Se i fashion blogger
vi sembrano una fatua deriva del mondo digitale a dispetto dei
fatturati a sei zeri che alcuni di loro generano, e la smania di
postare selfie con il look del giorno un sottoprodotto della società
dell’apparire, è perché non avete ancora incontrato Matthäus
Schwarz e il suo Trachtenbuch. Un “libro dei vestiti”, in
cui questo contabile tedesco del Cinquecento, sodale dei celeberrimi
mercanti Fugger, si fece ritrarre ogni volta in cui sfoggiava un
nuovo abito, tenendo nota dell’occasione e aggiungendovi qualche
dettaglio autobiografico.
Centotrentasette vignette
a pennino e acquerello raccolte in un libriccino in pergamena di
sedici per dieci centimetri, eseguite lungo un arco di tempo di oltre
quarant’anni a partire dal 1520: l’equivalente rinascimentale di
un lungo, e costosissimo, account instagram. Non a caso,
Bloomsbury Publishing lo pubblica solo ora per la prima volta in
forma completa, liberandolo dal geloso riserbo in cui gli storici del
costume lo hanno secretato per centinaia di anni e dimostrando, con
un’edizione sontuosa, che i BryanBoy e i Giacomo Berardi con i loro
cellulari sempre accesi sono dei dilettanti rispetto a Schwarz. Più
di cinquecento anni fa questo ragazzo dalle lunghe gambe sottili
combinava infatti tessuti e fogge come loro non sapranno mai anche
per l’oggettiva difficoltà di farlo in una società che ne
limitava al possesso a seconda del rango, ma che, esattamente come
loro, sapeva servirsi dell’apparenza per farsi largo nel mondo.
«In questo 20 febbraio
del 1520 io, Matthäus Schwarz di Augusta, ho appena compiuto 23 anni
e questo è il mio volto. Mi è sempre piaciuto parlare con persone
più anziane di me, (…), anche su argomenti come l’abbigliamento,
che cambia quotidianamente. Talvolta mi hanno mostrato disegni di
abiti che hanno indossato 40 o 50 anni fa, e che mi hanno molto
stupito (…) farò lo stesso, per capire che cosa sarà dello stile
del vestirsi fra 5, 10 o più anni». L’acquerello che accompagna
il testo mostra un giovane dal volto allungato ma piacevole con una
ricca camicia bianca e un farsetto di broccato rosso in tinta. È il
primo abito riprodotto, intestato come un glifo sul manifesto
programmatico, ed è anche l’unico non accuratamente descritto da
questo libriccino che è al tempo stesso trattato vestimentario e
autobiografia.
Da bravo suddito di
Massimiliano I, Matthäus segue fedelmente le indicazioni
dell’imperatore, che nel romanzo cavalleresco Der Weisskunig,
invita ogni uomo a lasciare traccia del proprio passaggio sulla
terra. Quella di Matthäus mostra anche un’insopprimibile vanità e
una passione per lo sfarzo tenuta faticosamente a freno dalle leggi
suntuarie che, all’epoca, sono molto rigide: non gli è permesso di
indossare brache riccamente decorate, appannaggio della nobiltà? E
lui arricchisce le maniche del farsetto e della veste con un trionfo
di tiracche «bordate di taffetta», come nel magnifico abito «in
seta e velluto rosso» sfoggiato in occasione del matrimonio di
Antonio Fugger, il 4 marzo 1527.
In quegli stessi anni, a
poche centinaia di chilometri, Martin Lutero ha pubblicato il De
servo arbitrio in risposta ad Erasmo e il Libro della messa,
e governa come meglio può gli attacchi di Roma e le derive
estremiste dei suoi seguaci, ma Matthäus sfoggia sempre al collo un
rosario con il crocifisso e ogni possibile insegna papale. I Fugger
sono i banchieri del Vaticano, i finanziatori della Guardia Svizzera
Pontificia, e il loro fidato contabile mostra chiaramente di non
voler perdere i privilegi acquisiti per seguire un prete di campagna.
Affida un centinaio di ritratti a un pittore locale, Narziss Renner,
che ne esegue una buona parte a memoria e su sua indicazione: il
primo lo ritrae infatti e addirittura come una morbida curvatura
sotto la veste in broccato e pelliccia della madre incinta, nel 1496.
Il Trachtenbuch
segue l’infanzia di Matthäus, il suo primo Carnevale nell’ anno
1504, nel costume a righe di paggio del conte von der Rosen («da me
non cavò niente di buono», si duole), gli studi di teologia
interrotti per dichiarata, quasi divertita incapacità, e quelli
contabili abbracciati con entusiasmo, le prime “vasche” dei dì
di festa adolescenziali in brache di seta a strisce bianche e nere,
giustacuore in seta e borsello a forma di cuore al fianco. Per
Matthäus, la moda che in quegli anni fatica ancora a essere definita
tale ma che già le poesie dileggiano (La nave dei pazzi,
bestseller del 1494, fa a pezzi «i dandy effeminati» che rifiutano
di portare la barba per «arricciarsi i capelli con la chiara
d’uovo»), è espressione di riuscita professionale ma anche
simbolo e metafora di idee, posizioni politiche, e soprattutto
presenza ai grandi eventi del suo tempo.
Come un qualunque blogger
di oggi, ma con un intento che supera la mera ricerca di sponsor dei
nostri contemporanei, non manca mai agli eventi importanti, e studia
con attenzione le pose più efficaci per farsi ritrarre, ispirandosi
ai quadri famosi dell’epoca. Nel 1515 è a Milano, apprendista
contabile in quella che è considerata una delle principali piazze
finanziarie, e in memoria della battaglia di Marignano, dove sposa la
causa francese accanto ai Visconti di cui è entrato nell’orbita,
si fa ritrarre ex post in una tenuta equestre, di gusto Valois anche
nella scelta della «lana a righe blu e gialle» invece della seta.
È compiaciuto di sé, ma
è anche onesto: non finge, non occulta, ma anzi accetta di farsi
ritrarre nei tratti e nel peso che, con gli anni e una dieta molto
ricca, inevitabilmente cambiano. Ne dà addirittura testimonianza in
un nudo frontale e di terga da far impallidire Michael Fassbender: «1
luglio 1526. Questa è la mia figura correttamente rappresentata da
dietro. Sono diventato grasso e tondo…E questa è la mia figura di
fronte. I tratti del volto (sic) sono colti con accuratezza». Il
figlio, Veit Konrad, tenterà di seguirne le orme, ma il suo
Trachtenbuch, incompiuto, non mostra la metà dell’arguzia del
padre. Blogger di successo si nasce.
Pagina 99, 26 marzo 2016
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