5.11.18

Capri. Qui riposa l'etologo che parlò alle zecche (Giorgio Vallortigara)

Jakob von Uexküll (1864 - 1944)
Proseguendo dalla Piazzetta lungo via Roma, tenendo poi la destra alla rotonda, verso la strada provinciale che conduce a Marina Grande, in dieci minuti scarsi si arriva ai due cimiteri, contigui ma distinti, Cattolico e Acattolico. Il secondo sta più in basso, l'ingresso è segnato da un bell'arco, tutto è quieto e ombreggiato. Le due tombe sono vicine, ma la lapide di Jakob è in frantumi; sono in corso lavori di restauro. La lapide di Gudrun, invece, è integra, con i versi da L'esperienza della morte di Rilke, che nel periodo trascorso dal poeta a Capri era stato ospite di Alice Faendrich, la zia di Gudrun, a Villa Discopoli: «Nulla sappiamo di questo svanire che non accade a noi...».
Per gli etologi, ma anche per i lettori curiosi di belle storie di scienza, Jakob von Uexküll è lo studioso che ha descritto il comportamento della zecca e il suo Umwelt, il mondo percettivo nel quale l'organismo agisce e opera come un soggetto. L'aracnide, racconta von Uexküll, può restare in attesa sopra un arbusto per tempi anche lunghissimi, ignaro del passaggio del tempo e di tutto quello che gli sta attorno, solo una singola e specialissima fonte di stimolazione lo può scuotere, l'odore di acido butirrico emesso dalla pelle di un mammifero. Quando lo percepisce, la zecca si lascia cadere sul potenziale ospite, il cui calore la induce poi ad infiggervi il suo rostro per suggerne il sangue, fino a quando, satolla, si lascerà cadere sul terreno per deporre le uova (nel caso improbabile che vi fosse caro il benessere delle zecche, considerate con attenzione la pratica di raccogliere sassi nel bosco, per poi farli cadere a terra odorosi del vostro acido butirrico e un po' tiepidi del vostro calore).
L'Umwelt secondo von Uexküll è costituito da stimoli significativi per la sopravvivenza, marche percettive che sono le sole cose d'interesse per l'organismo (J. von Uexküll, Ambienti animali e ambienti umani, Quodlibet, Macerata, 2013). Rifletto sull'Umwelt della zecca mentre osservo la mia compagna scuotere i suoi capelli, seguo il movimento della mano che toglie un po' di terriccio dalla lapide per poterne leggerne l'iscrizione, e il suono della voce che m'interroga, in tonalità si-bemolle. Quanta ricchezza, nel mio Umwelt, e cosa ti perdi povero animaletto, confinato alla sola esperienza del sentore di acido butirrico!
Il barone estone Jakob von Uexküll (1864-1944) era un uomo abbiente, così da poter condurre fino ai cinquant'anni una vita da studioso senza doversi preoccupare di ottenere una cattedra universitaria. Quando, poi, con la Rivoluzione d'Ottobre si trova a perdere l'intera sua sostanza, il destino gli ha già fatto incontrare a Napoli, durante un soggiorno alla Stazione Zoologica Anton Dohrn, una giovane aristocratica tedesca, Gudrun von Schwerin, che diventerà sua moglie e la sua compagna di vita intellettuale. Gudrun continuerà a risiedere a Villa Discopoli a Capri per molti anni dopo la scomparsa di Jakob, e sarà un personaggio di riferimento per la ricca comunità di viaggiatori dello spirito - poeti, artisti, scrittori e studiosi - che hanno scelto l'isola azzurra come patria elettiva.
È su insistenza del medico di famiglia che i due hanno lasciato la gelida Amburgo, dove von Uexküll aveva alla fine trovato una cattedra, e gli allarmi notturni che, racconta Gudrun, non giovavano alla salute del marito cardiopatico, per trasferirsi a Capri, nel 1940. In realtà c'è probabilmente più di questo. La ragione del cambiamento di residenza è anche connessa ai motivi per cui il teorico dell'Umwelt ancora oggi non è riconosciuto dai più come il vero padre fondatore dell'etologia, e probabilmente va ascritta all'atteggiamento di Konrad Lorenz, che dopo un periodo in cui elogiò assai il lavoro di von Uexküll, accreditandolo come fondativo delle sue stesse ricerche, assieme a quello di scienziati come lo zoologo Oskar Heinroth e lo studioso del comportamento Douglas Spalding, iniziò ad attaccarlo in maniera feroce, accusandolo di vitalismo (l'idea che gli organismi siano irriducibili ai componenti elementari che obbediscono alle leggi chimiche e fisiche, e che serva un principio teleologico per spiegarne le proprietà). Von Uexküll ne fu molto amareggiato, anche perché un atteggiamento di sottovalutazione delle sue ricerche fu assunto da altri studiosi dell'epoca legati a Lorenz, come il fisiologo Eric von Holst, probabilmente preoccupati di essere tacciati dello stesso peccato. La politica, forse, ebbe anch'essa un ruolo, considerate le simpatie di Lorenz per il nazismo. Von Uexküll, invece, non aveva fatto mistero della sua repulsione per il regime hitleriano, specialmente dopo l'invasione della Polonia.
Lorenz aveva ragione però a supporre che von Uexküll fosse convinto dell'esistenza di un'armonia prestabilita tra gli animali e i loro ambienti. L'iscrizione sulla sua lapide è di incerta origine, a quanto mi dice Carlo Brentari, tra i maggiori esperti del pensiero di von Uexküll: «Potrebbe essere di Uexküll per via di quell'accenno alla natura che segue il suo piano; ma potrebbe essere stato anche uno dei figli a scriverla, [visto] che conoscevano bene la sua visione della natura». Carlo l'ha gentilmente tradotta per me dalla fotografia che ne abbiamo fatto:
Beato colui che ha visto maturare il frutto della vita
egli cammina in pace in quella sera
che un benevolo destino gli ha concesso.
Sotto il quieto intrico dei rami,
nello scambio di voci tra gli uccelli,
egli ha trovato l'unità di quel divario,
di quel continuo dare e prendere che la natura,
seguendo un suo piano,
avendo seminato nella sua esistenza con mano decisa.
La zecca di von Uexküll e l'idea del piano della natura conducono a due tematiche che sono al cuore della scienza moderna. La prima, ovviamente, è che non ha alcun senso considerare con condiscendenza, come ho fatto io nelle righe sopra, l'apparente pochezza del mondo esperienziale della zecca (riecheggiando l'idea di Heidegger che l'animale sarebbe «povero di mondo»): il nostro mondo fenomenico è parimenti circoscritto, in modi che non ci è dato di conoscere direttamente, ma che certo sono palesi ad altre creature (cosa potrebbe pensare un'ape della nostra penosa impossibilità ad accedere all'abbagliante fulgore dei colori ultravioletti dei petali di fiori?). La seconda, più interessante, ha a che fare per l'appunto con l'armonia tra organismi e ambienti. Oggi, con Darwin, noi non crediamo che di armonia prestabilita si tratti, bensì del risultato dei processi dell'adattamento biologico. Di qui, però, il passo è breve a ritenere che i nostri sistemi percettivi ci dicano in modo veritiero, seppure non in forma completa, come il mondo sia. A voler essere darwiniani fino in fondo, però, non c'è ragione per crederlo. Per sopravvivere e riprodursi non c'è bisogno di sapere come il mondo sia davvero, basta che le regole che guidano i comportamenti funzioni bene.
La vasta raccolta di stimoli scatenanti e superstimoli accumulata negli anni dagli etologi costituisce la prova incontrovertibile che gli animali non percepiscono le cose quali esse sono. Le mamme dei piccoli gabbiani non sono matite dalla punta fatta a strisce bianche e rosse, tuttavia, come ha mostrato l'etologo Niko Timbergen, sono le matite dalla punta fatta a strisce bianche e rosse che scatenano al meglio la beccata dei piccoli di gabbiano. C'è chi ha condotto l'interpretazione di queste osservazioni alle sue estreme conseguenze.
Lo scienziato cognitivo Donald Hoffman, ad esempio, sostiene che le nostre percezioni sono come interfacce specie-specifiche a uso dell'utente che dirigono il comportamento per la sopravvivenza e la riproduzione, non per la ricerca della verità (www.quantamagazine.org/the-evolutionary-argument-against-reality-20161421/). Impiegando algoritmi genetici, Hoffman ha mostrato che creature dedite alla ricerca della mera fitness biologica se la cavano molto meglio di quelle impegnate nella ricerca della verità.
Certo, pare improbabile che rappresentazioni più accurate della realtà non debbano essere adattive. L'analogia di Hoffman coglie però nel segno se si pensa a quello che un'interfaccia nasconde all'utente: non abbiamo bisogno di sapere come i nostri neuroni riconoscano un serpente per reagire velocemente alla vista del serpente. Come quando operiamo sul desktop del nostro computer, ci basta dirigere il mouse sull'icona, i cui segni distintivi, il colore e la forma, gli equivalenti delle marche percettive di von Uexküll, non sono le proprietà del file. Il nostro Umwelt, insomma, sarebbe come l'interfaccia grafica dell'utente dei computer.
Mentre stiamo passeggiando nel giardino di Villa San Michele, ad Anacapri, dove, racconta Gudrun, Alex Munthel invitò Jakob a risiedere nella foresteria durante i mesi estivi per fuggire alla calca dei turisti, ci sorprende il pensiero che le fragranze che odoriamo, forse memorie alchemiche di Garofilum silvestre caprese, o il blu acceso del dorso della lucertola azzurra, Podarcis sicula coerulea (E. Cerio, La lucertola blu, Capri, Edizioni La Conchiglia, 2009), che abita il faraglione di Fuori, lo Scopolo, potrebbero essere una sola trionfante, ma non vana, allucinazione.

«Domenica - Il Sole 24 Ore», 26 agosto 2018

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