Nel 1986, in occasione
del Bicentenario della “Riforma criminale” di Pietro Leopoldo,
Granduca di Toscana, a Firenze, in Palazzo Vecchio, si tenne un
convegno internazionale per ricordarne la portata storica,
soprattutto per quanto riguarda l'abolizione della tortura e della
pena di morte, che faceva del Granducato di Toscana uno degli Stati
più pronti ad accogliere il messaggio umanitario della cultura
illuministica. Quello che segue, tratto da “il manifesto”, è il
resoconto di quell'incontro fiorentino. (S.L.L.)
Pietro Leopoldo di Lorena (1747-1792) |
Sono 129 gli stati in cui
la legislazione ordinaria contempla la pena di morte. 18 la prevedono
in casi straordinari (l’Italia tra questi e la commina per reati
militari e di guerra). Soltanto 28 nazioni l’hanno completamente
abolita. Oltre il 50% degli stati dell’Onu pratica la tortura e più
del 30% la usa come pratica ordinaria.
Questa l’agghiacciante
situazione sul nostro pianeta, oggetto di continua denuncia da parte
di Amnesty International cui va il merito di insistere su un tema
fondamentale del diritto umano, al di là delle mode che investono la
cultura occidentale. [...]
Si inserisce in questo
quadro — e contro questo quadro — la tavola rotonda organizzata
dalla sezione toscana di Amnesty International per ricordare i 200
anni dalla promulgazione della “Riforma criminale” di Pietro
Leopoldo, Granduca di Toscana.
Il 30 novembre 1786 la
sofferta riforma leopoldina diventa legge dello stato. Per la prima
volta nel mondo si abolisce la pena di morte. Ma l’importanza della
riforma è ben più grande..
Mario Montorzi, docente
di storia all'Università di Pisa, ha aperto la serata nel
semideserto Salone dei Duecento di Palazzo Vecchio, mettendo a fuoco
la figura solitaria del Granduca la cui riforma non è tanto dettata
da ragioni filantropiche quali quelle del Beccaria, quanto da ragioni
di stato e di ragionevolezza che anche oggi dovrebbero stimolare
l’infiacchita riflessione sociale.
La pena di morte è
inutile, così come per il consenso sociale è inutile la tortura —
sostiene Pietro Leopoldo. E seguita affermando che è giuridicamente
inaccettabile che le pene siano afflittive, cioè procurino il male.
La legge e quindi la pena devono rieducare il reo. Il Granduca non si
fa illusioni sull’uomo: chi non è rieducabile va neutralizzato. Ma
con il minimo di dolore. Non ha nessuna giustificazione la vendetta
dello stato.
La riforma leopoldina
addirittura prevede che non venga considerata reato l’evasione non
violenta, perché ragione ci dice che nessuno deve essere obbligato a
sottostare volontariamente alla pena inflittagli. Il giurista Tullio
Padovani, nel secondo intervento — considera in questo senso
«futuribile» la riforma del 1786. E addirittura «rivoluzionaria»
considera l’abolizione del diritto di lesa maestà, in pratica del
reato di opinione. «Anche se solo per 9 anni — dice Padovani —
la Toscana è l’unico paese al mondo che non contempla il delitto
politico. Questo non era mai accaduto prima, e non è mai più
accaduto dopo».
“il manifesto”,
ritaglio senza data, ma 1986
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