La più bella
trasmissione dell'ultimo week-end? Per me, non ci sono dubbi: La
grande boxe di Canale 5, dove Rino Tommasi ha commemorato
degnamente, sabato sera, la figura e l' arte del grande, grandissimo
Ray Sugar Robinson. Rino Tommasi ha fatto vedere e capire molte
immagini, poche parole appropriate perché consideriamo questo
valoroso, elegantissimo negro morto tristemente pochi giorni fa il
più grande pugile di tutti i tempi. Dall'esordio a vent' anni, nel
1940. Lo stesso anno in cui Chaplin fa Il Dittatore (che
RaiTre ha opportunamente riproposto, domenica sera, nel centenario
della nascita di Charlot). E sono due gesti di libertà diversi,
diversamente efficaci.
Con Il Dittatore,
Charlot annuncia che i piccoli omini di tutto il mondo sanno mancare
di rispetto agli omoni che fanno la voce grossa. Con il pugilato, e
con il jazz, i negri d'America hanno saputo imporre un certo rispetto
(non quanto basta: un certo rispetto) anche ai bianchi più riottosi.
Non siamo degli esseri inferiori. Sappiamo suonare, e ballare e
boxare come voi. Meglio di voi.
Ray Sugar Robinson è
stato un grande pugile, ma anche un buon cantante; ma anche un
eccellente ballerino. Ritiratosi una prima volta, nel 1952, dopo il
fallito tentativo di conquistare anche il titolo dei mediomassimi,
per due anni e mezzo andò in giro per il mondo: suonando danzando e
cantando. Tornò sul ring per restarci fino al 1965, affrontando
delle vere e proprie rocce: Carl Bobo Olson, Gene Fullmer, Carmen
Basilio. Sgretolandole una alla volta, mandandole in pezzi. Non con
la forza soltanto. La forza non serve a molto nel pugilato. Con la
mobilità, la coordinazione, la leggerezza di piede, la prontezza di
riflessi. Con l'intelligenza: che nel pugilato serve moltissimo.
Il pugilato è uno sport
bellissimo. È certamente violento; ma serve anche ad estrovertere, a
sublimare la violenza selvaggia. Quella che è esplosa a Sheffield in
Inghilterra sabato pomeriggio. E che ha scoppiettato nei nostri stadi
anche domenica. Alla fine di ogni incontro, i due pugili si
abbracciano: ed è un abbraccio vero, sincero, anche se si sono
odiati e magari massacrati per quindici riprese sul ring. Si
abbracciano convinti perché sanno di aver partecipato ad un rito più
grande di loro. Hanno espresso e al tempo stesso esorcizzato la
violenza che avevano dentro (che abbiamo dentro) imbrigliandola
dentro regole severe. Ed umane.
Mi dispiace che la
televisione di stato non abbia saputo far nulla di significativo in
questa circostanza. Lasciando a Canale 5 ed a Rino Tommasi
(bravissimo, come sempre) l'onere e l'onore di ricostruire un tratto
significativo della nostra civiltà: sportiva e non. So bene che
chiediamo troppe cose alla nostra Rai-Tv. Le chiediamo sempre tutto.
Qualche volta troppo. Ma questa volta mi permetto di insistere. So di
chiedere cose che la Rai-Tv ha dimostrato di saper fare. Lo dimostra
anzi ogni giorno. Per esempio, con Zuppa e noccioline. L'
intelligente trasmissione che ogni pomeriggio alle 18,05 (RaiUno) ci
accompagna in un viaggio attraverso l' America con il cinema dei
grandi comici. È lì che abbiamo visto nei giorni passati i pugni
scherzosi, semiseri di Charlot a riscontro dei pugni seri, degli
avvenimenti seri e tragici della storia americana recente. Sarebbe
piaciuto a me (non a me soltanto) che la nostra Rai-Tv ci avesse
presentato utilizzando i suoi ricchissimi archivi la bellissima
storia di Ray Sugar Robinson facendola entrare in combinazione, in
comunicazione con i fatti della storia politica, sociale, letteraria
americana. Anche letteraria: perché no? C' è stato un giorno in cui
Ernest Hemingway ha tentato di imprigionare il coraggio e lo stile in
una formula. La formula è felice: Grace under pressure. La
capacità di conservare una dignitosa leggerezza, una consapevolezza,
una grazia, anche sotto la pressione dell'attacco dell'avversario; o
del destino avverso.
Sabato sera ne La Grande Boxe di Rino
Tommasi, abbiamo visto questa formula hemingwayana in azione. È
stato durante il sesto ed ultimo incontro di Robinson con Jack La
Motta. Chicago, 14 febbraio 1951. L' indomito Toro scatenato mette
Robinson alle corde e lo bombarda selvaggiamente. È la pressione.
Robinson reagisce come può. Poi d'improvviso esce dall'assedio ed
ecco che sgancia (si dice in gergo) uno due tre colpi: con lo stesso
pugno, con lo stesso braccio, dalla stessa spalla. È la grazia. Che
non viene dal cielo. Robinson si era preparato a quell'incontro
correndo all'indietro (all'indietro) per miglia e miglia. Per essere
pronto ad arretrare sempre, quando necessario, ma senza disperare. Ed
a scattare, non appena possibile, di nuovo all'attacco. A Rino
Tommasi: grazie.
Ray Sugar Robinson contro Jack La Motta |
“la Repubblica”, 18
aprile 1989
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