100 anni fa esatti
sull'edizione piemontese dell'“Avanti!” comparve questo articolo
firmato Antonio Gramsci che contrappone al principio individuale il
principio associativo. Secondo me è bellissimo, oltre che
convincente: bisognerebbe leggerlo e farlo leggere. (S.L.L.)
La società
contemporanea: una fiera rumorosa, di uomini in delirio; nel centro
della fiera una giostra che rotea turbinosamente, fulmineamente.
Ognuno dei presenti vuol saltare in groppa a un lucente e ben bardato
cavallino, a una sirena dai languidi occhi; vuole adagiarsi nei
morbidi cuscini di una carrozzella. È un precipitarsi disordinato e
caotico della folla in tumulto, è un osceno acrobatismo di arti
scimmiesche. Diecimila cadono riversi, dopo essersi fiaccate le
membra, uno per diecimila passa, si aderge su questi corpi innumeri,
spicca il salto giusto, e trasvola nel turbine infernale.
Tu vuoi partecipare alla
gara. Hai probabilità, anche tu, di fortuna. Arrivare significa
diventar ricco, essere signore della vita, conquistare la propria
libertà.
Ecco: la libertà.
Fermiamoci. La ricchezza non è un fine, certamente; se diventa fine
si chiama avidità (avarizia). È mezzo per un fine: la libertà. Un
soldo che possiedi, è un soldo di libertà a tua disposizione, è un
soldo di libera scelta. La proprietà è la garanzia che questa
libertà sarà continua. La proprietà di una parte di ricchezza
(strumento di lavoro) è possibilità di ampliare ancora il dominio
della personale libertà. Il diritto di eredità è la garanzia che
la tua personale libertà sarà anche della tua prole, dei tuoi cari.
Poiché il tuo fine non è un circoscritto fatto materiale, poiché
tu non sei un avido di benessere meccanico, ma di libertà, consegue
che il tuo fine non è individuale: è un’immortalità. Senti che i
tuoi figli ti continueranno, come tu continui i tuoi padri, e vuoi
garantita la libertà del tuo spirito immortale. Questa immortalità
è ammessa dai laici, dai filosofi: essa appunto è dai filosofi
chiamata Spirito, e viene fatta coincidere con la Storia, perché
tutto umano, perché non ha nulla da spartire con lo spirito (anima)
trascendente, ultraterreno, delle religioni. È pura attività: tu
sei attivo, lavori, partecipi dell’immortalità del lavoro, ma vuoi
vedere esteriormente questa perennità del tuo io: la cerchi nei tuoi
discendenti, nelle garanzie di libertà che loro assicuri.
Tutti gli uomini hanno
questa aspirazione, tutti gli uomini vogliono diventare proprietari
di libertà, di libertà garantita, di libertà trasmissibile. Se
essa è il sommo bene, è naturale si cerchi di farne partecipi i
propri cari, è naturale si accetti il sacrifizio per creare questa
libertà, anche sicuri di non goderla se stessi, solo per assicurarla
ai propri cari. La preoccupazione diventa in taluni casi così
pungente da spingere al delitto, alla perversione, al suicidio. Madri
si prostituiscono per racimolare un peculio di libertà ai figli;
padri si uccidono con l’apparenza della disgrazia perché i figli
godano subito l’assicurazione della libertà.
La libertà è solo un
privilegio: ecco perché si manifestano queste perversioni. La
società è una fiera: la fortuna è una giostra. La maggioranza deve
necessariamente fallire nella gara atroce. È dunque essa
non-spirito, non partecipa essa della immortalità della storia?
Esiste la immortalità senza l’esteriore continuità? Certo no.
Esistendo, trasforma il mondo, suscita quindi forme esteriori.
Ebbene, anche tu, che non
sei ricco, che non sei capitalista, che non garantisci alla tua
immortalità nessuna esteriore continuazione di libertà, erediti e
lasci un retaggio. Non saresti uomo, altrimenti, non saresti spirito,
non saresti Storia. Bisogna che di questa verità tu abbia
consapevolezza, che questa consapevolezza tu approfondisca in te e
diffonda negli altri. Essa è la tua forza, è la chiave del tuo
destino e del destino dei tuoi cari.
La proprietà è il
rapporto giuridico esistente tra un cittadino e un bene. Essa è
dunque un valore sociale, puramente contingente; è garantita da
tutti, che la garantiscono solo in quanto sperano, ognuno
singolarmente, giungere a goderla. I pochi sono liberi, nel possesso
dei beni, e trasmettono questa libertà ad altri pochi, perché i
molti sperano, hanno la velleità di essere liberi, non ne hanno la
volontà. La volontà è adeguazione dei mezzi al fine, quindi è
specialmente ricerca di mezzi congrui.
Il privilegio della
libertà sussiste perché la società è una fiera, perché è un
disordine perenne. La speranza che tu hai di saltare immediatamente
in groppa a un cavallino della giostra, ti fa elemento del disordine,
della perenne fiera: tu sei una rotellina della macchina infernale
che fa roteare la giostra: se, nella gara, fallisci, tu sei causa del
tuo fallire, se ti fiacchi le ossa, tu sei un suicida.
Da elemento di disordine
devi diventare elemento d’ordine. All’essere immediatamente
(vaga speranza, probabilità minima), devi preferire la certezza,
anche se non immediata, la certezza per i tuoi figli.
Il fine rimane immutato,
i mezzi per raggiungerlo sono i soli mezzi congrui a tua
disposizione: l’associazione, l’organizzazione.
Se la proprietà è solo
un valore sociale, il solo fatto che esiste un organismo-forza
proponentesi di renderla bene comune, garanzia di libertà per tutti,
la trasforma, la rende aleatoria in quanto privilegio, cioè la
diminuisce ora in pro della collettività, ne fa compartecipe già
ora la collettività.
Questa diminuzione,
questa compartecipazione potenziale è una eredità che tu trasmetti.
Certo è più evidente, più palpabile l’eredità dei capitalisti;
ma se rifletti anche la tua non è trascurabile cosa.
Anche tu hai un retaggio:
i tuoi ascendenti, che hanno fatto la rivoluzione contro il
feudalismo, ti hanno lasciato in eredità il diritto alla vita (tu
non puoi essere ucciso arbitrariamente: ti par piccola cosa?), la
libertà individuale (per incarcerarti devi essere giudicato
colpevole d’un crimine), il diritto di muoverti per lavorare in una
terra piuttosto che in un’altra, a tua scelta, secondo la tua
utilità. Godi una eredità più recente: la libertà di scioperare,
la libertà di associarti con altri per discutere i tuoi interessi
immediati e per proporti, in comunione con altri, il fine maggiore
della tua vita: la libertà per te, o almeno per i tuoi discendenti.
Ti paiono piccole eredità
queste? Esse hanno notevolmente diminuito il privilegio dei pochi.
Perché non ti proponi di ampliarle e diminuire ancora,
conseguentemente, il privilegio? Queste eredità sono il frutto del
lavoro di molti, non del solo padre tuo, del solo tuo nonno o
bisnonno. Sono frutto inconsapevole, perciò piccolo. Diventa tu
consapevole, diffondi la tua consapevolezza: quale eredità superiore
a quelle del passato non trasmetterai tu all’avvenire? Quale più
concreta sicurezza di libertà per i tuoi figli, per l’immortalità
del tuo spirito? Invece di una proprietà individuale, preoccupati di
lasciare maggiore possibilità per l’avvento della proprietà
collettiva, della libertà per tutti, perché tutti uguali dinanzi al
lavoro, allo strumento di lavoro.
Questa tua eredità ha
anch’essa una forma esteriore: l’associazione. Quanto più forte
è l’associazione, tanto più vicina è l’ora di riscuotere allo
sportello della Storia. Chi riscuoterà? Tu stesso, forse, per la tua
quota. Lavora come se il fine fosse immediato, ma non trascurare
perciò di suscitare mezzi più potenti, nel caso non fosse
immediato: sacrificati, perché tu pensi ai tuoi figli, ai tuoi cari.
Rafforza le associazioni
che hanno questo fine: liberare la collettività, dando a lei la
proprietà della ricchezza. L’associazione economica ti garantisce
la riscossione quotidiana dei benefizi che frutta l’eredità
lasciatati dai tuoi padri nullatenenti: rafforzala con la tua
adesione, aumenterai cosi l’eredità dei tuoi figli.
L’associazione
politica, il Partito socialista, è l’organo di educazione, di
elevazione; per esso tu sentirai la collettività, ti spoglierai dei
tuoi egoismi personali, imparerai a lavorare disinteressatamente per
l’avvenire che è di tutti, quindi anche tuo e dei tuoi. Per esso
metterai il tuo sacrifizio e il tuo lavoro con quello degli altri,
moltiplicandone il valore per il valore del comune sacrifizio.
L’Associazione di
cultura ti renderà più degno del tuo compito sociale, ti educherà
a pensar bene, migliorerà il tuo spirito: per essa parteciperai al
patrimonio di pensiero, di esperienze spirituali, di intelligenza, di
bellezza del passato e del presente.
Diffondi questa piccola
verità: nella società attuale, che è fiera, che è giostra, tutti
singolarmente possono diventar ricchi (liberi), ma,
necessariamente, solo pochi lo diventano; la ricerca della proprietà,
dell’eredità individuale ha uno riuscito per diecimila
falliti. I diecimila non falliranno invece nella ricerca dell’eredità
sociale; che si associno, che da elemento di disordine diventino
elemento d’ordine, e avranno avvicinato di diecimila probabilità
il raggiungimento del fine stesso.
Intanto tu fa’ il tuo
dovere: da’ la tua parte di attività, di spiritualità al comune
patrimonio sociale attuale: lavora perché sia trasmesso, migliorato
e ampliato, ai tuoi discendenti: cura la tua eredità, cura l’eredità
che sola sei certo di poter lasciare.
« Avanti! », ediz.
piemontese, 1° maggio 1918, XXII, n. 120, in Scritti giovanili,
Einaudi, 1958
E' davvero una lettura notevole quella che ho appena letta su questa pagina. L'ho salvata per rileggerla ancora perchè attiva riflessioni in questo tempo poco comuni.
RispondiEliminaGrazie.