Natale a Milano nel 1943,
nella casa sguarnitissima di mia sorella maggiore sfollata con i
bambini in Valtellina. Siamo la mamma, io, mia sorella Luisa e
un'amica ebrea, che, tinti i capelli in biondo platino e cambiato il
nome, vive con noi. Atmosfera tesissima, perché il 18 dicembre è
stato ucciso a rivoltellate per la strada il commissario federale del
fascio Aldo Resega, quindi per rappresaglia hanno fucilato all'Arena
otto detenuti politici. Un freddo tremendo, uno scambio di lettere
tra noi e la sorella lontana, intermediario il marito di un'ex
modista che deve venire ogni giorno a Milano. "La mamma gira per
casa con tre paia di mutande, il vestito di lana, due golf, e, sopra,
la fodera d'orsetto della pelliccia del nonno, a mo' di caffettano
senza maniche", scriviamo in Valtellina. Eppure il Natale
vogliamo in certo modo festeggiarlo; la vigilia tutti a fare il bagno
nelle vecchie terme di via Annunciata, perché il nostro scaldabagno
è inutile, dato che il gas non c'è. Alle terme il bagno è bello
caldo, ma al momento giusto la bagnina ci butta dentro una manciata
di fanghiglia grigiastra di odore antipatico: sono bagni medicati,
lei dice, quelli semplici non si possono fare più. Amen.
Dunque l'amica che è
andata a Voghera per racimolare un po' di farina, ci porta molte
fronde di alloro e pungitopo con le bacche rosse, e le camere
disadorne cominciano ad assumere un'aria di festa. I regali? La
sorella sfollata ci manda del sale fatto con i sali salsobromoiodici
di Montecatini, bolliti in bacili di rame per far evaporare il bromo
e lo iodio, e poi guanti di lana di pecora da mettersi al letto se si
vuol leggere prima di dormire e anche un pollo ("Grazie,
grazie", le scriverà la mamma, "in confronto a quelli di
Milano, il tuo è un megaterio". E qualche biscotto, la
marmellata di mirtilli. Un conoscente che ci vuole bene e, comperati
due maiali in campagna nascosti in un orribile locale di Affori da
gente che li nutre come può, ci manda un bel po' di lardo e due
salsicce (non è previsto però il drammatico seguito: rimasto solo,
l'altro maiale si deprime e quando sempre più affamati i nostri
amici vanno a visitarlo si trovano davanti una bestia dimezzata e con
l'occhio lacrimoso).
Per via della borsa nera
ci arrivano delle sigarette e delle scarpe corazzate comprate da una
simpatica portinaia di via Monte Napoleone, sempre sorridente e
sempre in vestaglia. Avremo anche patate; quindi il Natale con
l'amica che non esce mai e due allegri cugini diventa quasi una festa
con finale di "Radio Londra", preceduta dalle note della
quinta di Beethoven che dice esattamente il contrario di quanto è
scritto sui nostri giornali ma tutti a casa prima delle 8, perché in
seguito ad alcuni attentati a fascisti e militari tedeschi il
coprifuoco è stato "anticipato alle venti e sarà passato per
le armi chi si trova in strada a quell'ora". La tessera del
tabacco dà diritto a tre sigarette e un sigaro al giorno. Ai muri
manifesti con uomini e donne e tutti festanti salutano da un treno in
corsa. E sotto: "Per dove parte questo treno allegro? Sono
uomini e donne di tutte le regioni dell'Italia settentrionale partiti
il 5 dicembre con destinazione Germania. Hanno capito che lavorare in
Germania significa: star bene e poter mantenere decorosamente i loro
cari in patria!".
Tra gli annunci economici
un lapsus freudiano: "Cercasi ragazzino seminterrato" e per
fortuna si tratta di magazzino. Sono tempi in cui dei manifestini
sgrammaticati vengono lanciati da auto in corsa che promettono lire
1.800 a chi denuncia il nascondiglio di prigionieri anglo-americani.
Mentre il morale dei militari tedeschi è tutt'altro che alto, molte
reclute sono giovanissime e infatti cantano una canzone che descrive
l'Italia come un luogo "dove il Duce governa senza paese e senza
potenza - dove i partigiani non danno pace - dove la notte in ogni
angolo si spara e si strepita - dove ogni notte ci saltano le rotaie
- dove le lettere arrivano dopo settimane - al diavolo questo
maledetto paese - tutti i tedeschi gridano in coro: non lasciarci
qui, Fuhrer - prendici in patria nel Reich!".
“la Repubblica”, 24
dicembre 1985
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