19.10.17

Le idee di Togliatti: "Noi, i cattolici, la bomba e la persona umana". Un discorso a Bergamo (marzo 1963)

Il tema proposto è dei rapporti e, in sostanza, anche dell'incontro tra comunisti e cattolici, ma non nell'immediato, bensì davanti a una prospettiva più lunga, quale si può presentare a chi approfondisca lo studio delle trasformazioni profonde, sotto il nostro sguardo, nel tempo recente, e di quelle che si preparano e sopravverranno con non da tutti prevista rapidità.
Aggiungo anche subito, che non è mia intenzione fare un confronto di ideologie, quella religiosa da una parte, quella marxista dall'altra. La base dell'adesione del nostro partito è infatti, come per tutti i partiti comunisti, il programma, per attuare il quale noi combattiamo e che anche un credente può senz'altro accettare.
Una sola osservazione intendo aggiungere ed è che, per quanto riguarda gli sviluppi della coscienza religiosa, noi non accettiamo più la concezione, ingenua ed errata, che basterebbero l'estensione delle conoscenze e il mutamento delle strutture sociali a determinare modificazioni radicali. Questa concezione, derivante dall'illuminismo settecentesco e dal materialismo dell'ottocento, non ha retto alla prova della storia. Le radici sono più profonde, le trasformazioni si compiono in modo diverso, la realtà è più complessa.
Anche da queste constatazioni noi ricaviamo la necessità della reciproca, profonda comprensione e quindi della collaborazione, soprattutto in un momento come l'attuale, in cui si sono compiute e si preparano quelle trasformazioni rivoluzionarie all'analisi delle quali dobbiamo senz'altro passare.
La trasformazione più profonda, tanto grave da essere spaventosa, riguarda lo sviluppo delle armi distruttive create dall'uomo.
Riflettiamo. Con una sassata, con una freccia, si feriva e si poteva anche uccidere un uomo. Si uccide un uomo con una fucilata. Con una cannonata già sono parecchi uomini che possono essere uccisi. Una delle bombe usate nell'ultima guerra poteva uccidere in un solo istante centinaia e migliaia di uomini, combattenti o non combattenti. Ma cosa avverrebbe se scoppiasse sul mondo una guerra atomica e termonucleare? L'opinione di coloro che hanno esaminato questa eventualità è oggi unanime. Cento e più milioni di morti in pochi minuti. Alla fine, può venire distrutta la stessa possibilità che gli uomini ulteriormente sopravvivano sulla terra.
Eccoci così di fronte alla terribile, spaventosa «novità»; l'uomo, oggi, non può più soltanto, come nel passato, uccidere, distruggere altri uomini. L'uomo può uccidere, può annientare l'umanità.
Mai ci si era trovati di fronte a questo problema, se non nella fantasia accesa di poeti, profeti e visionari. Oggi questa è una realtà. L'uomo ha davanti a sè un abisso nuovo, tremendo. La storia degli uomini acquista una dimensione che non aveva mai avuto. E una dimensione nuova acquista, di conseguenza, tutta la problematica dei rapporti tra gli uomini, le loro organizzazioni e gli Stati, in cui queste trovano il culmine. La guerra diventa cosa diversa da ciò che mai sia stata. Diventa il possibile suicidio di tutti, di tutti gli esseri umani e di tutta la loro civiltà. E la pace, a cui sempre si è pensato come ad un bene, diventa qualcosa di più e di diverso: diventa una necessità, se l'uomo non vuole annientare se stesso. Ma riconoscere questa necessità non può non significare una revisione totale di indirizzi politici, di morale pubblica e anche di morale privata. Di fronte alla minaccia concreta della comune distruzione la coscienza della comune natura umana emerge con forza nuova.
Di qui la nostra posizione, l'appello che rivolgemmo al mondo cattolico nel 1954, quando già si disegnava questa situazione nuova e che tutti i successivi sviluppi hanno reso via via sempre più attuale.
Ecco quale era il tenore di quell'appello:«Dall'altra parte, alle volte contrapposto, alle volte intrecciato in modo originale col mondo comunista, vi è il mondo delle masse cattoliche, e vi sono le organizzazioni di queste e le loro autorità. È possibile trovare la via di un contatto non solo occasionale per risolvere questioni politiche contingenti... ma di un incontro più profondo, da cui possa uscire un decisivo contributo alla creazione di questo ampio movimento per la salvezza della nostra civiltà, per impedire che il mondo civile... venga spinto sulla strada... della distruzione totale?... Noi non chiediamo al mondo cattolico di cessare di essere il mondo cattolico. Noi avanziamo quella dottrina che è stata giustamente presentata come dottrina della possibilità di convivenza e di pacifico sviluppo, e indichiamo quali sono le conseguenze che devono essere ricavate oggi da un'applicazione di questa dottrina nel campo dei rapporti internazionali e anche nel campo dei rapporti interni di un solo Stato. Tendiamo cioè alla comprensione reciproca, tale soprattutto che permetta di scorgere che esiste oggi un compito di salvezza della civiltà, nel quale il mondo comunista e il mondo cattolico possono avere gli stessi obiettivi e collaborare per raggiungerli».
Se qualcosa in questo appello vi è oggi da cambiare, è nel senso di sottolineare l'urgenza. E da essa noi facciamo discendere precise posizioni e rivendicazioni: il rifiuto di partecipare del nostro paese a qualsiasi sorta di armamento atomico, l'esplicita condanna della politica fondata sul famigerato equilibrio del terrore, la richiesta di un disimpegno, di una neutralità di fronte ai contrapposti blocchi militari e così via.
Gli attuali blocchi militari sono da considerare cosa contingente, sorta in determinate circostanze e condizioni e che può e deve essere modificata e tolta di mezzo, attraverso un'azione ampia e convinta di uomini, di forze politiche e sociali, di popoli e anche di governi.
Quest'azione è, oggi, necessaria, indispensabile ed è il primo confronto e cimento, di valore decisivo, di fronte alla terribile prospettiva che incombe sull'umanità, al quale noi invitiamo le forze cattoliche. Di qui deve incominciare il dibattito, la ricerca, la comprensione. Qui prima che in qualsiasi altro campo si impone, per salvare l'umanità attraverso la salvezza della pace, una intesa, una collaborazione tra uomini che siano consci del compito loro supremo e animati di buona volontà (...).
Di fronte a una accentuata articolazione e differenziazione del sistema degli Stati, reggono ancora le sommarie, artificiose, definizioni e preclusioni del periodo della guerra fredda? È ancora possibile la ingannevole, falsa identificazione tra democrazie e cosiddetto mondo occidentale? Alla testa di questo mondo, starebbero gli Stati Uniti d'America. Ma guardate a ciò che accade in quell'America latina dove si esercita il predominio egemonico degli Stati Uniti. Ivi i regimi democratici sono una rara eccezione. Esistono regimi autoritari e tirannici, vassalli del colosso americano.
E si può ancora ritenere valida, nell'odierno quadro di rapporti mondiali, l'identificazione, cui spesso si sente fare ricorso, tra mondo occidentale e mondo cattolico? Questa identificazione fa perdere alla stessa Chiesa il suo carattere universale, ecumenico. Chi ha studiato i lavori del recente Concilio Vaticano credo abbia avuto modo di convincersi che il nodo di fronte al quale oggi si trovano le autorità ecclesiastiche è proprio di superare quella identificazione. A ciò corrisponde, mi sembra, l'affermazione dell'attuale pontefice circa la neutralità della Chiesa nel contrasto tra gli Stati e corrisponde tutto lo spirito dei lavori conciliari. Esso significa, in sostanza, che di fronte alla nuova molteplice articolazione dei sistemi sociali e del sistema degli Stati, l'età di Costantino e la politica di questa età sono terminate per sempre.
Ma noi ci rivolgiamo, tenendo conto della minaccia che grava pesante sulla umanità, da una parte, e di questo complesso di cose e posizioni nuove dall'altra, a tutte le forze cattoliche. Le invitiamo alla riflessione, al dialogo, al dibattito, alle possibili intese per fini che non possono non essere comuni a tutti gli uomini. Le chiamiamo a ricordarsi della comune nostra natura di uomini e di uomini civili, che hanno il dovere di unirsi e cooperare per salvare e la civiltà e la umanità stessa da terrificanti catastrofi.
Le cose dette sinora sono forse il momento più importante, ma non esauriscono il campo del nostro dibattito. Noi chiamiamo lavoratori e uomini di cultura cattolici a fare oggetto di riflessione ciò che sta avvenendo, all'interno dei paesi anche più avanzati, nel campo delle strutture economiche e sociali. Le vecchie concezioni liberali, contro le quali presero talora posizione anche le scuole cattoliche, non reggono più. Il concetto di democrazia e gli istituti della democrazia si riempiono di un contenuto nuovo che investe la direzione della vita economica e sociale. Ma vi è un grande ritardo. Le strutture si sono sviluppate più rapidamente delle menti degli uomini. Cosi è avvenuto che si è lasciato che una parte sempre più grande della vita economica venisse assoggettata alla direzione di pochi gruppi privilegiati, i quali la amministrano nel loro esclusivo interesse, non nell'interesse della collettività. Cosi è avvenuto che, anche quando vi è stato un progresso notevole nella industria, per esempio, questo è stato accompagnato da enormi squilibri e vere rotture in altri campi, dall'accentuazione dei contrasti tra i gruppi sociali e tra l'una e l'altra parte del paese, dalla rovina delle piccole e medie aziende contadine, da disordinati e pesanti spostamenti di popolazione e cosi via. Si può andare avanti per questa strada? Questo vuol dire andare incontro a situazioni sempre più difficili. Le trasformazioni economiche, d'altra parte, tendono a diventare via via più rapide e più accentuato il carattere sociale di tutto il processo produttivo. La pressione demografica, che si sta in tutto il mondo accentuando, lo sviluppo delle forze produttive, il meraviglioso e rapidissimo progresso della tecnica, sono tutti fattori che agiscono in questa direzione. Si impone dunque in forme sempre più urgenti un intervento organizzato e consapevole degli uomini per dominare e dirigere questo processo,in modo che esso si compia a favore di tutta la collettività. La stessa ultima enciclica sociale della Chiesa riconosce questa necessità, anche se lo fa con eccessiva cautela e in modo non sufficiente. Il vero problema che si fa avanti con forza sempre più grande e si impone è quello del passaggio a una società che sia organizzata e diretta secondo principi nuovi. Non si tratta di sopprimere la libera iniziativa del coltivatore diretto e dell'imprenditore piccolo e medio. Si tratta di riconoscere la necessità dell'associazione degli sforzi e della esistenza di un piano di sviluppo rispondente alle necessità collettive. Sono i concetti di base della dottrina socialista che si stanno imponendo. È la capacità degli uomini di conoscere a fondo, dirigere e dare una impronta di giustizia e di progresso a tutta la vita economica e sociale che in questo modo viene ricercata e affermata.
Osservate la posizione che viene data all'uomo in una società capitalistica anche molto sviluppata e che abbia raggiunto un elevato livello di consumi. Lo sfruttamento non cessa mai, in questa società. La vita dell'operaio, del piccolo coltivatore e persino del professionista è sempre esposta alle incertezze e durezze che derivano dal dominio che gli sfruttatori, che i ceti privilegiati, che i grandi gruppi monopolistici hanno su tutta la società, sul mercato del lavoro, sul credito, sui prezzi, sugli investimenti, sulle aree fabbricabili e così via. Vedete quali sono le durezze della vita odierna, quando pure si stanno esaltando i progressi compiuti. La esistenza di chi vive di solo lavoro è diventata, per molti aspetti, più difficile, più pesante. La vita delle famiglie è sconvolta. La donna, entrata nella produzione, non trova attorno a sé, nella società civile, quei sostegni e aiuti di cui avrebbe bisogno per poter vivere in modo nuovo, degnamente. L'industria getta sul mercato una enorme quantità di beni di consumo e la vita sociale è ordinata in modo che tutti debbono far ricorso ad essi. La uniformità delle tecniche crea una artificiale uniformità della vita degli uomini e questa uniformità progressivamente invade anche le loro coscienze, li avvilisce, li rende estranei a se stessi, limita e sopprime la loro iniziativa, la loro libertà di scelta e di sviluppo.
Il credente, nel constatare questa situazione, dice che è la sfera del sacro che progressivamente e sempre più si restringe. Noi diciamo che è la persona, dell'uomo che viene mutilata e compressa e opponiamo a questa, che è la prospettiva di sviluppo del capitalismo anche nei paesi più avanzati, la prospettiva di avanzata verso una società socialista. La società socialista è una società nuova, ricca per i consumi, per lo sviluppo dell'istruzione e della cultura, ma soprattutto per la fine dello sfruttamento e quindi della lotta spesso mortale tra gli uomini per il benessere e la ricchezza. È una società il cui scopo è di fornire a tutti gli uomini i beni necessari per vivere serenamente e in pace, per migliorare se stessi. È una società che chiama tutti gli uomini a lavorare assieme, a collaborare per assicurare la soluzione dei problemi economici e sociali; che li chiama tutti a contribuire con l'opera loro per decidere il destino di tutta l'umanità.
Sorge oggi con sempre maggior frequenza, dalla letteratura e dalle altre forme di arte, la denuncia della solitudine dell'uomo moderno, che anche quando può disporre di tutti i beni della Terra pure non riesce più a comunicare con gli altri uomini, si sente come chiuso in,un carcere dal quale non può uscire.
Questo è il destino dell'uomo, io credo, in una società che lo esclude dalla partecipazione a una edificazione sociale che sia opera comune di tutti. Le democrazie capitalistiche non risolvono questo problema. Solo in una società socialista l'uomo non è più solo e l'umanità diventa davvero una vivente unità, attraverso il molteplice sviluppo della persona di tutti gli uomini e la loro continua organica partecipazione a un'opera comune.
Ma come ponete, ci si dice, il problema della libertà?
Noi da tempo sosteniamo e dimostriamo che è possibile, nel nostro paese, sulle base delle conquiste democratiche e sociali realizzate con la vittoria della Resistenza antifascista e registrate nella nostra Costituzione, avanzare verso un regime di giustizia sociale senza abbandonare il terreno delle istituzioni democratiche e del loro sviluppo nel campo economico e sociale. Nel rivolgerci ai lavoratori e uomini di cultura cattolici manteniamo questa posizione e insistiamo in essa.
La conclusione emerge chiara da tutto ciò che ho detto. Il mondo cattolico non può essere insensibile alle nuove dimensioni che sta prendendo il mondo per quanto riguarda i rapporti tra gli Stati, la direzione delle attività economiche, la affermazione e conquista di nuove forme di vita democratica, la prospettiva di avanzata verso una società e una umanità che abbiano raggiunto una unità nuova, fondata sulla fine di ogni sfruttamento, sul lavoro, sulla uguaglianza sociale, sul molteplice libero sviluppo della persona umana. Non è vero che una coscienza religiosa faccia ostacolo alla comprensione di questi compiti e di questa prospettiva e alla adesione ad essi. Al contrario.
Abbiamo affermato e insistiamo nell'affermare che l'aspirazione a una società socialista non solo può farsi strada in uomini che hanno una fede religiosa, ma che tale aspirazione può trovare uno stimolo nella coscienza religiosa stessa, posta di fronte ai drammatici problemi del mondo contemporaneo. Di qui il nostro appello alla comprensione reciproca e all'intesa.



AVVENIMENTI 4 OTTOBRE 1989

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