vicende (Schweitzer,
Vermes, Wilson, Beard, Me-ier, Crossan, Borg, Wright, Carey) e
dichiara apertamente le sue scelte interpretative. Una delle
contraddizioni più forti in cui incorre, a mio parere, è che, dopo
aver dichiarato la non attendibilità delle narrazioni contenute nei
libri del Nuovo testamento e in quelli esclusi a suo tempo dal
canone in seguito alle decisioni prese nei concili di Ippona (393) e
Cartagine (397), Aslan non può fare a meno di rivolgersi
continuamente a quei testi per sostenere la sua tesi principale: che
Gesù sia stato un capopolo ispirato, un ebreo ligio alla legge
mosaica ma ribelle contro la casta sacerdotale e il potere romano:
una specie di Che Guevara, trasformato da Paolo in un dio in terra.
Il fatto curioso è che
Aslan, come racconta onestamente nella prefazione al volume, è nato
in una famiglia iraniana emigrata per ragioni politiche in America, è
stato educato in famiglia alla religione islamica, si è poi
convertito al cristianesimo, per poi di nuovo riconvertirsi
all'islamismo e ora insegna storia delle religioni (e anche scrittura
creativa) in California e ha scritto precedentemente un libro molto
ben ricevuto Non Dio ma dio (2005), sulle origini,
l'evoluzione e il futuro dell'islamismo. È proprio la sua adesione,
a quanto pare convinta, all'islamismo (accompagnata, per la verità,
da prese di posizione molto decise contro l'estremismo dei gruppi
islamici fiancheggiatori del terrorismo) che ha ispirato le domande
petulanti dell'intervista della Fox condotta da Lauren Green: una
giornalista d'assalto, ottima pianista,che in passato ha partecipato
a concorsi di bellezza sia nello stato del Minnesota, dove è stata
incoronata miss, sia a livello nazionale, dove si è classificata
terza e ora aspira a sostituire la popolare Oprah Winfrey fra il
pubblico televisivo.
Lauren Green, che in
seguito ha ammesso di non aver letto il libro, ha continuato a
domandare a Aslan «perché, lei che è maomettano, si permette di
scrivere un libro su Gesù e non dice apertamente ai suoi lettori
qual è la sua fede?». Il malcapitato, per tutta risposta, le ha
ricordato come avesse raccontato apertamente, in apertura del libro,
la storia delle sue due conversioni, e si è trovato a doverle
ripetere il fatto che è uno studioso, non un uomo di fede, con tanto
di dottorato in studi religiosi e che il suo interesse per la vita di
Gesù e della Palestina è dovuto solo alla sua professione di
storico.
Ma c'è un'altra
giornalista d'assalto che si è lanciata in modo violento contro
Aslan. Il suo nome è Pamela Geller, scrive su un giornale del North
Dakota, si è autonominata sostenitrice arrabbiata della religione
cristiana e avversaria della temuta islamizzazione del paese, gira a
far discorsi incendiari ed è autrice di un libro intitolato Fermiamo
l'islamizzazione dell'America: una guida pratica di resistenza.
Prendendo di petto il libro di Aslan (che probabilmente nemmeno lei
ha letto), è arrivata a protestare perché «militanti jihadisti
come il degenerato (vicious) Reza Aslan vengono portati in
trionfo dai media e dall'intellighenzia come eroi del football alla
fine di una partita giocata con strenua passione».
Fondamentalismi di tutti
i tipi e di tutte le risme imperversano nel paese del presidente
Barack Obama.
alias domenica – il
manifesto, 29 settembre 2013
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