24.2.18

Il caso Céline. Mea culpa, mea minima culpa (Giampiero Mughini)


Scrittore proibito: quale fu il vero peccato di Céline? Essere antiborghese, anticomunista o antisemita? Ma poi: fu veramente un grande scrittore?

Tanto secco e acuminato quanto Bagatelle per un massacro era ridondante e farraginoso, il Mea culpa del ’37, adesso tradotto in italiano dalla Guanda (in un volume unico assieme al posteriore Les beaux draps), è il pamphlet più importante di Louis-Ferdinand Céline, quello che segna il passaggio del grande scrittore francese all’antisemitismo e alla successiva «tentazione fascista».
La casa editrice milanese sfida così nuovamente il veto di Lucette Almanzor, vedova Céline, a pubblicare i pamphlets, veto valido in tutto il mondo e che è già costato alla Guanda il sequestro di Bagatelle per un massacro, non prima di averne venduto 4500 copie. Il sequestro sta per scattare anche per questo secondo libro. Céline rimarrà così un autore dimezzato, perché leggibile solo nei romanzi e non in quei pamphlets che documentano le grandezze e le miserie del suo tragitto ideale. Con gran gioia dei librai antiquari: a Parigi, una copia dell’edizione del Les beaux draps, uscito da Denoel nel '41, è stata pagata 750 mila lire.
Mea culpa, pubblicato nel marzo ’37, è il risultato del viaggio in Urss compiuto da Céline nel settembre ’36 allo scopo di consumarvi i diritti d’autore del Viaggio al termine della notte, pubblicato in Francia nel ’32, che era stato tradotto in russo da Elsa Triolet.
Il Viaggio aveva reso Céline prediletto a sinistra. Lev Trockij, esule in Francia, gli aveva dedicato un celebre saggio. Nel secondo volume delle sue memorie, Simone De Beauvoir annota: «Il libro che contò di più per noi, quell’anno, fu il Viaggio al termine della notte di Céline. Ne sapevamo a memoria un sacco di passaggi. Il suo anarchismo ci sembrava molto vicino al nostro (...) Céline aveva forgiato uno strumento nuovo: una scrittura viva come la parola. Che liberazione, dopo le frasi marmoree di Gide, Alain, Valéry! Sartre la prese a modello».
L’amico di Sartre e suo compagno di studi universitari, Paul Nizan, parlò in termini altamente elogiativi del romanzo di Céline sul quotidiano del Pcf.
Il rifiuto del sistema, l’anarchismo, il pacifismo, la critica sprezzante della borghesia, tutti tratti costitutivi del Viaggio, erano valori molto quotati alla borsa della sinistra. Céline non li rinnegherà mai, né dopo il viaggio in Urss né dopo il traghettamento sulla sponda del collaborazionismo filohitleriano. In Urss era difatti andato a cercare un paese dove la borghesia fosse stata fatta a ragù e i «padroni» presi a calci.
Scrive Céline, nel bruciante avvio di Mea culpa: «I padroni, che schiattino! All’istante! Putridi rifiuti! Tutti insieme, o uno alla volta! Ma subito! Subitissimo! In quattro e quattr’otto! Neanche un secondo di pietà! Di morte atroce o soave! Me ne fotto! Ah, non sto nella pelle! Soldi per salvarli, tutta quanta la razza, non ce n’è più! Al carnaio, sciacalli! Nei tombini! Perché stare a gingillarsi? Han mai rifiutato, quelle belve!, un solo povero ostaggio a Re Profitto?».
Invece di trovare la festa gioiosa di proletari finalmente liberati, Céline trova quella che giudica una lugubre caserma e che descrive in termini fulminanti, quali non verranno mai raggiunti da nessun altro viaggiatore occidentale: al confronto, il celebre Ritorno dall’Urss di André Gide, pubblicato pochi mesi prima, appare come una raccolta di cartoline illustrate.
La delusione è grande, e lo rende célinianamente furente. Scrive a un’amica, nell’ottobre ’36: «Sono tornato dalla Russia, che orrore! Che bluff ignobile! Che sudicia stupida storia! Come tutto questo è grottesco, teorico, criminale! Insomma!». Da quella delusione scatta un’equazione, «comunismo» = «giudaismo», che sarà mefitica per Céline. Un’equazione cui darà corpo nelle Bagatelle per un massacro, del dicembre 1937, dove sono tuttavia stupende le cento pagine che ricordano personaggi e momenti del viaggio in Urss.
Si fissa così, per sempre, la povera e allucinata ideologia di Céline. Avevano concorso a formarla la delusione per non avere vinto il Goncourt del ’32 («un premio ebraizzato», scrisse), la rottura sentimentale con Elizabeth Craig (divenuta la compagna di un ricco ebreo americano), il suo bisogno di vivere nell'estremo.
Quanto poi al rapporto tra l'uomo e le idee che professava, valga quest'episodio. Nel 1938, in Normandia, durante le vacanze estive, incappò in un'amica ebrea conosciuta a Vienna: si precipitò ad abbracciarla. Quella rimasta immobile, Céline arrossì e si allontanò.

Europeo, 3 Maggio 1982

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