12.11.17

Raffaele La Capria. Un maestro dalla creatività contagiosa (Filippo La Porta)

La creatività di Raffaele La Capria - sia essa di tipo narrativo o saggistico, disseminata lungo gli anni in una straordinaria varietà di libri - si è rivelata irresistibilmente contagiosa. Non ci si può nemmeno accostare un po’ alla sua opera senza che la nostra immaginazione intellettuale, i nostri umori critici, la nostra attitudine metaforizzante non ne vengano potenziati fino a lievitare con modalità ed esiti imprevedibili. Le sue idee e le sue immagini ne generano continuamente e vorticosamente delle altre. Non è solo un maestro di pensiero e di stile ma un involontario e inesauribile maieuta. A contatto con la sua opera la giovane critica sembra ritrovare la propria ispirazione migliore, come dimostra almeno un importante convegno svoltosi a Caen nel maggio del 2001 (sono ora usciti gli Atti, editi da Liguori e curati da Paolo Grossi, con interventi di Domenico Scarpa, Silvio Perrella, Massimo Onofri, Emanuele Trevi, Raffaele Manica e molti altri). Lo scrittore ha fornito alle nuove generazioni di critici letterari perfino un «dizionario» ideale, che permette loro di nominare tutto quello su cui, in omaggio ad un dogma filosofico novecentesco, dovevano tacere: la bellezza, la verità, l’innocenza, la felicità... Ma vorrei ora tentare di riassumere schematicamente le ragioni di questa «riscoperta» o nuovo interesse verso l’opera di La Capria, dai romanzi - fino ad Amore e psiche nel 1973, alla sua ampia e originale produzione saggistica a partire da Fiori giapponesi,del 1979 e poi dall’Armonia perduta, del 1986.

1.Recupera una possibile identità italiana, vorrei dire una «patria», fondata sul paesaggio, sulla luce, su un sentimento della realtà, sulla lingua, ma - e questo è ciò che conta - senza il mito regressivo delle radici; e anche senza alcuna indulgenza verso alcuni vizi endemici della nostra tradizione (l’uso deresponsabilizzante della maschera, che nasconde spesso un realismo brutale) - si tratta di una antropologia attenta e severa.

2.Il suo pensiero si origina sempre da una percezione, da una esperienza diretta dei sensi: dunque dà a ciascuno di noi la possibilità «democratica» di ripercorrerlo ed eventualmente «falsificarlo».

3.Riformula criticamente alcune categorie del Moderno, a cui non potremmo rinunciare ( e anzi sottolineando come nel postmoderno quelle categorie si sono sdrammatizzate e depotenziate, o divenute maniera) correggendone però certo carattere artificioso, intellettualistico (l’Ulisse di Joyce, le Demoiselles d’Avignon di Picasso....).

4.Nutre illimitatamente il nostro bisogno di antagonismo (la nuova critica letteraria in Italia rivendica un carattere oppositivo, di rifiuto dell’esistente...) ma lo fa in modo sobrio, senza riferirsi a ideologie e proclami, evitando ingombranti retoriche! È uno scrittore aideologico e insofferente, solitario (anche nelle sperimentazioni formali), impegnato unicamente a parlare per sé, come individuo dotato di senso comune e geloso della propria autonomia di giudizio (non in nome di una classe sociale o di una formazione politica o di una tendenza della Storia!)

5.Pur dentro una impostazione illuministico-razionale e «borghese» fa trasparire un richiamo panico alla numinosa vibrazione meridiana, alla bella giornata irradiante, ad una utopica pienezza dell’essere che si riflette nella trasparenza dell’acqua marina...

6.Dimostra nei fatti come un saggismo di tipo autobiografico, fortemente immaginativo e nutrito degli umori più vari, possiede la stessa dignità espressiva di tanta fiction! Insomma: italiani, liberatevi della Mitologia Dispotica del Romanzo (anzi, ciascuno dovrebbe seguire la propria natura e trovare il proprio genere letterario più adeguato)!

7.È il testimonal vivente di una critica letteraria senza metodo e senza mestiere, empirica e ipersoggettiva, discorsiva e stringente, che fa proprio del dilettantismo un punto di forza dal punto di vista conoscitivo.
Certo, le suggestioni e le abbaglianti metafore di La Capria chiedono di essere a loro volta declinate e anche discusse in tutta la loro irrisolta problematicità. Ad esempio: quell' «evidenza» cui spesso si richiama lo scrittore appare oggi adulterata, spesso irriconoscibile, frantumata in tante «evidenze» tra loro contraddittorie... Mi piace però concludere questo omaggio a La Capria ricordando come la sua singolare meditazione filosofica, affidata alla forma del racconto e del diario, conserva sempre qualcosa di intrepidamente giovanile, di aperto, di fortuito, di malinconico, di incline ad un «prezioso» fallimento, di non concluso.


“l'Unità”, ritaglio senza data, ma ottobre 2002

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