29.9.18

Riccardo Lombardi, una vita di sinistra. Nota biografica (S.L.L.)

Ho scritto questo testo come corredo a un resoconto di un convegno a Regalbuto, città natale di Riccardo Lombardi, per i 25 anni della morte, nell'autunno del 2009. Lo riprendo qui per ricordare a me stesso e rammentare a qualche altro una figura importante della ricca storia socialista.

Riccardo Lombardi, a sinistra, con Pietro Nenni

La vicenda umana e politica di Riccardo Lombardi è tra le più intriganti del Novecento, bella da conoscere, lunga da raccontare. Qui proverò a sintetizzarne qualche momento.
Nato nel 1901 a Regalbuto, orfano a 3 anni di un capitano dei carabinieri toscano che si era sposato nella Sicilia dove prestava servizio, fece le medie dai gesuiti, nel rinomato collegio Pennisi di Acireale, e si laureò in Ingegneria industriale al Politecnico di Milano. 
Antifascista della prima ora nelle file della sinistra cattolica vicina a Pietro Miglioli, ma totalmente alieno da settarismi, partecipò nel 1922 con gli Arditi del popolo alla difesa dell'"Avanti" assaltato dai fascisti. Si avvicinò al marxismo quando il cattolicesimo italiano, nei suoi vertici vaticani e nelle gerarchie locali, cessò di opporsi al fascismo e, anzi, ne preparò la benedizione concordataria.
Lombardi era tra quelli che "non mollarono" anche dopo la soppressione dei partiti e delle libertà politiche e subì, durante un volantinaggio clandestino, l'aggressione di una squadraccia che ne danneggiò permanentemente il fisico.
Negli anni Trenta, da dirigente della sede milanese di un gruppo tedesco-olandese di impiantistica chimica, conobbe importanti successi industriali, rimase tuttavia collegato ai gruppi dell'antifascismo, aderendo a Giustizia e Libertà.
Nel gennaio 1943 è tra i fondatori del Partito d'Azione e nello stesso anno, nonostante i problemi di salute, è tra i partigiani, comandante nelle brigate di Giustizia e Libertà. Rappresenterà il Comitato di Liberazione nelle trattative per la resa di Mussolini avviate dal cardinale Schuster. Nell'incontro in Arcivescovado è lui a dire al "duce" e Graziani che nulla c'è da trattare se non la resa incondizionata dei fascisti.
Dopo la Liberazione è Prefetto di Milano per il governo Parri ed è Ministro dei trasporti nel primo governo De Gasperi, artefice della rapida ricostruzione del sistema ferroviario.
Ma una più grande battaglia lo attende nella nativa Sicilia, quando, dopo la rottura dell'unità antifascista e la fine del primo governo De Gasperi, accetta di guidare nel 1947 quell'Ente Siciliano di Elettricità per la cui costruzione si era battuto. Era convinto che nessun progresso avrebbe portato la stessa riforma agraria senza l'elettrificazione nelle campagne. Riuscì nei sedici mesi di presenza a impegnare l'Ente nella costruzione di nuove centrali, ma non riuscì a spezzare la forza del potente monopolio privato dalla Sges (Società generale elettrica della Sicilia) di proprietà della grande finanza siciliana ed italiana, che condizionava pesantemente la neonata Assemblea regionale siciliana e acquisì una posizione assolutamente dominante dopo il 18 aprile del 1948.
Questa battaglia perduta gli servì forse da bussola quando, 15 anni dopo, con il primo centro-sinistra fu tra gli alfieri della nazionalizzazione dell'energia elettrica.
Nel 1948 con Fernando Santi e Vittorio Foa è alla testa della corrente autonomista che vince il congresso del Psi. La linea proposta è chiara: superamento del Fronte popolare, autonomia dai comunisti, ma anche opposizione netta al nascente regime democristiano. Da direttore dell'"Avanti" in un articolo del 31 dicembre 1948, intitolato Prospettiva 1949, si schiera nettamente contro gli irrigidimenti della guerra fredda. Parla di una negativa sfiducia che spingerebbe la sinistra ad affidarsi "alla pressione militare e politica dell'Unione Sovietica" più che "allo sforzo autonomo e rivoluzionario delle masse, all'iniziativa popolare, alla diuturna conquista e alle faticose realizzazioni".
Gliene viene una sorta di scomunica da parte di Rodolfo Morandi che, a quel tempo allineatissimo con Mosca, lo accusa di "insensibilità di classe" e di "socialismo liberale", anche per la sua matrice GL, e ne chiede la rimozione da direttore del quotidiano del Psi. Lombardi replica il 18 gennaio scrivendo tra l'altro che "la fase sovietica, di diretta democrazia popolare è ineliminabile" in ogni rivoluzione e deve anche durare: "La costituzione di consigli degli operai e dei contadini non può essere sostituita da nessuna parata di truppe liberatrici".
Nonostante l'impegno di Lombardi il primato degli "autonomisti" durò poco nel Psi e in meno di un anno a riprendere il controllo del partito furono i "frontisti" di Morandi e Nenni (che nel 1950 vincerà il premio Stalin). Lombardi si proclamava "acomunista", per sottolineare la distinzione dall'Urss e dal Pci, ma rifiutava l'anticomunismo; ed era, da autonomista, favorevole a un rapporto e, se possibile, a un raccordo con il Pci.
Dopo "l'indimenticabile 1956" Lombardi rientra con forza nel gioco politico del suo partito, lo convince a votare per il Trattato di Roma che dà l'avvio alla Comunità Europea (i comunisti votarono contro) ed è parte fondamentale della nuova maggioranza che governa il Psi dopo il Congresso di Venezia del 1957.
L'obiettivo è la "svolta a sinistra", cioè un governo appoggiato dai socialisti che realizzi - grazie alla programmazione democratica - una serie di grandi riforme (nazionalizzazione dell'energia elettrica, pubblicizzazione dei suoli edificabili, scuola media unica, servizio sanitario nazionale etc.).
La prospettiva pare realizzarsi con il governo Fanfani del 1962, cui il Psi garantisce un appoggio esterno e una fattiva collaborazione (il lombardiano Ruffolo dirige la programmazione e Lombardi segue personalmente la nascita dell'Enel), mentre il Pci togliattiano, pur critico dell'operazione, si astiene sulla fiducia. Lombardi è tuttavia tra i primi ad avvertire l'impantanamento della originaria spinta riformistica del centro-sinistra e nel 1964 la sua corrente non entra nel governo di centro-sinistra "organico" presieduto da Aldo Moro.
Negli anni successivi Lombardi mantenne nel suo partito questa posizione critica e cominciò a prospettare una "alternativa di sinistra" alla Dc, favorita dall'evoluzione del partito comunista italiano. Da queste posizioni criticò fortemente il "compromesso storico" berlingueriano e, su questa linea, contribuì nel 1976 all'elezione a segretario del Psi di Bettino Craxi.
L'alleanza Craxi-Lombardi raggiunse il suo punto massimo nel congresso di Torino (1980), in cui Lombardi si fece fautore di una svolta mitterandiana, ma anche di una nuova Bad Godesberg che riscrivesse il programma fondamentale del Psi. Eletto presidente del partito nel gennaio del 1980 si dimise un paio di mesi dopo perché isolato rispetto alla sua stessa corrente di "sinistra socialista", i cui principali esponenti, De Michelis, Signorile, Cicchitto sembravano più interessati a un accordo di potere, di governo e sottogoverno con Craxi che non alle politiche ed avallarono, sia pure in modi diversi, le scelte di rottura a sinistra. Morì il 18 settembre 1984.

settembre 2009

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