11.9.18

Quando Lenin sbarcò a Capri (Gennaro Sangiuliano)


Strane vacanze
Il brano sotto riportato, e ripreso dal domenicale de “Il Sole 24 Ore” come queste notizie introduttive, è tratto da Scacco allo zar. 1908-1910: Lenin a Capri, genesi della Rivoluzione (Mondadori, Milano, pagg.154, €18,50). Racconta di due soggiorni di Lenin a Capri, tra il 1908 e il 1910. Proprio qui, dopo la fallita rivoluzione del 1905, si era formata una piccola colonia di esuli russi, riunitisi attorno a Gorkij, scrittore di successo e fiore all'occhiello dei bolscevichi, una cerchia di intellettuali che darà vita alla cosiddetta Scuola di Capri, vero e proprio laboratorio di formazione per rivoluzionari basato su una concezione antiautoritaria del marxismo, una pericolosa deviazione dall'ortodossia secondo Lenin. Nell'aprile del 1908 Lenin arrivò a Capri, ufficialmente per un periodo di svago ma in realtà anche per controllare questi rivali interni: vi rimarrà per alcuni mesi, ritornandovi poi nel 1910 e intrecciando relazioni con il gotha dell'aristocrazia europea: dalla potentissima famiglia industriale dei Krupp alla regina di Svezia. (S:L:L:)
Capri 2011. Lenin e Bogdanov giocano a scacchi sotto lo sguardo di Gorkij

Era l'ora del crepuscolo quando il vaporetto Principessa Mafalda, un po' ansimante, iniziava le manovre per entrare nella piccola rada di Marina Grande. L'arrivo del traghetto faceva scattare un metodico rituale: allora a Capri non esisteva ancora un molo e i barcaioli che avevano il compito di trasbordare i passeggeri a terra prendevano a gridarsi istruzioni quasi incomprensibili in dialetto napoletano: «Rema! Piano! Avvicina!».
Ad aprile gli arrivi da Napoli del traghetto postale della Compagnia di Navigazione del Golfo, una nave a vapore con ruote laterali, cominciavano a essere regolari, diversamente dall'inverno, quando spesso, a causa del mare grosso, le corse erano interrotte e Capri restava isolata dal continente. Con la navigazione tranquilla la primavera portava sull'isola i primi viaggiatori, perlopiù stranieri, che aprivano gli arrivi della bella stagione. Al comando di quel traghetto c'era il capitano Mario Cafiero, figlio di un anarchico pugliese che affermava di aver conosciuto di persona Marx ed Engels. Raccontava quella storia di frequente e i marinai, stufi di sentirsela ripetere, fingevano di ascoltarlo.
Il padre del comandante si chiamava Carlo Cafiero e proveniva da una famiglia della piccola nobiltà pugliese. Da ragazzo, a Barletta, avrebbe voluto diventare prete, ma poi, all'università, era stato attratto da un altro fervore religioso: il socialismo. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Napoli, era finito prima a Firenze, poi a Parigi, dove aveva assistito agli strascichi della Comune, quindi a Londra, dove forse aveva conosciuto Marx e sicuramente era entrato a far parte della cerchia dei giovani socialisti vicini a Engels.
Durante la tranquilla traversata il comandante non badò a chi avesse a bordo.
Col vaporetto giungevano sull'isola i giornali, il plico della prefettura per il comune, che conteneva le ultime circolari, quello per la stazione dei carabinieri, gli ordinativi del farmacista e le merci. Per primi, però, venivano trasbordati i passeggeri.
La sera del 23 aprile 1908 il mare era particolarmente calmo e il rossore del tramonto esaltava le bellezze dell'isola. Non erano in molti ad aver fatto la traversata di due ore da Napoli, poco più di una quindicina di persone. Per raggiungere Capri era anche disponibile il battello tedesco Nixe, che salpava ogni giovedì alle nove dal molo di Santa Lucia, davanti a Castel dell'Ovo, a Napoli, per giungere a Sorrento alle dieci e a Capri alle undici, puntuale come tutte le organizzazioni tedesche. In estate c'era una validissima alternativa perché la linea era coperta anche da un bateau-salon della Norddeutsche Lloyd.
Dopo i passeggeri più frettolosi, pendolari di ritorno da Napoli che avevano urgenza di raggiungere le loro case, fu un uomo di bassa statura e dalla corporatura robusta a fare il piccolo saltello necessario per passare dalla barca alla banchina di legno. Stempiato, aveva baffi scuri e folti, una barbetta che gli contornava il mento, e calzava un cappello nero a bombetta di foggia inglese, di quelli che si vedevano nelle vie eleganti della City. Curato ma senza alcuno sfarzo, si faceva notare per una camicia a collo morbido, legato con un cordone ornato di nappine alle estremità, secondo la moda dei signori altolocati.
L'età non era facilmente definibile, probabilmente intorno ai quarant'anni, e ciò che lo distingueva dagli altri visitatori che scendevano dal traghetto era un'aria estremamente seria, rivelatrice di un carattere allo stesso tempo energico e capace di incutere timore. Non aveva certo l'atteggiamento di quei tedeschi o inglesi che giungevano a Capri in cerca di sole e di emozioni mediterranee.
Trascinava con sforzo una grande valigia rettangolare di colore marrone, anche questa di ottima fattura inglese, in pelle rinforzata da stringhe di cuoio, e un'altra borsa più piccola. Non viaggiava solo. Poco più indietro lo seguiva una donna molto elegante nei modi e negli abiti, con grandi occhi neri e capelli castani e ribelli. Oltre che per la bellezza, il suo aspetto colpiva perché suggeriva una personalità forte e ammaliatrice.
Ai viaggiatori si fece incontro una coppia: lui di statura imponente, di gran lunga superiore alla media, quasi atletico, con una nerissima e folta capigliatura e vistosi baffi; lei una signora di estrema bellezza, dalla carnagione chiara, che metteva in evidenza tratti ben diversi da quelli delle donne mediterranee del luogo, e con un portamento che indicava sicure origini nobili. Gli abiti di grande eleganza ne facevano risaltare ancora di più l'aspetto.
Non parlavano né l'inglese né il tedesco, lingue che da almeno mezzo secolo i capresi avevano imparato a distinguere anche quando non le conoscevano. I quattro cominciarono subito a salutarsi in maniera gioiosa, soprattutto i due uomini, con una cordialità che lasciava trasparire una radicata amicizia.
L'uomo appena sbarcato era Vladimir Il'ic Ul'janov, un russo originario di Simbirsk, remota città dell'Impero zarista sulle rive del Volga. Apparteneva alla nobiltà ereditaria e tutti in patria lo conoscevano come Lenin. I due che lo attendevano sulla banchina erano lo scrittore Aleksej Maksim Gor'kij e la sua compagna Marija Fedorovna Jurkovskaja, più nota col nome di Andreeva, ex attrice del teatro Chudozhestvennyj, una coppia molto famosa in Russia.
Mentre il gruppetto di amici completava i saluti, due giovani capresi, un uomo e una donna, prelevarono il bagaglio e iniziarono a seguire con discrezione i russi. Facevano parte della servitù che i coniugi Gor'kij avevano reclutato sull'isola e che li accudiva a Villa Settanni, la bella residenza dove si erano stabiliti. Qualche ora prima della traversata nel golfo, l'ospite russo era sbarcato al porto di Napoli, proveniente dalla città francese di Marsiglia. L'arrivo a Capri fu discreto, senza i clamori e l'accoglienza che avevano segnato circa un anno e mezzo prima lo sbarco dello scrittore.
Sulla banchina sostava, volutamente appartato e in borghese, il delegato della regia polizia italiana, giunto il giorno prima da Napoli: si limitava a osservare e a prendere qualche appunto. Lo chiamavano «cavaliere». Antonio Tiseo si ostinava a non ammettere di essere un poliziotto, ma tutti ne conoscevano l'identità. Per lui quel nuovo russo non rappresentava granché. Sarà stato anche un cospiratore, ma al momento non era nulla di più che un altro ospite dello scrittore. Il delegato si limitò a confrontare i tratti del viaggiatore appena sbarcato con una pessima fotografia che la polizia zarista aveva fatto pervenire a quella italiana. A prima vista i due volti, quello reale e quello sul cartoncino, non si somigliavano affatto.
Lenin era stato arrestato la prima volta nel 1895, durante gli scioperi operai a San Pietroburgo, e in quell'occasione gli era stata scattata una foto segnaletica.
Al momento il funzionario aveva concluso la sua missione: sapeva dove risiedeva Gor'kij e gli bastava aver constatato l'arrivo del russo. Del resto i suoi maggiori problemi erano la sicurezza della principessa reale di Svezia, che spesso soggiornava ad Anacapri, e quella di altri illustri visitatori, come la moglie di Edoardo VII d'Inghilterra. Dallo stesso traghetto era sbarcato il poeta boemo di lingua tedesca Rainer Maria Rilke, ma è probabile che non conoscesse il viaggiatore russo.

“Il Sole 24 ore – Domenica”, 26 febbraio 2012

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