24.8.17

Gesù nelle mani di un musulmano. Quattro anni fa, in America (Remo Ceserani)

Il ritaglio è vecchio di quattro anni, ma “postarlo” mi cosa utile non solo per il libro che nell'articolo viene recensito, di grande successo negli Stati Uniti e a quel che si legge molto stimolante, ma ancora di più per il clima culturale che vi si racconta. Aiuta a capire meglio quello che in Occidente e in Medio Oriente sta accadendo. (S.L.L.)
Reza Aslan
Un libro pubblicato negli Stati Uniti qualche mese fa da Random House e subito ripreso in Inghilterra dalla Westburne Press è balzato in cima alla classifica dei best-seller del «New York Times» e in testa ai più venduti da Amazon, pare soprattutto per merito di una disgraziata intervista televisiva sulla rete di destra reazionaria Fox News, in cui si è assistito allo scontro fra un'intervistatrice ignorante e prepotente e un autore molto imbarazzato (lo si può vedere su Youtube). Sono seguite accese polemiche giornalistiche e migliaia di commenti in rete e tutti sappiamo che le polemiche sono garanzia di successo nella nostra società del mercato e della pubblicità (basta che di un prodotto si parli, soprattutto in televisione, non importa se bene o male).
Il libro, intitolato Zealot (Random House, 2013) e firmato da Reza Aslan, presenta l'ennesima biografia di Gesù Cristo come figura storica, per quel che se ne sa e che si riesce a estrarre dal ginepraio delle interpretazioni di documenti scarsi e quasi tutti tardivi. Il quarantunenne Aslan offre una non inedita ma ben raccontata e documentatissima descrizione delle circostante storiche e sociali in cui si svolse la vita del povero pescatore analfabeta Gesù di Nazaret, dei suoi seguaci e degli immediati successori, che ne raccolsero l'eredità e misero le basi del cristianesimo. Nel libro vengono corrette molte delle ricostruzioni fantasiose dei vangeli, scritte parecchi anni dopo gli avvenimenti da autori tutti a noi ignoti (a parte Luca), che scrissero Marco poco dopo il 70 d. C. (probabilmente utilizzando narrazioni orali e tradizioni scritte che avevano circolato a lungo fra i primi seguaci di Gesù), Matteo e Luca fra il 90 e il 100 d. C., Giovanni fra il 100 e il 120 d. C. E si sa che Giovanni, da non confondere con l'apostolo dallo stesso nome, ha un'impostazione narrativa e anche ideologica diversa da quella degli altri evangelisti, che le narrazioni simili (dette «apocrife») intere o parziali sono molto numerose e che gli studiosi da qualche tempo (fra cui anche Aslan) danno importanza a una raccolta di discorsi di Gesù (detta Q, dalla parola tedesca Quelle, fonte), giunta a noi indirettamente, e sicuramente utilizzata da Matteo e Luca, ma ignota a Marco.
Aslan - e qui sta il merito maggiore del suo libro - descrive con molta attenzione e rispetto filologico per le fonti documentarie, ma anche con gusto forte per le situazioni drammatiche e estreme (carestie,povertà, conflitti, ribellioni, esecuzioni sommarie, crocefissioni), la situazione storica della Palestina. Rievoca la vita difficile del piccolo villaggio di Nazaret abitato da circa cento famiglie di pescatori, senza una strada, senza edifici pubblici, senza una sinagoga (a Nazaret nacque Gesù, non a Betlemme). Descrive la più potente città di Sipphoris o Autocratis, baluardo della presenza romana in Palestina, dove Gesù presumibilmente andò da giovane a lavorare alla cotruzione dei grandi edifici promossa da Erode Antipa, e poi Gerusalemme e il suo tempio, sede del regime autocratico della casta sacerdotale, dove Gesù arrivò con i dodici discepoli (dodici come le antiche tribù di Israele), entrò nel tempio, rovesciò i banchi dei cambiavalute, liberò dalle loro gabbie gli animali pronti per il sacrificio. Gerusalemme era la stessa dove non molto dopo andò incontro alla morte per crocefissione: una punizione che i Romani riservavano agli organizzatori di sedizioni politiche e che fu inflitta a molte persone in quel periodo, mentre il grande sacerdote del tempio e il sinedrio comminavano la morte per lapidazione; a questa forma di esecuzione capitale fu condannato, nel '62, in una Gerusalemme precipitata nel caos e nella rivoluzione, il fratello di Gesù, Giacomo il giusto, che era divenuto la massima guida dei seguaci di Cristo in Palestina.
La ricostruzione di questo ambiente storico, a parte qualche imprecisione e qualche ipotesi azzardata, è molto efficace e serve a farci capire, sia pure indirettamente, qualcosa della storia di Gesù e dei suoi primi seguaci: la situazione sociale della Palestina sotto occupazione romana, le rivolte, i molti salvatori, imbonitori e autoproclamati messia comparsi sulla scena, le prepotenze dei sacerdoti, le feroci repressioni dei soldati romani. Aslan prende coraggiosamente posizione sulle questioni più controverse, come per esempio quella del conflitto fra i palestinesi Giacomo, fratello di Gesù, e Pietro, suo primo apostolo e dall'altra parte il fariseo convertito Paolo di Tarso, quindi fra la prima comunità cristiana di Gerusalemme e, dopo la distruzione del tempio e della città, il nuovo cristianesimo romano e ellenizzante. Pietro e Paolo finirono entrambi a Roma e furono giustiziati per ordine di Nerone, ma la fine comune, secondo Aslan, non riesce a nascondere le profonde differenze di concezione religiosa fra i due.
Aslan si appoggia a alcuni tra i più autorevoli studiosi di quelle vicende (Schweitzer, Vermes, Wilson, Beard, Me-ier, Crossan, Borg, Wright, Carey) e dichiara apertamente le sue scelte interpretative. Una delle contraddizioni più forti in cui incorre, a mio parere, è che, dopo aver dichiarato la non attendibilità delle narrazioni contenute nei libri del Nuovo testamento e in quelli esclusi a suo tempo dal canone in seguito alle decisioni prese nei concili di Ippona (393) e Cartagine (397), Aslan non può fare a meno di rivolgersi continuamente a quei testi per sostenere la sua tesi principale: che Gesù sia stato un capopolo ispirato, un ebreo ligio alla legge mosaica ma ribelle contro la casta sacerdotale e il potere romano: una specie di Che Guevara, trasformato da Paolo in un dio in terra.
Il fatto curioso è che Aslan, come racconta onestamente nella prefazione al volume, è nato in una famiglia iraniana emigrata per ragioni politiche in America, è stato educato in famiglia alla religione islamica, si è poi convertito al cristianesimo, per poi di nuovo riconvertirsi all'islamismo e ora insegna storia delle religioni (e anche scrittura creativa) in California e ha scritto precedentemente un libro molto ben ricevuto Non Dio ma dio (2005), sulle origini, l'evoluzione e il futuro dell'islamismo. È proprio la sua adesione, a quanto pare convinta, all'islamismo (accompagnata, per la verità, da prese di posizione molto decise contro l'estremismo dei gruppi islamici fiancheggiatori del terrorismo) che ha ispirato le domande petulanti dell'intervista della Fox condotta da Lauren Green: una giornalista d'assalto, ottima pianista,che in passato ha partecipato a concorsi di bellezza sia nello stato del Minnesota, dove è stata incoronata miss, sia a livello nazionale, dove si è classificata terza e ora aspira a sostituire la popolare Oprah Winfrey fra il pubblico televisivo.
Lauren Green, che in seguito ha ammesso di non aver letto il libro, ha continuato a domandare a Aslan «perché, lei che è maomettano, si permette di scrivere un libro su Gesù e non dice apertamente ai suoi lettori qual è la sua fede?». Il malcapitato, per tutta risposta, le ha ricordato come avesse raccontato apertamente, in apertura del libro, la storia delle sue due conversioni, e si è trovato a doverle ripetere il fatto che è uno studioso, non un uomo di fede, con tanto di dottorato in studi religiosi e che il suo interesse per la vita di Gesù e della Palestina è dovuto solo alla sua professione di storico.
Ma c'è un'altra giornalista d'assalto che si è lanciata in modo violento contro Aslan. Il suo nome è Pamela Geller, scrive su un giornale del North Dakota, si è autonominata sostenitrice arrabbiata della religione cristiana e avversaria della temuta islamizzazione del paese, gira a far discorsi incendiari ed è autrice di un libro intitolato Fermiamo l'islamizzazione dell'America: una guida pratica di resistenza. Prendendo di petto il libro di Aslan (che probabilmente nemmeno lei ha letto), è arrivata a protestare perché «militanti jihadisti come il degenerato (vicious) Reza Aslan vengono portati in trionfo dai media e dall'intellighenzia come eroi del football alla fine di una partita giocata con strenua passione».
Fondamentalismi di tutti i tipi e di tutte le risme imperversano nel paese del presidente Barack Obama.


alias domenica – il manifesto, 29 settembre 2013

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