Alla vigilia del XV
Congresso del Pci, che nel 1979 sancì la fine del “compromesso
storico” e della “solidarietà nazionale” ed il lancio,
seppure prudente, di una nuova proposta politica. “l'alternativa
democratica”, la Federazione giovanile comunista, al tempo guidata
da Massimo D'Alema, come contributo al dibattito, pubblicò un
corposo supplemento del suo mensile “La città futura”, diretto
da Ferdinando Adornato, dal titolo La questione giovanile negli
anni '70.
La parte più ghiotta
dell'inserto mi pare oggi quella meno immediatamente politica,
dedicata alla cosiddetta “crisi di valori”. Ad un numeroso gruppo
di intellettuali fu infatti inviato il seguente questionario, a
maglie assai larghe: “Oggi si parla molto di crisi dei valori. È
un "discorso che ha significato, e, soprattuto, un significato
progressivo? Si dovrebbero realizzare nuovi valori o mutare la
gerarchia dei vecchi? Oppure bisogna rinunciare ormai ad essi?
Perché, nell'odierno dibattito culturale, si assiste, spesso a una
contrapposizione tra chi parla in termini di valori e chi in termini
di bisogni e desideri? È una contraddizione reale, e, se è così, è
storica o invece perenne?”
Il giornale proponeva
“l’analisi di un valore in particolare, della sua funzione
pratica passata e presente, della necessità che esso venga oggi
riattualizzato, o superato”. Risposero tra gli altri Remo Bodei,
Massimo Cacciari, Franco Rodano, Oscar Negt, Nadia Fusini, Umberto
Cerroni, Lucio Villari. Gli interventi più interessanti mi sembrano
in ogni caso quello, ottimista e costruttivo, di Lucio Lombardo
Radice e quello, problematico e un po' dissacratore di Umberto Eco,
che qui posto. (S.L.L.)
Francamente trovo le
vostre domande abbastanza stupefacenti.
Dite: « Oggi si parla
molto di crisi dei valori ».
Perbacco. A sfogliare i
manuali di storia di filosofia contemporanea avevo l'impressione che
se ne parlasse molto di più ieri. Per dire, Nieztsche, Freud,
Spengler... Ma a parte questo. Per parlare di crisi dei valori
occorre ritenere che esistano dei valori stabili, universali o eterni
che il mondo contemporaneo mette o ha messo a repentaglio. E quindi
vedrei con favore Comunione e Liberazione preoccuparsi di
crisi dei valori e al massimo cercherei di tranquillizzarli («non è
vero che Dio è morto, ha solo un male incurabile»). Ma in che senso
può interrogarsi sulla crisi dei valori un giornale che si rifà a
una filosofia della trasformazione storica dell’uomo, per cui i
valori sono sempre in crisi (per fortuna), sempre oggetto di
discussione. Naturalmente anche di ricostruzione, ma proprio per
essere commisurati a situazioni diverse, e a
quello sfondo profondamente «religioso» di valori naturali,
respirare, mangiare, riprodursi, accoppiarsi, dormire, espellere,
esprimersi mediante segni.
Su questo sfondo nascono
e tramontano, che so, i valori della rivoluzione culturale cinese o
della American Way of Life, e un pensiero veramente laico non entra
in crisi al tramonto di questi o di altri valori, perché è
esercitato appunto alla crisi permanente dei valori.
Alla
luce di queste osservazioni non contrapporrei né i valori ai bisogni
(vedi sopra), né i valori ai desideri, il Desiderio profilandosi in
questo scorcio di secolo come un valore (sta poi a noi discutere fino
a qual punto sia definibile e da anteporre ad altri valori). Alla
luce di queste osservazioni, la comunicazione (su cui mi interrogate)
non mi pare un valore. È un processo continuo, nel corso del quale
si definiscono appunto i valori. La comunicazione passa attraverso il
gioco storico dei valori. In altri termini, il simbolico passa
trasversalmente tra natura e cultura e definisce entrambi per quello
che valgono.
A
questo punto giustifico il mio stupore iniziale; come mai questa
preoccupazione per la crisi dei valori?
Come mai questa tematica
che vent’anni fa la cultura marxista ufficiale avrebbe definito
come «borghese»? Non mi piaceva il rigore di allora, e ne sono
stato sovente vittima, ma non mi piace neppure l’indulgente
pluralismo di adesso, lo dico fuori dai tempi (e fuori dai ranghi).
Un silence pesant régnait sur toute la maison.
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