5.10.17

Anche l'indiano scrive libri su guru Francesco (Nazareno Fabretti)

Questa rapida rassegna bibliografica su Francesco d'Assisi che, a cura di Nazareno Fabbretti, “la Repubblica” pubblicò in occasione dell'ottavo centenario dalla nascita (1981), mi pare tuttora utile. Necessita, ovviamente, di un aggiornamento relativo agli ultimi quattro decenni, in cui due letture sono state precipuamente valorizzate: quella ecologico-ambientalista e quella ecumenica interreligiosa. L'enciclica del 2015, di un papa che ha scelto come nome d'arte Francesco, Laudato sì, oltre ad ispirarsi al santo poverello perfino nel titolo, incipit del Cantico di frate Sole, contiene un'interpretazione di Francesco che sussume la costruzione del santo ecologista cresciuta negli ultimi trent'anni. (S.L.L.)

«Il più orientale dei santi occidentali, il più occidentale dei santi orientali», più che una definizione documentata di san Francesco d’Assisi, sulla soglia dell’ottavo centenario della nascita (1182-1982), questo d’uno dei suoi ultimi biografi sembra uno slogan. Sotto il fascismo, alla vigilia della seconda guerra mondiale, nel 1939, per far coraggio agli italiani, Pio XII lo proclamò patrono d’Italia e il fascismo ripescò, lasciando intendere che fosse di Mussolini, una definizione che è invece di Ruggero Bonghi: «Il più santo degli italiani, il più italiano dei santi».
Oggi, invece del «genio della stirpe», si tende a riscoprire e rivalutare Francesco come esempio di esperienza spirituale o spiritualista, se ne fa una specie di guru cristiano, come dimostra la biografia del frate domenicano indiano, Anthony Elenjimittam (Francesco d’Assisi, lo yogi dell’amore cosmico, Edizioni dell’Acquario, Torino) da cui è tratta la definizione citata all’inizio.
Il settimo centenario della morte di Francesco, nel 1926, impegnò storici e biografi cattolici e protestanti, credenti e agnostici, soprattutto allo studio del contesto sociale e politico in cui il fenomeno Francesco e il suo ordine erano stati possibili e avevano costituito, per certi aspetti, un superamento del dualismo dei poteri dominanti, Impero e Chiesa. L’opera di maggiore rigore e di più efficace stimolo in tal senso, e ricca d’un afflato religioso e innovatore profondissimo, fu, già dal 1896, la Vita di san Francesco d’Assisi del pastore luterano e storico francese Paul Sabatier (ripubblicata in Italia nel 1976, negli Oscar Mondadori, da Lorenzo Bedeschi). Sull’esempio di Sabatier si mossero, soprattutto nel centenario del 1926, un convertito svedese, Giovanni Joergensen, che si stabili ad Assisi fondandovi anche un centro di studi francescani, Maria Sticco, una collaboratrice di padre Agostino Gemelli, la quale col suo san Francesco d’Assisi (riaggiornato poi in innumerevoli edizioni, fino al 1978) copri lo spazio dell’agiografia divulgativa ma con efficacia anche storica, mentre dal canto suo, il convertito Gemelli scriveva sul «dopo Francesco» una summa apologetica ad oltranza, Il francescanesimo, anch’esso ripubblicato spessissimo dalla Vita e Pensiero. Arnaldo Fortini, podestà di Assisi, negli anni del fascismo dava fondo a tutto quanto contenevano gli archivi civili ed ecclesiastici della città e dell’Umbria, e pubblicava la Vita nova di san Francesco e altri saggi storici e critici. Anche Salvatore Attal, un ebreo convertito pubblicava un San Francesco d’Assisi di notevole rigore storico, e un saggio rivalutatore dell’uomo che fu, nell’ordine, 1’opposto radicale del santo, Frate Elia da Cortona.
Per oltre mezzo secolo, in Italia ma soprattutto all’estero, e in particolare in Germania e in Francia, l’interesse di storici e biografi fu rivolto al mistico, al fondatore e riformatore, cioè all’uomo che, in senso ascetico, aveva fatto una radicale «scelta di classe», ma senza mai giungere, come Valdo e gli altri eretici e ribelli dell’epoca, alla «lotta di classe» contro la Chiesa. Intanto, mentre persino D’Annunzio s’occupava, a suo modo, qua e là, del Poverello e ne vestiva qualche volta persino il saio, o si faceva ritrarre nel «lebbroso» baciato dal Poverello, l’agiografia devozionale continuava a ricalcare passivamente lo schema dei primi e maggiori biografi del santo, Tommaso da Celano e san Bonaventura, cioè quello di Francesco come «l’altro Cristo», immagine che alil’inizio aveva rischiato di condurre l’ordine alla «francescolatria». Fondamentale fu, nel 1925, e, molto diffuso fino ad oggi anche in Italia L’ideale di san Francesco, del cappuccino Ilarino Felder, e uno studio del gesuita Peter Lippert, insieme ad un San Francesco d’Assisi dello scrittore inglese Gilbert K. Chesterton, mentre il francescano tédesco Kajetan Esser si è dedicato seriamente fino alla morte, avvenuta l’anno scorso, agli studi sulle Origini dell’ordine francescano, tradotta e pubblicata in Italia, nel 1976, dalla Jaka Book.
I nuovi studi, biografie, saggi, inchieste privilegiano finora Francesco dal punto di vista sociale ed ecclesiale, dal modello ideale della «Jesus revolution» dei «figli dei fiori» degli anni sessanta al Francesco innovatore «conciliatore» e protagonista esistenziale del dramma contemporaneo della ricerca dell’identità sociale e religiosa. Si è cercato di scavare nei documenti e nell’immagine di Francesco con intenzioni oneste e metodi spesso rigorosi, ma finora si è trattato di eccezioni rare, e i risultati raggiunti, nel complesso non hanno nulla a che vedere con quelli biografici e storiografici del 1926. Non è mancato chi, in questa ricerca, ha scelto lo strumento del romanzo, diretto o indiretto. L’esempio più serio è indubbiamente, su questo versante Le mura del cielo (Rizzoli) di Ferruccio Ulivi. Oltre gli ultimi studi storici, ma tenendone conto nella sostanza, il romanzo di Ulivi è «francescano» almeno nella sua asciutta scrittura, e nella parsimonia con cui legge la «lotta con l’angelo» da parte di Francesco, una lotta che, interiormente, durerà tutta la vita, senza tuttavia darci definitive risposte. Infatti uno dei biografi contemporanei più acuti e più letti anche in Italia nelle traduzioni curate dall’Editrice Cittadella di Assisi, il fiammingo Van Doornik afferma, in Francesco, profeta per il nostro tempo: «Chi realmente Francesco sia, nessuno lo sa». Una biografia giocata popolarmente sull’«io narrante» del santo è quella di fratel Carlo Carretto (Io, Francesco... Cittadella/Messaggero, Assisi - Padova), mentre con meno ambizioni si muove Vasco Lucarelli che traccia la storia intima e familiare di Francesco prima della nascita dell’ordine, in Giovanni detto Francesco (Città Armoniosa).
Quanto a studi e saggi storici critici, in Italia non disponiamo finora che del San Francesco di Raoul Manselli (Ed. Bulzoni, Roma), versione condensata della stessa opera che vedrà presto la luce provveduta di tutto il corredo culturale e scientifico. A Manselli si affianca una brava Storia del Francescanesimo, di Teodoro Lombardi (Ed. Messaggero, Padova). Sul Francesco, che da Cimabue a Giotto ha ispirato gli artisti di ogni tempo, non mancheranno, in questo centenario, gli album di varia (e costosissima) celebrazione. Il più singolare ed efficace, sinora, è l’omaggio d’un frate pittore, scultore e architetto di fama internazionale, Costantino Ruggeri, che ha dedicato a Francesco una cartella di 4 tavole originali (Francesco e gli amici) e un libro d’arte Quivi è perfetta amicizia (Messaggero, Padova) introdotto da David Maria Turoldo. Ruggeri e Luigi Santucci sono associati (testi in «io narrante» e tavole relative) in un libro di grande fantasia e grazia, per adulti e ragazzi; La laude degli animali (Messaggero, Padova). Le Edizioni Paoline contribuiscono al centenario con diversi libri di tema francescano, ma soprattutto con una monumentale edizione dei Fioretti, per biblioteche e amatori, introdotta da Evelyn Silber e Nazareno Fabbretti, e illustrata con miniature rare e prenaif di totale delizia dovute a una clarissa tedesca del sec. XV, Sibilla von Bondorf.
Luigi Santucci ha curato per Mondadori un monumentale omaggio a Francesco, Francesco otto secoli, una raccolta di saggi e testimonianze di alcuni dei maggiori scrittori e studiosi contemporanei, fra i quali Heinrich Boll, madre Teresa di Calcutta, M.D. Chenu, Olivier Clèment, Ernesto Balducci, Lucio Lombardo Radice, Elio Toaf, Vittorino Joannes, Italo Alighiero Chiusano, Giancarlo Vigorelli e molti altri, e con una documentazione illustrativa classica e originale di grande ricchezza. Non si tratta d’un libro critico, bensì di una riflessione corale sull’attualità-inattualità evangelica del santo più amato e meno pregato della storia cristiana.
Ma l’iniziativa più ricca e meritoria che per la prima volta, in Italia, hanno a disposizione storici e biografi è l’edizione, curata dalle Edizioni Francescane di Bologna, dalla Biblioteca francescana di Milano, dal Messaggero di Padova, delle Fonti Francescane: oltre duemila pagine che offrono (purtroppo non in edizione critica definitiva, e non sempre in traduzioni degne dei testi) tutto lo scibile di e su Francesco, Chiara e l’ordine apparso nel primo secolo francescano; il tutto introdotto, settore per settore, da una équipe di ottimi storici e critici dell’ordine, frati, suore, e laici. Il vantaggio è che ora si può dunque verificare in diretta la figura, la personalità, l’influenza di Francesco sull’uomo e sulla Chiesa del «Mille e non più Mille» e, oggi, sull’uomo e sulla Chiesa del «Duemila non più Duemila», già sulla soglia di quello che Wojtyla definisce «il secondo Avvento», e sull’orlo dell’«apocalisse nucleare».
Allegri, però. Qualcuno non ha di questi amorosi pensieri. All’ultima Fiera del libro per ragazzi, a Bologna, non è mancato chi ha lanciato fumetti e fantafioretti francescani, su un’ennesima vicenda di Lupo de Lupis, ribattezzato La lupa di Gubbio. Il soggetto è già stato comprato a scatola chiusa per tutto il mondo.


“la Repubblica”, 26 settembre 1981

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