«Che non può un’alma
ardita/ Se in forti membra ha vita?»: se, alla domanda dell’abate
Parini, rispondete con ottimistico e sonoro consenso, avete già
deciso da che parte schierarvi.
Accodatevi ai salutisti
che seguono le orme scomposte di Bush, l’uomo più potente del
mondo, costretto, da quanto è andato ad abitare alla Casa Bianca, a
correre per continuare a rimanere la dove sta.
State con chi si
sottopone a ferocissime diete, convinto - come lo era il buon
capitano Pietro Verri, padre fondatore degli spioni italiani nonché
grande assimilatore di tutti i dialetti arabi dal Mediterraneo ad
Aden - che «nello stomaco vuoto lo spirito vigila».
Se v’intruppate in
questa schiera vi meritate una bella maestra di ginnastica: se
possibile la scultorea signorina Pedani che Edmondo De Amicis fa
scattare con energetico slancio tra le pagine del suo Amore e
ginnastica.
La Pedani («mai ne viene
fatto il nome di battesimo» scrive Italo Calvino nella prefazione
dell’edizione Einaudi, ma è solo una disattenzione visto che
apprendiamo che si chiama Maria) è lombarda.
Alta e robusta giovane di
ventisette anni, «larga di spalle e stretta di cintura», Flessuosa,
Maestosa. Imperturbabile.
La sua levigata
corporeità è come una freccia che, in ogni momento di ogni giorno,
la buona salute scocca verso la bellezza.
Niente di volutamente
sensuale, di ammiccante, di maliziosamente sottinteso in questa
Brunilde che inconsapevole accende, in chi la intravede, devastanti
furori erotici.
Basta un particolare
trascurabile («il più bel braccio di donna che si vedesse nudo...»)
o un movimento improvviso («un balenare sopra gli stivaletti della
bianchezza abbaglio come un raggio di sole») per incendiare le vite
dei suoi ammiratori di un’algida fiamma.
Inutili incendi. Speranze
mai investite, poiché la Pedani non ha amori. Né passeggeri
cedimenti a sentimenti di qualsiasi genere.
Totale è la devozione
all’unica passione della sua vita: la ginnastica.
S’intravede la Pedani
passare nel libro di De Amicis «col vigore di una sacerdotessa
ispirata, la vita consacrata ad un’idea, la sua gioventù come una
lunga adolescenza severa, affrancata dai sensi, repugnante ad ogni
specie di affettazione, purificata e fortificata».
Scorgendola così, già
si dovrebbe capire come la faccenda andrà a finire: non solo per la
Pedani. O per i suoi concittadini e conemporanei. Ma per tutti noi
che siamo arrivati dopo.
A battere in ritirata -
sotto 1 colpi menati dalle generazioni e generazioni di maestre della
ginnastica che si sono succedute passando dalle scuole alle palestre,
dalle cliniche della salute agli schermi televisivi - sono i nemici
che la Pedani accusa con gelida ostilità.
Sono, spiega la Pedani,
«professori acciaccosi a quarant anni come ottuagenari, appunto per
aver troppo affaticato il sistema cerebrale a danno dei muscoli».
E poi «le madri di
fanciulle senza carne e senza sangue, i padri di giovanetti che per
eccesso delle fatiche della mente, cadono in consunzione, contraggono
malattie cerebrali terribili, si abbandonano all'ipocondria e
meditano il suicidio».
Per non parlare, più in
generale, dei nemici della ginnastica, inerti e fiacchi per «la
crescente facilità della locomozione e i raddoppiati comodi della
vita».
Generazione misera,
sfibrata e guasta verso la quale la Pedani s’indigna allora e
s’indignerebbe ancor più oggigiorno urlando, con voce ancor più
tonante, «Quale cecità! Quale insensatezza! Quale vergogna!».
Una volta conosciuta la
maestra Pedani e la sua religione (anche nelle infinite
reinterpretazioni a noi vicine) non sono ammessi agnosticismi di
sorta. O ci si «pedanizza» definitivamente o ci si butta altrove.
Si girano le spalle alle
maestre di ginnastica e si cerca al più presto un’altra strada.
Coi tempi che corrono,
non è facile trovare vite e personaggi che dell’antisalutismo
facciano allegra e dissennata bandiera senza ninnare
nell’oblomovismo, senza sprofondare in voragini autodistruttive.
Da parte mia, so che
l’esatto opposto di tutte le possibili Pedani esiste. Si chiama Sam
Dunn ed è eroe che Bruno Corra, in anni futuristi, ha fissato in un
suo memorabile libretto (Sam Dunn è morto, rieditato da
Einaudi).
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Sam Dunn non è un
salutista: «Fra mezzanotte e le tre aveva trangugiato tre litri di
whisky, cinque bottiglie di champagne e ventisette tazze di caffè,
insieme con una quindicina di dosi di oppio e hashish: tutto ciò
fumando un centinaio di sigarette e aspirando frequentemente una
boccetta di etere».
Altro che banale
ginnastica per la manutenzione del corpo. Sam Dunn spara alto.
Accetta la scommessa più
vertiginosa.
Vuole buttare la propria
vita, comprensiva di corpo e di mente, nel grande Maelstrom dove
ribolle e vortica l’energia che muove il mondo e scandisce il
destino.
Non ha tempo da perdere.
Né legnose dignità da
difendere.
Quando il barone Giulio,
scoperta la tresca del nostro eroe con la consorte, lo aggredisce e
lo butta più volte sul divano e quindi gli urla con voce strozzata
«Vigliacco, voi avete paura!» Sam Dunn non si smentisce. Pallido,
tremante, quasi piangente, dice con un filo di voce: «Bella
scoperta!» e si arrovescia indietro svenuto.
In ben altra direzione
sta andando a convogliare le energie, anziché dispiegarle per la
salute del proprio corpo o l’onorata fama del suo nome. Sam Dunn
giorno dopo giorno è preso dalla più difficile delle discipline:
Quella - intensa e continua, metodica e stremante - di «distrarre
quasi tutte le energie dall'ambiente in cui si svolge la vita di
tutti, per concentrarle in una zona di realtà ancora sconosciuta,
nella quale si è costretti a costruirsi passo per passo la strada su
cui si cammina».
Parole apparentemente
bisciose come un risvolto di copertina della Adelphi.
Ma. alla fine, Sam Dunn
dimostra dove possa portare la sua metodica applicazione all’arte
della manutenzione energetica.
Se la ginnastica è la
sola possibilità intravista da chi crede di disporre, nella vita,
solo dì un corpo, la via di Sam Dunn è la scoperta delle mille vite
che stanno in ogni vita.
Non restauro di corpi,
dunque. Né manciate di anni acchiappati al volo e incollati a
decrepite esistenze. Ma, invece, tutta una metropoli che veleggia
leggera in quell’irrealtà che Sam ha concentrato e catturato.
A Parigi, grazie
all’antiginnastica di Sam Dunn, succede tutto. S’incrociano tutte
le possibilità. La torre Eiffel germoglia: «il ferro si scosse,
vibrò, si spaccò, cacciò fuori centinaia di rami immensi, dai
quali uscirono a gruppi foglie di metallo».
Altri fatti scelti fra la
cascata senza limiti provocata da Sam Dunn? «All’ambasciatore di
Svezia, mentre passeggia, s’allungano le fedine di più che un
metro.»
«Il capo del partito
democratico della sinistra (sic!!) si rivolge all’enorme folla che
lo segue e grida in un falsetto acutissimo, “Avanti, figli di Dio,
conquistatemi un’Avana”».
Una macchina da caffè
non riesce più a essere bloccata, allaga di espresso un bar vicino
all’Hotel Lutetia e un bel tratto di strada. Muli pattinano e
piccoli uccelli verdi si fiondano nella bocca di chi sta per
sbadigliare».
Si potrebbe continuare a
lungo.
Ma - se avete scelto di
accordarvi a Sam Dunn - non potete vivere troppo delle fatiche
altrui.
La ginnastica della
mente, quella che nessuna maestrina Pedani potrebbe mai approvare, ve
la dovete fare da voi. Senza dover bussare alla porta di qualche
palestra né raccattare attrezzi, la potete iniziare quando volete.
Anche ora.
"il manifesto - la talpagiovedì", 23 maggio 1991
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