16.11.17

Classici al presente. Stupefatti sulle tracce della leggenda di Troia (Paolo Lago)

Eric R. Dodds apre il suo famoso saggio I Greci e l'irrazionale con un aneddoto: al British Museum, mentre osservava le sculture del Partenone, venne avvicinato da un giovane, il quale così si rivolse al grande studioso: «Quel che vi confesso è un'enormità, lo so, ma questa roba greca non mi commuove affatto... Be', non so se mi spiego: è tutto così tremendamente razionale». Da tale incontro - continua Dodds - gli venne l'idea di scrivere il suo libro per interrogarsi, appunto, sulla religiosità e sull'irrazionalità nella cultura greca. Religiosità e irrazionalità che, nei racconti mitici tramandati dai poeti (nonché nell'intera cultura greca), non sono certo di secondaria importanza, anzi. Infatti, per comprendere a pieno quei miti, quei racconti epici e leggendari, noi moderni dobbiamo dotarci di una nuova apertura all'irrazionale, una forma mentis che ci faccia allontanare da una quasi naturale predisposizione alla razionalità e ci faccia tornare un po' ‘ingenui. «In realtà, nell'irrazionalità della narrazione epica sta la chiave di lettura dell'universo magico e mitico che la caratterizza, l'alfabeto simbolico dalla cui decifrazione dipende la comprensione del suo senso storico e della sua grandezza. Un'analisi senza pregiudizi del mito impone il confronto con l'alterità, il cambiamento della propria prospettiva, la disponibilità a accettare che l'ingenuità sia tutta negli occhi di chi guarda»: con queste parole Fulvio Beschi conclude l'introduzione al suo La leggenda di Troia. Il racconto (Einaudi, 2013) che ci offre un'appassionata narrazione del ciclo epico legato alla guerra di Troia. Per poter affrontare la lettura di questo grande racconto, fatto di metamorfosi e di interventi divini, di amori, di amicizie, di terribili morti e malattie, dobbiamo tornare ingenui, quasi come bambini stupefatti: solo così, afferma Beschi (il quale conduce il suo lavoro su un rigoroso apparato di fonti), possiamo stupirci ancora di fronte alla bellezza e al magico nitore che viene sprigionato dal racconto mitico.
Vediamo quindi in cosa consiste la leggenda di Troia narrataci da Beschi. Quando pensiamo alla mitica guerra di Troia, scatenata dal rapimento di Elena, ci viene subito in mente l'Iliade di Omero, il poema epico dedicato, appunto, alla presa di Ilio, cioèTroia. Eppure, episodi famosi come il giudizio di Paride o l'inganno del cavallo di legno, nei poemi omerici (e si parla anche dell'Odissea), non compaiono. La vicenda troiana nel suo complesso era raccontata da altri poemi che adesso non possediamo più o che possediamo solo in frammenti, i quali, riuniti insieme, prendevano il nome di Ciclo epico; quest'ultimo comprendeva una serie di poemi fra i quali la Titanomachia, l'Edipodia, centrata sulla figura mitica di Edipo, la Tebaide,relativa altentativo di Polinice, scacciato dal fratello Eteocle, insieme agli eroi argivi, di riprendersi Tebe, gli Epigoni, il cui argomento è una nuova spedizione contro Tebe, e poi i Canti Ciprii, l'Etiopide, la Piccola Iliade. Di tutti questi poemi, sotto forma di frammenti, esistono edizioni filologiche: il merito, non piccolo, di Beschi sta nell'averle cucite insieme e averle rese leggere, eteree, allontanate dalla pesantezza filologica e contemporaneamente alimentate dalla stessa filologia. Il frammento di sublimi e antiche immagini epiche è stato reso racconto, narrazione fluente e rigorosa che può arrivare a carezzare le orecchie dei contemporanei, anche di coloro che non hanno eccessiva dimestichezza con il mondo epico greco. Anche questa è attualizzazione del classico: a dispetto della relegazione in ambito accademico e in polverose biblioteche di quelle edizioni filologiche dai nomi altisonanti come Poetarum epicorum Graecorum testimonia et fragmenta, si può avere, delle stesse, senza sminuirne il valore o l'auctoritas un racconto che raggiunga molti interlocutori per le strade e fuori dai luoghi canonici del sapere.
La grandezza della (buona) filologia è anche questa: essere leggera e volare sopra l'inconsistenza e la stupidità quotidiane per portare arricchimento e cultura. La leggenda di Troia ci porta nel mondo del Ciclo epico con leggerezza (quella di cui tesseva l'elogio Calvino nelle Lezioni americane) e con rigore creando racconto là dove c'era solo un frammento, portando luce là dove il tempo e le vicissitudini hanno fatto buio. Achille, Agamennone, Edipo, Ettore, Cassandra, Penelope, Andromaca diventano così personaggi profondamente contemporanei, e così anche gli dei irati o presi dalle passioni. Ed è appunto con passione che ci avviciniamo alla lettura di questo racconto così, finalmente, da poterci commuovere in un mondo magico in cui, a dispetto di ogni sterile razionalismo, l'ingenuità diventa un valore prezioso.
E scusate se è poco.


“il manifesto alias domenica”, 21 aprile 2013

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