14.8.17

Roma ermetica. Maghi e streghe nella città dei papi (Antonella Anedda)

Angelo Caroselli (XVII secolo), La Negromante
In occasione del Convegno Roma ermetica, organizzato in questi giorni presso la Facoltà di Lettere, è stato pubblicato un piccolo volume fuori commercio, frutto di una ricerca triennale autogestita da un gruppo di studenti dell'Istituto di Paleografia e Diplomatica, con lo scopo di evidenziare alcuni aspetti della cultura ermetica sviluppatasi a Roma tra il XV ed il XVII secolo.
La scelta di Roma come «luogo» emblematico di una cultura esoterica può a prima vista suscitare qualche perplessità. Certo Roma è la capitale della cristianità, un centro urbano di grande prestigio, ma di fatto chiuso in una struttura politico-religiosa che non ammette ingerenze laiche, lontana dai grandi traffici internazionali e soffocata dai rigori della curia. In che modo dunque una cultura dichiaratamente alternativa come quella ermetica si è potuta insinuare tra le mura della città eterna?
Come hanno evidenziato i relatori del convegno, c’è, accanto alla Roma ufficiale un’altra Roma: misteriosa, sotterranea, oscura. La Roma delle bettole e dei ciarlatani, delle fattucchiere e dei maghi, che respira a ridosso delle rovine e per la quale il ricordo della Roma pagana non è una razionale prefigurazione della fede cristiana, ma un enigma ancora aperto da cui affiorano inquietanti frammenti, che forse, una volta decifrati, forniranno agli uomini la chiave per capire il mondo.
Questa Roma sta dietro, o meglio s’intreccia alla immobile Roma dell’autorità e del decoro: Innocenzo III che perseguita Pico della Mirandola, quando sì ammala, ricorre all’intervento di un famoso astrologo, e Urbano VIII, severissimo censore di alchimisti, celebra riti magici insieme a Tommaso Campanella. Regno di Cristo, ma un tempo patria degli Dei, Roma vive la contraddizione di un passato troppo splendente per essere dimenticato.
Ambigua, misteriosa e contraddittoria è la stessa figura di Hermes Trismegistus, l’antico sapiente egiziano al quale viene attribuito un «corpus» di scritti a sfondo gnostico. La sua dottrina che si configura come fare e sapere insieme, diventa nel corso dei secoli l’emblema di una conoscenza che modifica la struttura delle cose, e che implica la capacità dell’uomo d’intervenire sulla natura, trasformandola. L’impostazione antropocentrica degli scritti ermetici, spiega il successo e la diffusione che essi ebbero presso gli ambienti culturali del XV secolo, e giustifica l’attenzione ad essi dedicata da pensatori come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola.
Il recupero dell’ermetismo si colloca dunque alle soglie di un Rinascimento già venato di malinconia per un’armonia perduta, lucidamente consapevole della sua crisi, e risponde pertanto con la sua sintesi di poesia, profezia, teologia, ai più sottili bisogni religiosi e a quella sete di magico dominio che aveva percorso tutto il sottosuolo della cultura medioevale.
Il mago è così angelo e filosofo, essere irrazionale e razionale; può, liberandosi dal carcere della carne, diventare una cosa sola con la Nous, la mente divina, o muoversi ai confine dell’umano e cadere nella ferinità. Diventare un mostro.
Sarà la rivoluzione cartesiana con la separazione tra «res extensa e res cogitans», a circoscrivere definitivamente nel XVII secolo l’ambito dell’ermetismo. Che diventa infatti sinonimo di irrazionale, enigmatico, poetico.
In questo senso lo intende Tommaso Campanella per il quale «i problemi più alti e più profondi, sfuggendo alla presa del ragionamento restano entro il velo del mistero magico». Così la potenza dell’uomo tanto celebrata nei versi campanelliani, si rivela in pieno solo nell’opera magica, allo stesso modo che la vera poesia si realizza solo dopo avere afferrato il ritmo segreto dell’universo.
Resta infine da analizzare a quali elementi gli autori del libro abbiano affidato la ricostruzione del clima ermetico romano tra XV e XVIII secolo.
Usando un metodo d’indagine attento più al dato quotidiano che allo studio di casi limite, la catalogazione coordinata da Fabio Troncarelli, ha permesso di scoprire forse il vero volto dell’ermetismo: un ermetismo minore, ma certo più autentico; non quindi il trattato famoso bensì la testimonianza spesso anonima di segreti, speranze, desideri. Ne emerge un mondo ristretto, soffocato, eppure amplificato dalla sua stessa inquietudine.
Accanto alle parole, le immagini. Anche in questo caso la ricerca iconografica coordinata da Augusto Gentili e Claudia Cieri è stata rivolta allo studio di temi diffusi e non di esperienze isolate. Così tra gli autori scelti: Caroselli, Tassi, Castiglione, la Gentileschi, Monsù Desiderio, tutti legati più o meno direttamente all'ambiente romano del seicento. Uno dei temi più ricorrenti è quello della maga che si concretizza spesso nella figura di Circe. Diverso, in ragione della sua ambiguità, l’approccio alla cultura ermetica dei singoli artisti. Ora la maga è una creatura livida e diabolica che appare tra luna, teschi e fuochi, (La Strega, dipinta da Caroselli) ora è una donna gentile e melanconica dedita alle scienze (Scena di magia, dipinta dalla Gentileschi) ora infine è la vecchia scarmigliata e già familiare strega delle favole (La strega di Salvator Rosa).


il manifesto, ritaglio senza data, ma 1982

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