5.10.17

La società liquida (Umberto Eco)

Tra i meriti di Umberto Eco, il cui geniale acume critico non facciamo che rimpiangere, vi fu quello del divulgatore. Qualcuno si ricorda la sua insistenza nel valorizzare in campo didattico la pratica del riassunto nelle sue varie forme; in questa “bustina di Minerva” passata dall'“Espresso” alla raccolta Papé Satan Aleppe egli riassume la teoria di Bauman della “società liquida”. Da par suo: cioè con una efficacia comunicativa che sa rendere facile il difficile. Il finale, che segnala una fedeltà non scossa dagli eventi alla ricerca, all'intelligenza, alla ragione, è anche un testamento. (S.L.L.)

L’idea di modernità o società “liquida” è dovuta, com’è noto, a Zygmunt Bauman. Per chi voglia capire le varie implicazioni di questo concetto può essere utile Stato di crisi (Einaudi, 2015) dove Bauman e Carlo Bordoni discutono di questo e altri problemi.
La società liquida inizia a delinearsi con quella corrente detta postmoderno (peraltro termine “ombrello” sotto cui si affollano diversi fenomeni, dall’architettura alla filosofìa e alla letteratura, e non sempre in modo coerente). Il postmodernismo segnava la crisi delle “grandi narrazioni” che ritenevano di poter sovrapporre al mondo un modello di ordine; si è dedicato a una rivisitazione ludica o ironica del passato, e in vari modi si è intersecato con le pulsioni nichilistiche. Ma per Bordoni anche il postmodernismo è in fase decrescente. Esso era di carattere temporaneo, ci siamo passati attraverso senza neppure accorgercene, e sarà un giorno studiato come il preromanticismo. Serviva a segnalare un avvenimento in corso d’opera, ha rappresentato una sorta di traghetto dalla modernità a un presente ancora senza nome.
Per Bauman tra le caratteristiche di questo presente in stato nascente si può annoverare la crisi dello Stato (quale libertà decisionale rimane agli stati nazionali di fronte ai poteri delle entità supernazionali?). Scompare un’entità che garantiva ai singoli la possibilità di risolvere in modo omogeneo i vari problemi del nostro tempo, e con la sua crisi ecco che si sono profilate la crisi delle ideologie, e dunque dei partiti, e in generale di ogni appello a una comunità di valori che permetteva al singolo di sentirsi parte di qualcosa che ne interpretava i bisogni.
Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada di ciascuno ma antagonista, da cui guardarsi. Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da cui una situazione nella quale, mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità. Si perde la certezza del diritto (la magistratura è sentita come nemica) e le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono l’apparire a tutti i costi, l’apparire come valore (fenomeni di cui mi sono sovente occupato nelle Bustine) e il consumismo. Però si tratta di un consumismo che non mira al possesso di oggetti di desiderio in cui appagarsi, ma che li rende subito obsoleti, e il singolo passa da un consumo all’altro in una sorta di bulimia senza scopo (il nuovo telefonino ci dà pochissimo rispetto al vecchio, ma il vecchio va rottamaio per partecipare a quest’orgia del desiderio).
Crisi delle ideologie e dei partiti: qualcuno ha detto che questi ultimi sono ormai dei taxi sui quali salgono un capopopolo o un capobastone che controllano dei voti, scegliendoli con disinvoltura a seconda delle opportunità che consentono - e questo rende persino comprensibili e non più scandalosi i voltagabbana. Non solo i singoli, ma la società stessa vive in un continuo processo di precarizzazione.
Che cosa si potrà sostituire a questa liquefazione? Non lo sappiamo ancora e questo interregno durerà abbastanza a lungo. Bauman osserva come (finita la fede in una salvezza proveniente dall’alto, dallo Stato o dalla rivoluzione), sia tipico dell’interregno il movimento d’indignazione. Questi movimenti sanno che cosa non vogliono ma non che cosa vogliono. E vorrei ricordare che uno dei problemi posti dai responsabili dell’ordine pubblico a proposito dei black bloc è che non si riesce più a etichettarli, come poteva avvenire con gli anarchici, coi fascisti, con le Brigate Rosse. Essi agiscono, ma nessuno sa più quando e in quale direzione. Neppure loro.
C’è un modo per sopravvivere alla liquidità? C’è, ed è rendersi appunto conto che si vive in una società liquida che richiede, per essere capita e forse superata, nuovi strumenti. Ma il guaio è che la politica e in gran parte l’intellighenzia non hanno ancora compreso la portata del fenomeno. Bauman rimane per ora una “vox clamantis in deserto”.


2015

da Pape Satàn Aleppe, La nave di Teseo, 2016

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