20.1.18

Letteratura. Dalla maestrina Pedani a Sam Dunn: ginnastica e antiginnastica (Giorgio Boatti)

«Che non può un’alma ardita/ Se in forti membra ha vita?»: se, alla domanda dell’abate Parini, rispondete con ottimistico e sonoro consenso, avete già deciso da che parte schierarvi.
Accodatevi ai salutisti che seguono le orme scomposte di Bush, l’uomo più potente del mondo, costretto, da quanto è andato ad abitare alla Casa Bianca, a correre per continuare a rimanere la dove sta.
State con chi si sottopone a ferocissime diete, convinto - come lo era il buon capitano Pietro Verri, padre fondatore degli spioni italiani nonché grande assimilatore di tutti i dialetti arabi dal Mediterraneo ad Aden - che «nello stomaco vuoto lo spirito vigila».
Se v’intruppate in questa schiera vi meritate una bella maestra di ginnastica: se possibile la scultorea signorina Pedani che Edmondo De Amicis fa scattare con energetico slancio tra le pagine del suo Amore e ginnastica.
La Pedani («mai ne viene fatto il nome di battesimo» scrive Italo Calvino nella prefazione dell’edizione Einaudi, ma è solo una disattenzione visto che apprendiamo che si chiama Maria) è lombarda.
Alta e robusta giovane di ventisette anni, «larga di spalle e stretta di cintura», Flessuosa, Maestosa. Imperturbabile.
La sua levigata corporeità è come una freccia che, in ogni momento di ogni giorno, la buona salute scocca verso la bellezza.
Niente di volutamente sensuale, di ammiccante, di maliziosamente sottinteso in questa Brunilde che inconsapevole accende, in chi la intravede, devastanti furori erotici.
Basta un particolare trascurabile («il più bel braccio di donna che si vedesse nudo...») o un movimento improvviso («un balenare sopra gli stivaletti della bianchezza abbaglio come un raggio di sole») per incendiare le vite dei suoi ammiratori di un’algida fiamma.
Inutili incendi. Speranze mai investite, poiché la Pedani non ha amori. Né passeggeri cedimenti a sentimenti di qualsiasi genere.
Totale è la devozione all’unica passione della sua vita: la ginnastica.
S’intravede la Pedani passare nel libro di De Amicis «col vigore di una sacerdotessa ispirata, la vita consacrata ad un’idea, la sua gioventù come una lunga adolescenza severa, affrancata dai sensi, repugnante ad ogni specie di affettazione, purificata e fortificata».
Scorgendola così, già si dovrebbe capire come la faccenda andrà a finire: non solo per la Pedani. O per i suoi concittadini e conemporanei. Ma per tutti noi che siamo arrivati dopo.
A battere in ritirata - sotto 1 colpi menati dalle generazioni e generazioni di maestre della ginnastica che si sono succedute passando dalle scuole alle palestre, dalle cliniche della salute agli schermi televisivi - sono i nemici che la Pedani accusa con gelida ostilità.
Sono, spiega la Pedani, «professori acciaccosi a quarant anni come ottuagenari, appunto per aver troppo affaticato il sistema cerebrale a danno dei muscoli».
E poi «le madri di fanciulle senza carne e senza sangue, i padri di giovanetti che per eccesso delle fatiche della mente, cadono in consunzione, contraggono malattie cerebrali terribili, si abbandonano all'ipocondria e meditano il suicidio».
Per non parlare, più in generale, dei nemici della ginnastica, inerti e fiacchi per «la crescente facilità della locomozione e i raddoppiati comodi della vita».
Generazione misera, sfibrata e guasta verso la quale la Pedani s’indigna allora e s’indignerebbe ancor più oggigiorno urlando, con voce ancor più tonante, «Quale cecità! Quale insensatezza! Quale vergogna!».
Una volta conosciuta la maestra Pedani e la sua religione (anche nelle infinite reinterpretazioni a noi vicine) non sono ammessi agnosticismi di sorta. O ci si «pedanizza» definitivamente o ci si butta altrove.
Si girano le spalle alle maestre di ginnastica e si cerca al più presto un’altra strada.
Coi tempi che corrono, non è facile trovare vite e personaggi che dell’antisalutismo facciano allegra e dissennata bandiera senza ninnare nell’oblomovismo, senza sprofondare in voragini autodistruttive.
Da parte mia, so che l’esatto opposto di tutte le possibili Pedani esiste. Si chiama Sam Dunn ed è eroe che Bruno Corra, in anni futuristi, ha fissato in un suo memorabile libretto (Sam Dunn è morto, rieditato da Einaudi).

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Sam Dunn non è un salutista: «Fra mezzanotte e le tre aveva trangugiato tre litri di whisky, cinque bottiglie di champagne e ventisette tazze di caffè, insieme con una quindicina di dosi di oppio e hashish: tutto ciò fumando un centinaio di sigarette e aspirando frequentemente una boccetta di etere».
Altro che banale ginnastica per la manutenzione del corpo. Sam Dunn spara alto.
Accetta la scommessa più vertiginosa.
Vuole buttare la propria vita, comprensiva di corpo e di mente, nel grande Maelstrom dove ribolle e vortica l’energia che muove il mondo e scandisce il destino.
Non ha tempo da perdere.
Né legnose dignità da difendere.
Quando il barone Giulio, scoperta la tresca del nostro eroe con la consorte, lo aggredisce e lo butta più volte sul divano e quindi gli urla con voce strozzata «Vigliacco, voi avete paura!» Sam Dunn non si smentisce. Pallido, tremante, quasi piangente, dice con un filo di voce: «Bella scoperta!» e si arrovescia indietro svenuto.
In ben altra direzione sta andando a convogliare le energie, anziché dispiegarle per la salute del proprio corpo o l’onorata fama del suo nome. Sam Dunn giorno dopo giorno è preso dalla più difficile delle discipline: Quella - intensa e continua, metodica e stremante - di «distrarre quasi tutte le energie dall'ambiente in cui si svolge la vita di tutti, per concentrarle in una zona di realtà ancora sconosciuta, nella quale si è costretti a costruirsi passo per passo la strada su cui si cammina».
Parole apparentemente bisciose come un risvolto di copertina della Adelphi.
Ma. alla fine, Sam Dunn dimostra dove possa portare la sua metodica applicazione all’arte della manutenzione energetica.
Se la ginnastica è la sola possibilità intravista da chi crede di disporre, nella vita, solo dì un corpo, la via di Sam Dunn è la scoperta delle mille vite che stanno in ogni vita.
Non restauro di corpi, dunque. Né manciate di anni acchiappati al volo e incollati a decrepite esistenze. Ma, invece, tutta una metropoli che veleggia leggera in quell’irrealtà che Sam ha concentrato e catturato.
A Parigi, grazie all’antiginnastica di Sam Dunn, succede tutto. S’incrociano tutte le possibilità. La torre Eiffel germoglia: «il ferro si scosse, vibrò, si spaccò, cacciò fuori centinaia di rami immensi, dai quali uscirono a gruppi foglie di metallo».
Altri fatti scelti fra la cascata senza limiti provocata da Sam Dunn? «All’ambasciatore di Svezia, mentre passeggia, s’allungano le fedine di più che un metro.»
«Il capo del partito democratico della sinistra (sic!!) si rivolge all’enorme folla che lo segue e grida in un falsetto acutissimo, “Avanti, figli di Dio, conquistatemi un’Avana”».
Una macchina da caffè non riesce più a essere bloccata, allaga di espresso un bar vicino all’Hotel Lutetia e un bel tratto di strada. Muli pattinano e piccoli uccelli verdi si fiondano nella bocca di chi sta per sbadigliare».
Si potrebbe continuare a lungo.
Ma - se avete scelto di accordarvi a Sam Dunn - non potete vivere troppo delle fatiche altrui.

La ginnastica della mente, quella che nessuna maestrina Pedani potrebbe mai approvare, ve la dovete fare da voi. Senza dover bussare alla porta di qualche palestra né raccattare attrezzi, la potete iniziare quando volete. Anche ora.

"il manifesto - la talpagiovedì", 23 maggio 1991

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