6.10.18

“La libertà è tutto”. Intervista a Carlo Smuraglia, presidente dell'ANPI (Jacopo Manna)

Carlo Smuraglia con il presidente Mattarella

Se non ne conoscessimo il carattere profondamente laico, verrebbe da pensare che Carlo Smuraglia abbia fatto il proverbiale patto col diavolo: elegante nei modi e preciso nelle osservazioni, non dimostra davvero i suoi novantacinque anni. Tranne forse nel tono con cui risponde alle domande: quello di uno che le cose può osservarle da una prospettiva lunghissima e ricca di esperienze importanti.
Brillante studente di giurisprudenza a Pisa, piantò tutto dopo l’otto settembre per arruolarsi nel Corpo italiano di liberazione: ripresi gli studi alla fine della guerra, intraprese una carriera che lo portò dalla professione legale alla docenza universitaria e poi agli incarichi di consigliere regionale (col Pci) e di parlamentare (col Pds-Ds).
Come presidente dell’Anpi gli è toccato in questi ultimi anni il difficile incarico di gestirne il passaggio da associazione di ex-combattenti a struttura aperta agli antifascisti di ogni età. Concluso il suo compito si è dimesso lo scorso novembre, “perché pensavo che non fosse giusto che l’Anpi, che ora è piena di giovani, avesse un presidente così anziano”: ma, data l’importanza della sua figura, gli è stato attribuito il titolo di presidente emerito. Lo abbiamo brevemente intervistato in occasione del convegno del 13 settembre, di cui parliamo in questa stessa pagina.

Nel periodo in cui ha diretto l’Anpi che differenza sentiva rispetto al lavoro dei suoi predecessori? Le sue responsabilità le sono sembrate diverse?
La differenza è che noi abbiamo avuto nel 2006 l’intuizione, secondo me felice, di aprire l’Anpi, in cui prima poteva entrare solo chi aveva fatto la Resistenza, anche a chi chiedesse di iscriversi dichiarando di essere antifascista e di riconoscersi nelle finalità statutarie dell’associazione. È una cosa che abbiamo fatto non solo perché pensavamo che un bel giorno inesorabilmente i partigiani sarebbero finiti (e quindi non c’era ricambio), ma anche perché si pensava che ci volesse una ventata d’aria nuova. Così è stato: abbiamo avuto molti nuovi iscritti, anche giovani. La ventata nuova ha portato di conseguenza un certo cambiamento all’interno dell’Anpi, nel senso che prima eravamo tutti persone che avevano fatto la Resistenza: ci riconoscevamo a uno sguardo, certe regole erano implicite. Dopo si sono iscritti in molti che venivano da partiti, da altre associazioni eccetera, quindi questa differenza si è particolarmente accentuata. Io dicevo sempre: “Invidio molto il presidente storico Boldrini, che ha presieduto l’Anpi per tanti anni, perché doveva avere meno grane di quante ne ho avute io”; nel senso che adesso c’erano più problemi all’interno. Problemi risolvibili, però è stata necessaria molta attenzione.

Un problema che ha dovuto affrontare di frequente, per esempio, quale è stato?
Il problema del rapporto fra i giovani e la parte più anziana dell’associazione; soprattutto di con-vincerli, i giovani, a conoscere bene, non avendola fatta, che cosa era stata la Resistenza, al di là dei discorsi ufficiali: conoscere il pluralismo della Resistenza è importante e formativo.

Che cos’è che porta tante persone di età giovane ad iscriversi ad una associazione come questa, secondo lei?
Secondo me il fatto che, essendo venute via molte ideologie ed essendoci una caduta di fiducia nei partiti e anche in alcune associazioni, l’Anpi appare ancora salda, ancorata ai princìpi del suo statuto e della Costituzione. Sono due cose che portano riferimento; e questo a molti piace. Certo alcuni più pessimisti dicono “questa è l’ultima spiaggia”, io non sono d’accordo, dico “sì, però è una spiaggia di cui avere cura!” Nel senso che io credo che di valori e di princìpi ci sia molto bisogno nella società di oggi.

Proviamo a dare un’occhiata al campo opposto. Le associazioni o i gruppi che attualmente si richiamano al fascismo, per lei sono in continuità con il fascismo storico o sono un fenomeno a parte? Sono diversi dai fascisti che ha conosciuto lei?
Mah, io i fascisti li ho conosciuti in modo un po’ particolare, nel senso che fino ai vent’anni io ho vissuto nel fascismo. A vent’anni ho dovuto scegliere e ho scelto la Resistenza, e da quel momento li ho visti come nemici. Quanto a questi… Alcuni, parliamo delle associazioni più tradizionali, sono semplicemente nostalgici; altri invece sono in cerca di qualche idea forte: l’idea dell’uomo forte, l’idea di qualcuno che comanda tutto e tutti, a loro piace ancora: e questi sono solo tradizionalisti. Però il fascismo è un concetto molto cambiato in questi ultimi periodi, soprattutto nell’epoca più recente. Oggi i fascisti non sono solo e tanto quelli delle formazioni tradizionali, cioè Forza nuova, Casa Pound eccetera: sono quelli che credono di non essere fascisti, ma nell’anima lo sono. Perché il fascismo che cos’è? È negazione della libertà, contrasto della democrazia, è negazione della solidarietà e dell’uguaglianza, cioè il contrario delle nostre scelte.

Ultima domanda: a suo tempo, quando ha dovuto decidere con chi schierarsi, perché ha scelto per questa parte anziché per quell’altra? Tanto più che, come ha ricordato poco fa, lei nel fascismo c’era cresciuto e grossi riferimenti alternativi non poteva averne?
Non potevo averne, non avevo quindi un’ideologia alle spalle; è stato per un’esigenza che secondo me un giovane dovrebbe avere naturalmente, cioè quella dell’amore per la libertà. Mi trovavo tra due cose che io non potevo ancora definire (non sapevo cosa sarebbe stata la Resistenza e non sapevo cosa avrebbero fatto i fascisti, la Repubblica sociale è venuta dopo), però il punto fondamentale è che da una parte c’era la libertà e con lei la battaglia per conquistarla, mentre dall’altra parte…. Io ripeto sempre che la mia scelta è stata velocissima, molto rapida, non ho esitato molto. Studiavo alla Scuola normale Superiore di Pisa, ci stavo bene, mi dispiaceva lasciarla, però… Questa esigenza istintiva di libertà io credo che dovrebbe essere comune a tutti. A una giovinetta che l’altro ieri, in un posto in Toscana in cui avevo fatto un discorso sulla Costituzione, alla fine si è avvicinata e mi ha chiesto “ma secondo lei cosa è la libertà?” io ho risposto che la libertà è il fondamento di tutto, senza la libertà non c’è uguaglianza, non c’è dignità, non c’è il valore della personalità. La libertà è tutto.

“micropolis”, settembre 2018

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