13.11.17

Tra il 25 luglio e l'8 settembre, una branda al Corriere. Un libro di Gaetano Afeltra (Nello Ajello)

Guido Piovene, "preciso e disciplinatissimo", riscriveva febbrilmente notizie d'agenzia. Dino Buzzati scriveva pezzi anonimi. Silvio Negro, vaticanista illustre, era "accorso da Roma per dare una mano". Michele Mottola e Gaetano Afeltra dormivano in due brande, al “Corriere”: era la loro "caserma". A Bruzzano, fuori Milano, era spuntata con miracolosa rapidità la "Solferino bis", una tipografia di emergenza. Era il corrispondente del “Corriere” a preannunziare i bombardamenti alleati: "Aerei stranieri sorvolano in questo momento la Svizzera dirigendosi verso il confine". Via Solferino avvertiva la prefettura, e istantaneamente "l' ululato delle sirene spingeva nelle cantine" i milanesi. In quei frangenti, il giornale era assai più che un giornale. Faceva parte delle istituzioni. Sopperiva alla loro latitanza. Puntellava quel poco che ne era rimasto.

I limiti imposti dal regime
Il periodo che intercorre fra il 25 luglio e l' 8 settembre del 1943, quel limbo drammatico della recente storia d' Italia già rievocato in centinaia di saggi storici, si arricchisce di una nuova testimonianza. S' intitola I 45 giorni che sconvolsero l'Italia (Rizzoli, pagg. 304, lire 29000). Sarà in libreria a giorni. L'ha firmata Gaetano Afeltra. L'aneddotica che circola in queste pagine è di un genere particolare: specialistica, autobiografica, professionalmente minuziosa. L'"osservatorio privilegiato" è - si è già capito - il “Corriere della Sera”. Afeltra vi aveva da poco iniziato la sua carriera, e veniva adibito alle mansioni più faticose e arrischiate. Il quotidiano milanese, come l'Italia intera, si trovava in bilico fra due regimi: ma nel suo caso l'imperativo "Tutti a casa!", che dominava in quei giorni, risultava impraticabile. In quelle stanze, la continuità con la democrazia prefascista s'imponeva. Occorreva risalire alle tradizioni della testata di Albertini, lungamente assopite nel clima ufficioso imposto dalle veline dell'agenzia Stefani, ma troppo illustri e incisive per scomparire. Giornalisti esuli da vent'anni da via Solferino, perseguitati dal regime, come Ettore Janni o Mario Borsa, e oppositori dignitosi e appartati come Filippo Sacchi, potevano assicurare una transizione difficile. Essa passava attraverso la destituzione di Aldo Borrelli - Afeltra lo definisce il "direttore galantuomo" - che era riuscito a mitigare il servilismo del “Corriere”, evitando i deliri encomiastici pur nei limiti imposti dal regime. Fu Sacchi a firmare, il 27 luglio, il primo articolo di fondo del "nuovo corso" (cominciava così: "L' Italia ieri ha sorriso...") e a figurare, come responsabile del “Corriere”, nei giorni successivi all'arresto di Mussolini. Poi, la scelta dei Crespi, proprietari del giornale, cadde inaspettatamente su Janni; i giornalisti del Corriere avevano invece optato in maggioranza per Borsa, dopo un'informale consultazione del neonato Comitato dei partiti antifascisti da parte di Montanelli e dello stesso Afeltra. Borsa sarà poi il primo direttore del Corriere all'indomani della Liberazione.
Quello che Afeltra "rilegge" in questo libro, sulle ali del ricordo, è uno smilzo foglio di emergenza: due sole pagine, che diventano quattro la domenica. È pieno di toppe bianche per gli interventi della censura, inattesi quanto casuali, che riflettevano il clima di confusione generale. Collaboratori del rango di Luigi Einaudi, ibernati dalla dittatura, riprendevano l'antico dialogo con i lettori. Ad altri, da Montanelli a Bartoli, non parve vero di raccontare il nuovo clima con animo spoglio da ogni retorica imposta. Fu un breve intervallo. L'epilogo dei quarantacinque giorni, con l'annunzio dell'armistizio, la goffa avvertenza "la guerra continua" e la fuga del re verso Pescara, sedò ogni entusiasmo, trasformando il caos in tragedia.
Il 9 settembre, il “Corriere” uscì listato a lutto, sormontato da una vistosa striscia nera. Sotto il titolo dedicato al proclama badogliano, un commento di afflato patriottico che cominciava così: "Quattro novembre 1918, otto settembre 1943, due date, due ricordi. Una gloria, una vergogna". Fu censurato. Il "grande caleidoscopio dei quarantacinque giorni, insieme assurdo e drammatico", si era concluso. Ancora alcune settimane e Via Solferino sarà "occupata" da uomini di vertice imposti dai fascisti di Salò. Nuove liste di proscrizione verranno emanate: comprenderanno - da Einaudi a Flora, da Bartoli a Montanelli, da Janni a Piovene, da Mario Borsa a Filippo Sacchi, da Adolfo Omodeo alla giovanissima Camilla Cederna - quei giornalisti del Corriere che, fra il 25 luglio e l' 8 settembre, avevano "sparlato" del regime mussoliniano. I fratelli Crespi, proprietari del quotidiano, vennero arrestati in autunno per la loro complicità con le direzioni Sacchi e Janni. Si preannunziava, intanto, la lotta partigiana.

Cronaca in presa diretta
Più che un libro di memorie, questo di Afeltra è una cronaca in presa diretta. Colorita, a tratti convulsa, quasi dettata "a braccio". L' epopea del Corriere - che Afeltra assapora come una madeleine - si sminuzza in una serie di personaggi solenni o patetici. Il rito si evolve in spettacolo. Anche per chi ha vissuto, o sfiorato, quei frangenti, le curiosità non mancano. Nel testo o in appendice, Afeltra ripubblica documenti, articoli, testimonianze magari proverbiali, ma ormai introvabili. Fra queste trouvailles, la serie di articoli che Vincenzo Talarico - un giornalista superdotato di humour e di fantasia - dedicò sul Messaggero, dopo il 25 luglio, alla relazione fra Mussolni e la Petacci. L' articolista si insinua nel talamo della "mediocre Maintenon" e del suo autorevole amante, che i Petacci - "gente puerilmente vanesia" - in famiglia chiamavano "Bibi". La serie, pubblicata anonima, venne erroneamente attribuita a Montanelli, contribuendo a determinarne l'arresto e alcune successive, pericolosissime traversie. Riletta oggi, quella prosa di Talarico colpisce per la sua spietata improntitudine. Su di essa si estende l'ombra di piazzale Loreto.


“la Repubblica”, 22 maggio 1993

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