8.8.18

Quadro della varietà del mondo. Gli strani animali delle Montagne Rocciose (Pierre Laszlo)


Il celebre trittico di Hjeronimus Bosch, che si trova al museo del Prado, porta un titolo, Il Giardino delle Delizie, relativamente recente. Questo enigmatico dipinto apparteneva alla collezione dei re di Spagna, con un altro titolo, Quadro della varietà del mondo, che potrebbe servire da sottotitolo al libro di Stephen Jay Gould (Wonderful Life. The Burgess Shale and the Nature of History, New York, Norton, 1989). L’interesse e la forza di questo testo risiedono nella meraviglia suscitata dalla profusione delle forme viventi. Nelle Montagne Rocciose canadesi esiste, non lontano da Banff e dal lago Luisa, un filone geologico (Burgess Shale) di enorme ricchezza, in cui abbondano fossili che risalgono a 530 milioni di anni fa. Walcott, il paleontologo che l’ha scoperto nel 1909, ne diede una descrizione deformante, classificandone gli animali marini (assai bizzarri) in categorie classiche, definendoli quindi come antenati delle specie da noi conosciute. Un recente riesame da parte di tre ricercatori britannici (Dereck Briggs, Conway Morris e il loro professore, Harry Whittington, docente a Cambridge) dimostra invece — come nel quadro di Bosch — una proliferazione di specie animali assolutamente singolari, che non hanno corrispettivo nella classificazione classica. Occorre creare allora delle nuove categorie, perché esse occupano, nella sistematica ereditata da Linneo, una serie di caselle la cui esistenza era del tutto insospettata.
Gould racconta questa grande scoperta con attenzione entusiastica. Il suo libro descrive molto chiaramente gli organismi ritrovati in questi scavi e grazie a un’illustrazione curata, onnipresente, il lettore riesce a vedere o a immaginare questi esseri curiosi, spesso piccolissimi. Come ci sentiamo amputati dalla scomparsa di alcune specie naturali, tanto rapida che i biologi non hanno neppure il tempo di studiarle (il massacro della foresta amazzonica ne rappresenta una delle cause principali), ci sgomenta constatare che l’evoluzione darwiniana ha estratto a sorte, nel vasto campionario di una zoologia favolosa, un numero ristretto di gruppi, mentre gli altri sono completamente scomparsi dal nostro pianeta.
Ogni disciplina ha le proprie rimozioni e attribuisce un nome dotto alla propria ignoranza: così troviamo le malattie psicosomatiche in medicina; la nube d’Oort, o il paradosso di Olbers in astronomia;l’auto-assemblaggio in biofisica; la reattività in chimica; ecc. Nelle scienze storiche questa carenza di informazione viene chiamata “contingenza”. Ed è la contingenza, cioè un insieme di fattori che ci sfuggono, la responsabile della scomparsa degli organismi fossilizzati nello scisto di Burgess: Opabinia, Hallucigenia dal bel nome, Anomalocaris, Marreda, e tanti altri. Si possono ipotizzare svariate ragioni per la loro scomparsa: ad esempio, l’inferiorità di una bocca dalla dentatura circolare rispetto a due mascelle articolate. Ma dare spessore sperimentale a queste ipotesi, per quanto siano affascinanti, è impossibile.
Se ogni scienza ha il proprio punto cieco, per un gruppo, ad esempio per una nazione, costituisce una debolezza assolutamente umana la tendenza a descrivere il proprio passato come quello di un gruppo destinato ad emergere e poi a dominare i gruppi rivali. Questo tipo di teleologia serve a spiegare l’errore di Walcott, che Gould si sforza di far risalire alla psicobiografia di questo scienziato influente e potente: per correggerlo, abbiamo dovuto aspettare il decennio 1970-80.

da “Liber – Rivista europea di libri” - Anno 2 n.3 Ottobre 1990 - trad. dal francese di Daniela Formento)

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