1.4.18

Noi alunni del Sole (Italo Calvino)

Italo Calvino

Anche se non lo si può fissare a occhio nudo, il Sole possiamo conoscerlo bene; meglio della Terra, la cui osservazione non si spinge al di là d’un livello ben superficiale. Possiamo e dobbiamo conoscerlo: quale oggetto merita una conoscenza approfondita più del Sole? Per questo il volumetto di Giovanni Godoli intitolato Il Sole, sottotitolo: Storia di una stella (Einaudi, Pbe, 1982), che si legge in tre ore e che tutti possono leggere, è un’occasione da non perdere. Giovanni Godoli, professore di Fisica Solare a Firenze, dà tutti i fatti essenziali senza usare una formula, e comunica il piacere della terminologia precisa e della precisa nozione di ciò che si sa e di ciò che non si sa ancora.
Dalle prime pagine il libro ci immette nel Sole come nel nostro habitat insostituibile, per tutte le ragioni che crediamo di sapere e per quelle a cui non pensiamo mai. Tra le prime c’è il fatto che tutta la nostra esistenza dipende da lui, direttamente o indirettamente, i nostri cibi vegetali o animali, l’energia immagazzinata milioni d’anni fa o solo ieri, e che non è se non una parte minima dell’energia solare che investe la Terra e che ancora non sappiamo utilizzare. («È invece indipendente dal Sole l’energia nucleare. Ma quanto è discussa la sua utilizzazione!»). Tra le seconde c’è il fatto che noi viviamo dentro il Sole: «La Terra è praticamente immersa nel Sole, o, meglio, nella regione più tenue della sua atmosfera che continuamente fluisce verso lo spazio interstellare costituendo ciò che con suggestiva espressione viene chiamato vento solare».
Quest’affermazione, contenuta nel primo capitolo, viene poi ridimensionata nel secondo, in quanto la corona solare — che già alla superficie dell’astro ha una densità mille volte più bassa di quella dell’atmosfera terrestre, — alla distanza in cui ci troviamo è talmente più tenue che la nostra atmosfera risulta dieci miliardi di miliardi di volte più densa; dunque, siamo sì immersi dentro il Sole, ma ne siamo anche separati da una corazza compatta e durissima: l’aria.
Ho detto che Godoli ha il gusto della terminologia: dirò di più, ha il senso del rapporto tra il lessico del linguaggio corrente e quello scientifico, e si direbbe che non abbordi il secondo se non dopo aver esplorato tutte le potenzialità del primo. Come in questo passo: «Nel linguaggio corrente, non scientifico, si usano vari termini, alcuni come sinonimi, per indicare il fatto che una sorgente emette radiazione elettromagnetica. Si dice, fra l’altro, che una sorgente brilla, fulge, illumina, irradia, è luminosa, rifulge, riluce, risplende, splende, e si dice che una sorgente è più o meno brillante, fulgente, illuminante, intensa, irradiante, luminosa, rifulgente, rilucente, risplendente, splendente di un’altra. Nel linguaggio scientifico si tende invece a fare ordine e a dare un significato preciso ad alcuni di questi termini abbandonando gli altri». Dopo questo sontuoso commiato dal linguaggio corrente, l’operazione semplificatrice della scienza s’impone nella sua drastica economia linguistica, stabilendo la definizione precisa di «potenza», «luminosità», «irraggiamento». E ci si apre allora, al di là dello splendore, fulgore, ecc. ecc. del Sole abbagliante, una nuova ricchezza, lessicale: facole, spiculae, brillamenti, protuberanze, per non dire delle macchie, nelle quali c'è un’«ombra» (zona centrale più oscura) e una «penombra» con filamenti radiali tutt'intorno.
In virtù di queste osservazioni di fenomeni (o di queste parole?) ecco che il Sole prende consistenza, rivela la sua sostanza granulosa. («La granulazione fotosferica è costituita da elementi brillanti, di forma poligonale... I granuli hanno un diametro di circa 1000 km... Si formano, giungono alla massima brillanza e pòi si dissolvono nel giro d’ una decina di minuti»).
L’effimero, il discontinuo, il cangiante, il polimorfo sono qualità intrinseche della natura del Sole: per questo egli è molto più permeabile alla nostra conoscenza di quel che un malinteso rispetto umano supponeva. Soltanto molto tardi, ai tempi di Galileo, gli uomini hanno compreso che il Sole non era un assoluto immutabile e incorruttibile, ma un corpo vivente in continuo processo, coi suoi ritmi, i suoi sonni, i suoi risvegli. Il Sole è pronto a dirci molto di sé e del suo interno, ma non tutto, almeno finora: tra i capitoli più pregnanti del libro ci sono quelli sulle ricerche ancora aperte, come sul mistero dei neutrini (in teoria ne dovrebbero arrivare sulla Terra molti di più di quelli che ne arrivano) e naturalmente sull’avvenire che attende il Sole tra cinque miliardi di anni: «gigante rosso», «nana bianca», «buco nero», «stella a neutroni»? Tra tutti i futuri il più difficile da immaginare è quello di «nana bianca», «in cui la materia, pur non essendo né allo stato gassoso né allo stato liquido, non è neppure allo stato solido».
È inutile che tenti più a lungo dì raccontare il libro attraverso le mie impressioni di profano: dirò solo dei raggi solari che una serie di chiarissime fotografie scattate in occasione di eclissi totali ci rappresentano non dissimili da come appaiono nei disegni dei bambini, ma distribuiti irregolarmente, più rilevanti i raggi «polari» e quelli «equatoriali» e i «pennacchi» obliqui, come in certe capigliature ispide e ribelli al pettine.
Uno degli ultimi capitoli è sul «vento solare» che ci investe con un flusso di particelle che si muovono a spirale e arrivano fino a Plutone e oltre, là dove questo vento si scontra col gas interstellare: un'immagine dello spazio che ci mostra come il vuoto sia un’idea da intendere in senso relativo. Investita dal vento solare, la Terra è contenuta nella cavità del suo campo magnetico, la «magnetosfera». Il nostro clima e la nostra sopravvivenza si giocano su queste frontiere che sono le fasce di Van Allen, dove le aurore boreali e australi sventolano i loro colorati drappeggi alle raffiche di particelle provenienti dal Sole o dalla Terra. Nel 1962, prima che gli scoppi delle bombe nucleari nello spazio fossero messi al bando, uno di questi esperimenti provocò in quella zona un’alterazione che durò diversi anni; la prossima volta è meglio stare attenti.

“la Repubblica”, ritaglio senza data, ma 1982

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