1.7.18

Renato Caccioppoli. Uno scienziato a molte dimensioni (Giovanni Maria Pace)


Per quasi trent'anni fu un protagonista della scena culturale napoletana e della cultura matematica internazionale. Poi, un venerdì di maggio del 1959, dopo avere riempito alcuni fogli di equazioni, si tolse la vita: un suicidio lucido e ragionato come le formule lasciate sullo scrittoio, un gesto che ancora oggi turba la comunità scientifica.
Parliamo di Renato Caccioppoli, lo studioso al quale la Scuola Normale superiore e l'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli dedicano oggi un convegno a Pisa, con lo scopo come dice uno dei relatori, il professor Ennio De Giorgi di scavare nell'opera del grande scienziato alla ricerca di altri tesori, e anche di avviare un'impresa ai limiti del possibile: raccordare il pensiero matematico al pensiero del nostro tempo, ponendo fine a una separatezza durata troppo a lungo.
Riusciranno nell'intento gli ardimentosi congressisti? Difficile rispondere; ma è certo che poche figure di matematico possono servire a riannodare le due culture meglio di quella di Caccioppoli, che fu un uomo a molte dimensioni.
Nato a Napoli nel 1904 da Giuseppe, noto chirurgo, e da Sofia Bakunin, figlia dell'anarchico russo Michele Bakunin, Renato deve forse a questa ascendenza il costante interesse per la questione sociale che lo porterà, nel 1948, a unirsi agli operai durante l'occupazione delle Officine Meccaniche e Fonderie. Dal nonno materno eredita anche una certa insofferenza per l'ordine e l'autorità. Benché militi di fatto nelle file del partito comunista, non ne prende mai la tessera. Gli amici, sconcertati, gli chiedono “Ma tu si' marxista, Rena'?” e non riescono a ottenere risposta.
In effetti la domanda, rivolta a Caccioppoli, è banale. Renato è istintivamente uomo di sinistra, ma ha delle riserve sul Pci, come del resto ha riserve su tutto e su tutti. La sua militanza politica è molto intensa nel periodo 1950-1956, prima del ventesimo congresso del Pcus. Tiene applauditi comizi nelle piazze di Napoli, e l'impegno nel Movimento della pace lo porta anche fuori d'Italia, sempre accompagnato dalla minaccia di ritiro del passaporto da parte della polizia di Scelba.
Intorno a lui si raccoglie in quegli anni un gruppo di giovani intellettuali Fausto De Luca, Ermanno Rea, Michele Coppola, Sandro Aurisicchio, Ruggero Guarini, Franco Prattico, Luigi Imbimbo ed altri che formano un' isola a sé nell' arcipelago del comunismo napoletano. Si incontrano dal libraio Gaetano Macchiaroli e passano insieme lunghissime serate, viaggi verso il termine della notte, come ha scritto Lucio Lombardo Radice, durante i quali Caccioppoli parlava, parlava instancabilmente per ore, sempre posseduto, quasi che da un momento all'altro il ricamo sottile delle connessioni dovesse spezzarsi.
La conversazione è uno dei suoi atouts. Brillante, mai banale, piace alle signore, e infatti il gentil sesso occupa un posto importante nella sua vita. La donna del suo cuore è Sara Mancusi, venuta a Napoli alla fine degli anni Trenta con Arturo Labriola, e che Caccioppoli sposerà segretamente in circostanze che vale la pena di ricordare. Siamo nel 1938, Caccioppoli non fa mistero delle sue idee antifasciste, anzi le manifesta in modo spericolato, suscitando imbarazzo negli amici più conformisti. Una sera, al ristorante Il Grottino, supera se stesso. Dopo avere rivolto frasi poco riguardose all' indirizzo del Duce, ordina all'orchestra di suonare la Marsigliese. Interviene la polizia e Renato è arrestato. Ai fascisti che, scortandolo al commissariato, promettono di prenderlo a calci, risponde: “Si capisce, i calci sono l'arma degli asini. Per reati del genere, all'epoca, c'è il tribunale speciale. Ma la famiglia del matematico interviene: la madre Sofia, d'accordo con la sorella Maria, professoressa di chimica e terrore degli studenti napoletani fa passare Renato per pazzo, ne ottiene il ricovero nel manicomio giudiziario e più tardi in una clinica privata di Capodichino.
La leggenda della pazzia, che Renato si porterà dietro per il resto della sua vita (e nella drammatica morte), nasce qui, in questo ricovero strumentale che però gli imprime una specie di marchio indelebile, della cui responsabilità Caccioppoli non cesserà di far carico ai suoi familiari.
Ma torniamo alla notte brava al Grottino. Anche Sara viene arrestata in quella occasione, e Renato sente verso di lei come un debito, un dovere di risarcimento che non è ragione ultima del loro matrimonio. Ma l'unione non durerà a lungo. Sara lascerà Renato per Mario Alicata e si trasferirà con quest'ultimo a Roma. Per lo studioso sarà un colpo difficile da incassare.
Caccioppoli non amava il lavoro di rifinitura; preferiva affrontare ogni volta nuovi problemi. Arriva in questo modo ad aprire vie inesplorate, e se la matematica italiana riesce a mantenere il passo e persino a precorrere la matematica europea nonostante l'isolamento imposto dal fascismo, è in gran parte per merito suo. Caccioppoli si occupa principalmente di calcolo delle variazioni e di analisi funzionale, due tecniche come sottolinea Dionigi Galletto, direttore dell'Istituto di fisica matematica dell'università di Torino che sono alla base della ricerca matematica moderna.
La matematica non è però l'unico interesse di Renato, che si dedica anche alla letteratura, alla filosofia e soprattutto alla musica. Come pianista è più di un dilettante. Si racconta in proposito che una notte d'estate, durante una villeggiatura a Sant'Agata, viene svegliato dal temporale e si mette a suonare la Danse Macabre di Saint-Saens. Gli ospiti della pensione si affacciano sulla porta delle loro camere, ma nessuno osa fiatare, tale è la suggestione di quelle note, a cui lampi e tuoni fanno da contrappunto.
La figura di Caccioppoli oscilla, nel racconto di chi lo conobbe, tra la macchietta e l'eroe shakespeariano. Le sue bizzarrie (qualcuno sostiene di averlo visto a passeggio per via Caracciolo con un gallo al guinzaglio) inclinano alla prima ipotesi; il suo coraggio civile e i suoi meriti scientifici alla seconda. Chi fu dunque, in realtà, Renato Caccioppoli? Forse la sua fine, insieme pietosa e insolente, può darci la chiave per capire.
Il suicidio non avvenne in un momento di sconforto ma fu un gesto a lungo meditato. Le spiegazioni che ne sono state date variano alquanto. C'è chi sostiene che Caccioppoli era alcolizzato, chi dice che soffrisse per delusioni sentimentali e politiche, chi suggerisce che era affetto da una forma acuta di depressione come il fisico Ettore Majorana, scomparso senza lasciare traccia. In tutte queste ipotesi c'è un po' di verità: Renato in effetti beveva; la moglie lo aveva lasciato; la repressione sovietica in Ungheria aveva scosso la sua fede nell'ideologia. Ma la meccanica del suicidio rimane forse l'elemento più eloquente. Caccioppoli muore senza dire perché; ma in fondo erano anni che lo andava dicendo. Quando ritiene di essere arrivato al capolinea intellettualmente, scientificamente, sentimentalmente decide di scendere. E quando sa che la fine è imminente, la racconta agli amici con una metafora.
La scena si svolge ai primi di maggio del '59, in una rumorosa pizzeria. Caccioppoli è con un gruppo di compagni e commenta il caso di un giovane che si è svenato per poi lasciarsi soccorrere. Quello è uno stupido, dice. Per uccidersi davvero si fa così, e descrive una tecnica sicura, sulla quale ha riflettuto: cuscino sotto la nuca, punto preciso dove appoggiare la canna della pistola e così via. È esattamente la tecnica con la quale, pochi giorni più tardi, si toglierà la vita, nel suo appartamento di via Chiaia, nel cuore di Napoli.

“la Repubblica”, 10 aprile 1987

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