Il 6
marzo del 1980 nella Camera dei Deputati si ragiona di mafia e di
antimafia. Si discute tra l'altro una mozione del gruppo radicale,
che reca, dopo la prima firma di De Cataldo, quella di Leonardo
Sciascia, che è al tempo e per una brevissima stagione deputato. Sul
tema era già intervenuto il 26 febbraio e aveva insistito sulla
lotta all'illecito arricchimento come chiave della lotta alla mafia.
Ora riprende la parola per le dichiarazioni di voto, ma anche “per
fatto personale”. Era uscito sul “corrierone” proprio il giorno
prima un articolo di Sciascia in cui la parola “mafia” era
scritta “Mafia”, con la maiuscola. Lo aveva citato nel suo
intervento, fantasticando sulla maiuscola, un deputato democristiano
calabrese, Ludovico Ligato, da molti reputato l'astro nascente della
DC nell'Italia Meridionale. Sciascia, nell'incipit del suo intervento
che è qui ripreso, parte proprio da lì per ribadire alcune verità,
che allora come oggi si fingeva di ignorare, sulla natura della
mafia.
Ligato
avrebbe fatto di lì a poco un grande balzo in avanti nella carriera,
nominato nel 1985, presidente delle Ferrovie dello Stato.
Dimissionario perché coinvolto in uno scandalo di tangenti, le
cosiddette “lenzuola d'oro”, tornò nella sua Reggio Calabria, in
attesa di rimettersi in pista attraverso il decreto che assegnava
alla città decine di migliaia di miliardi di lire per finanziare il
recupero del lungomare. Fu ucciso il 29 agosto del 1989 e negli atti
del processo che condannava il suo assassino e i mandanti della
'ndrangheta venne indicato come “colluso”, praticamente da
sempre, con la 'ndrina dei De Stefano. (S.L.L.)
Poco
fa, da un certo banco, sono state fatte delle illazioni su una “emme”
maiuscola che sarebbe caduta in una mia nota sul “Corriere della
Sera". Illazioni alquanto gratuite. La parola “mafia" si
è trovata scritta con la “emme” maiuscola semplicemente perché
quella nota era stata dettata per telefono. Il mio giudizio sulla
mafia non era in nulla mutato: semmai c’era una dimostrazione di
rispetto nordico da parte dello stenografo del giornale. Detto
questo, giacché si parla di maiuscolo, debbo constatare che il
dibattito si è svolto, come era prevedibile, tra filologia e
sociologia, e allora tanto valeva di farne di buona. Infatti, la
maggioranza degli interventi sembra convenire sulla tesi - vecchia
tesi - secondo la quale la mafia insorge nel vuoto dello Stato;
invece, insorge nel pieno dello Stato. Questa è la constatazione
preliminare indispensabile da fare.
La
buona sociologia, la buona filologia è fatta, a cominciare dal
procuratore generale di Trapani nel 1837 - mi pare -, che in una
relazione descriveva la mafia così come l’abbiamo conosciuta noi,
ed era una mafia di procuratori del re, di segretari comunali e di
preti.
Camera
dei deputati, Seduta del 6 marzo 1980
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