Billy Collins |
Immaginate un poeta che
finisce sulle pagine del “New York Times”, perché due case
editrici se lo contendono a colpi di contratti a sei cifre.
Immaginatelo che fa una quarantina di letture all’anno, davanti a
sale piene di fans adoranti, guadagnando migliaia di dollari a
serata. Immaginate la sua voce che diventa un refrain della radio
nazionale, dove declama regolarmente i suoi versi, e il Congresso che
lo nomina «Poet Laureate of the United States», cioè poeta
ufficiale di stato, come Virgilio che con la corona d’alloro
magnificava le origini nobili dell’impero romano. Non ve lo potete
immaginare, soprattutto in Italia. Perché l’idea che un poeta oggi
possa diventare una celebrità, inseguito dal pubblico e dal
successo, è estranea alla nostra testa. Questa, però, è la storia
di Billy Collins, di cui arriva Balistica (Fazi). Uno che ama
il golf, il poker, il pianoforte, il suo cane Jeannine, forse la
moglie correttrice Diane, i sigari e il whisky, e fino a quarant’anni
non aveva mandato alle stampe neppure un libro vero.
Adesso potrebbe sembrare
un predestinato, visto che è nato 70 anni fa da una famiglia di
Lowell, Massachusetts, già nota come patria di Jack Kerouac: «Se
mio padre fosse salito in macchina con Neal Cassidy - scherza lui -
gli avrebbe chiesto di scendere al primo semaforo». Si invaghisce
della poesia da bambino leggendo “Poetry”, la rivista che il
padre gli riporta dall’ufficio, dove arrivava per caso. Si fa
coraggio, spedisce i suoi versi a “Poetry”, ma l’editore Henry
Pago gli risponde: «Non ti azzardare più a mandarmi poesie però
continua a scrivere». E lui obbedisce. Si laurea in lettere dai
gesuiti, comincia ad insegnare al Lehman College del Bronx e non
invia più nulla a “Poetry”, per 25 anni. E si accontenta di
pubblicare i suoi versi su “Rolling Stone”, per 35 dollari a
poesia. Siccome la perseveranza paga, nel 1988 si fa coraggio e manda
una nuova collezione alla University of Arkansas Press. Il direttore
gli accetta 17 poesie, gliene fa riscrivere una trentina. Esce The
Apple That Astonished Paris, che fa di Collins un autore a 47
anni. Non è un successo travolgente, ma basta per farlo notare da
un’altra casa editrice universitaria, la University of Pittsburgh
Press, che nel 1998 pubblica Picnic, Lightning. Collins vende 50.000
copie, la radio pubblica Npr lo intervista e gli fa leggere i suoi
versi. Nasce un fenomeno, e la potente Random House lo ruba alla
piccola editoria universitaria, con un contratto che forse non
beccherebbero neppure Paul Auster o Philip Roth. È scandalo nel
mondo letterario, ma Billy diventa una celebrità. Come è possibile?
Innanzitutto perché
scrive poesie che cercano di farsi capire: «Il titolo è come il
tappetino di benvenuto al lettore. Cerco di essere ospitale. Ma
passare dal titolo al primo verso è come salire su una canoa: ci
sono un sacco di cose che possono andare storte». Poi perché usa
tutta la libertà concessa dai versi: «Quando comincio a scrivere
non so mai dove vado a finire. La penna è uno
strumento di scoperta,
piuttosto che di registrazione». Infine perché non si vergogna di
usare l’ironia: «Le commedie del più grande poeta in lingua
inglese, Shakespeare, non si chiamano commedie per caso».
“La Stampa Tuttolibri”,
22 ottobre 2011
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