26.11.18

Sessantotto, il nono scudetto del Milan. L'anno di Sormani e la maturità di Rivera. “Una fisiononomia precisa, maschia, autoritaria” (Rodolfo Pagnini)


Articolo curioso questo di Rodolfo Pagnini su “l'Unità”. Il passaggio sulla fisionomia “maschia e autoritaria” contrapposta al molle, fllaccido e lezioso è rivelatore di quanto sia durato il “machismo” fascista nel linguaggio (e forse non solo nel linguaggio) del giornalismo sportivo e di come esso passi senza proteste perfino su un quotidiano come “l'Unità”. Per la precisione va ricordato che Pagnini, pur essendo nel Sessantotto tra i critici più fieri del mago Herrera, era notoriamente un interista. (S.L.L.)

La sentenza senza più appello della CAF (la «Cassazione del Calcio italiano») contraria all'Inter ha ufficialmente sancito il trionfo del Milan con quattro giornate di anticipo sul termine del campionato. È il nono scudetto che viene ad onorare il club rossonero e giunge dopo sei anni di astinenza, anzi, di vere e proprie tribolazioni, se si pone mente all'infausta gestione Riva che gettò il Milan sull’orlo del fallimento tecnico e societario.
Un giovane presidente. Franco Carraro. e un vecchio «lupo di mare», Nereo Rocco sono riusciti a fare del Milan un modello d'organizzazione, di serietà, di unità d’intenti, a dargli una fisionomia precisa, maschia, autoritaria. Può sembrare quasi un miracolo se ci si ricorda il Milan molle, flaccido, disarticolato e lezioso delle scorse stagioni, ma non si tratta di un miracolo: la «svolta» del Milan non si è concretizzata per virtù taumaturgiche, bensì per la dura .appassionata, meticolosa applicazione dei suoi dirigenti, del suo allenatore, dei suoi giocatori.
Nereo Rocco merita il più vivo plauso per come ha condotto la sua campagna: nessuna dichiarazione roboante, obbedienza alla realtà, atteggiamenti sereni, improntati alla modestia e perciò tali da ingenerare attorno al Milan quella simpatia che, al contrario, attorno all'lnter si trasforma quasi sempre in antipatia. E non per colpa di Mazzola, Burgnich, Facchetti, Sarti, Corso e Suarez, che rimangono campioni e come tali tengono riconosciuti «coram populi», ma perchè Helenio Herrera sembra quasi farsi un punto d'onore di avvelenare il clima della squadra con proclami dittatoriali, dichiarazioni avventate, sciocche profezie di trionfi propri e disgrazie altrui che immancabilmente, si ritorcono contro il “mago”, alla maniera dei «boomerang».
Il successo finale del Milan non si discute, certo: è farina del suo sacco. Ma è indubbio che l'Inter, nonostante la campagna-acquisti sballata quanto dispendiosissima, era in grado ugualmente di tenere il passo dei rossoneri, di dar loro filo da torcere, di dar vita ad un duello elettrizzante con i «cugini». Lo dimostrano le sue recenti, nette vittorie e il suo gioco piacevolmente concreto delle ultime domeniche. E quando Herrera mette ciò in risalto, non s'avvede di tirarsi la zappa sui piedi: perché chi, se non il “mago” ha tarpato sino ad ora le ali ai nerazzurri? Chi per mesi e mesi ha cambiato formazione a getto continuo, frastornando i giocatori, esaltandoli e umiliandoli in una sarabanda mai vista?
Mentre «abla abla» perdeva prezioso terreno, Nereo Rocco proseguiva imperterrito sulla strada del realismo e nell'opera di costruzione di un Milan nuovo. C'è chi dice che il «paron» ha avuto la fortuna sfacciata di trovarsi in squadra, ad un certo punto, il signor Perino Prati e può darsi che — come qualche «maligno» sussurra — lui non ce lo volesse neppure: fatto si è che Nereo la palla al balzo l'ha saputa cogliere a tempo, nonostante passi per un «nemico della gioventù» e per un restauratore di «mobili antichi».
Vorremmo però ricordare che. anche prima di Prati, il Milan era già una squadra di tutto rispetto, nonostante il suo peso specifico di classe non fosse trascendentale: il che testimonia il valore del «trainer», l'importanza dei fatti sulle parole.
Le tappe del Milan si possono cosi sintetizzare: 1) le straordinarie parate iniziali di Belli che hanno salvato più di un risultato utile (e il portierino, dopo il suo accantonamento per far posto al più esperto Cudicini. merita di essere rivisto in queste ultime domeniche); 2) la compattezza della difesa che ha saputo amalgamarsi attorno a Malatrasi. un acquisto davvero azzeccato; 3) la maturità di Rivera che ha saputo trarre insegnamento dagli sbandamenti giovanili (chiamiamoli cosi...), acquistando il temperamento necessario a far rifulgere l'indubbia classe, e soprattutto la grande stagione di Sormani. che va definito l’«uomo-campionato» per eccellenza: l'oriundo è stato di un altruismo incredibile e il suo senso della manovra collettiva ha sovente dato l'impronta a tutto il gioco offensivo del Milan; 4) l'«esplosione di Prati», una forza della natura dallo spiccato fiuto goal che via via ha affinato lo stile tanto da imporsi come la rivelazione dell'anno.
Quattro tappe fondamentali, cucile insieme da una continuità d'azione che non ha mai fatto difetto, come dimostrano a iosa le seguenti cifre. «Record battuti»: serie iniziale senza sconfitte: 14; vittorie consecutive in trasferta: 5 (e possono aumentare). «Record ancora possibili»: vantaggio sulla seconda, attualmente a nove punti (i primati precedenti sono del Bologna ’38-'39 e ’40-'41): punteggio finale in classifica: attualmente 40 (44 i primati precedenti). A questi vanno aggiunti i punti conquistati in trasferta (20), le sconfitte complessive (2), i goal in trasferta (27). le partite vinte complessivamente (16) e fuori casa (8); i punti del girone di ritorno (19); il quoziente reti (2,28). E si tratta di record suscettibili di miglioramento. Campionato mediocre sotto lo aspetto della concorrenza? Può darsi: il Milan l'ha però vinto dominando. E solo i forti dominano.

“l'Unità”, 2 aprile 1968

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