31.1.19

1984, Mircea Eliade a Firenze. È stanco l'esploratore del mito (Enrico Filippini)


FIRENZE
Nella sala affollata dell' Istituto Stensen, un'apparizione di Mircea Eliade. Non una lezione, non una conferenza, non un vero dibattito, ma un'apparizione. Per chi ha letto i suoi vecchi libri sullo yoga, o le sue ricerche sulle credenze religiose, o il grande Trattato di storia delle religioni del 1948, o i suoi saggi sullo sciamanismo, sul sacro e il profano, sull'eterno ritorno, o il suo diario, che in italiano s'intitola stranamente Giornale, è una grande emozione vedere lì, sopra un corpo esile ed asciutto, quella grande fronte che sovrasta una faccia dai tratti molto netti, scavati, tracciati con fermezza, stretta da una corta barba bianca che somiglia molto a quella di Sigmund Freud. È la faccia che ci si aspetta da un instancabile esploratore del Sacro.
Quando è nato? A Bucarest, nel 1907. I suoi primi articoli, che naturalmente non conosco, risalgono al 1920, a quando aveva tredici anni. Intanto, adesso, si è messo a parlare di San Francesco. E lì per lì non si capisce bene perché, visto che il tema che ha proposto per questa "conversazione" col pubblico è L' esperienza religiosa e il Rinascimento fiorentino. Dice che San Francesco è stato uno dei pochi santi dotato del senso dello humour, perché in lui la teologia "esatta" si faceva esperienza personale. Poi si capisce: parla di San Francesco perché secondo lui - e del resto è una tesi assai diffusa - il Rinascimento comincia con Gioacchino da Fiore e poi, appunto, col santo di Assisi. Il Rinascimento è iscritto nella sua prima formazione, che qualche anno fa ha evocato in un bel libro-intervista in collaborazione con C. H. Rocquet, La prova del labirinto, pubblicato in italiano dalla Jaca Book.
Interessi scientifici e immaginazione letteraria: "L'immaginazione letteraria che è anche l'immaginazione mitica e che scopre le grandi strutture della metafisica. Notturno, diurno: tutti e due... La coincidentia oppositorum. Il grande insieme. Lo Yin e lo Yang...". Ecco, la coincidenza degli opposti, la grande "scoperta" quattrocentesca di Niccolò Cusano; il concetto decisivo, l' idea di una grande unificazione, che ha guidato cinquant'anni spesi alla ricerca di un'unica grande impalcatura mitica soggiacente alla cultura e alla civiltà, dal Portogallo alla Cina...
Il Rinascimento è una scoperta romana e fiorentina, risalente al tempo dei viaggi universitari di Eliade in Italia: "avevo progressivamente scoperto l'orientalismo, l'alchimia, la storia delle religioni. Ho letto per caso Frazer e Max Muller e, poiché avevo imparato l' italiano (per leggere Papini), ho scoperto gli orientalisti e gli storici delle religioni italiani, Pettazzoni, Buonaiuti, Tucci, altri ancora...". Ora racconta: "Da giovane, in Italia, scoprii non solo il genio creatore del Rinascimento, che per me all'inizio s' identificò con l'opera di Marsilio Ficino, ma anche il suo 'messaggio'. Si trattava non soltanto di riscoprire la vera Europa mediterranea, la Grecia, ma anche di operare un'apertura verso l'Egitto, la Persia, l'India. Questa era la vera lezione di Pico della Mirandola e della sua scoperta della Kabbala". Omette di dire, forse perché è troppo noto, che il Ficino eseguì per Cosimo dei Medici le prime traduzioni di Platone e che più tardi fu un convinto sostenitore dell'unità tra religione e filosofia.
In tutta l'opera di Eliade circola indubbiamente un certo genere di platonismo e la profonda convinzione di un'"unità spirituale" dei grandi miti, dei simboli e delle immagini. Continua: "Il Rinascimento aveva operato un'apertura, un superamento dei limiti della cultura occidentale. Per questo, a Roma, nello studio di Giuseppe Tucci, decisi di studiare il sanscrito: per avere accesso all'immaginazione mitico-religiosa orientale...". Infatti, nel 1928, il ventenne Mircea partì per Calcutta, dove lavorò a lungo con Surendranath Dasgupta, e poi, allo scopo di imparare le tecniche yoga, per l'Himalaya, dove abitò a lungo in una grotta. A quella grotta lo aveva portato il Rinascimento...
Continua: "Molto più tardi, verso il 1940, lessi un libro allora molto noto, La Renaissance orientale, che trattava della scoperta dell' Asia da parte degli studiosi europei a partire dal 1800. Ora, bisogna ricordare che Schopenhauer, quando ebbe finito di leggere in una traduzione illeggibile le Upanishad, uno dei grandi libri della tradizione indiana, annunciò che con la scoperta dell'Oriente ci sarebbe stato in Europa un secondo Rinascimento. Ma quella profezia non si avverò. Nei decenni successivi si capì il sanscrito, si decifrarono i geroglifici, eccetera, ma la tragedia fu che non ci furono dei filosofi come quelli che leggevano Platone tradotto dal Ficino per il suo valore filosofico e spirituale, ma soltanto dei filologi, dei tecnici della parola. Solo oggi, per fortuna, l'atmosfera sta cambiando. Abbiamo sempre più artisti e filosofi che si interessano dell'Asia".
Poi insiste sul concetto di magia, qualche cosa di diverso e di più vasto di ciò che per magia comunemente s' intende. Per Pico, per Ficino, per Cusano, la "magia" è un' "energia spirituale" che è un "modo di essere nel mondo" e che dischiude un universo simbolico più vasto di quello definito dalla filosofia platonica ed aristotelica. E in fondo, con questi due concetti, quello di una profonda unità dei diversi mondi simbolici, e quello di una storia delle religioni filologicamente accurata (le fonti di Eliade sono sempre molto sicure e minuziosamente accertate) ma anche intensamente vissuta, è detto tutto: è detto perché Eliade ha potuto scrivere un numero sterminato di studi scientifici e insieme molti romanzi, è detto perché è uno storico delle religioni così diverso da altri, per esempio dal suo grande amico Georges Dumèzil. È detto l' ethos e il pathos della sua ricerca.
Poi c' è la "conversazione", ci sono le domande. Per esempio: il primo Rinascimento non era stato anche un tentativo di vedere il Cristianesimo come un arricchimento di tutte le filosofie precedenti? Oppure: Marsilio Ficino cercò di conciliare il Cristianesimo col paganesimo; dunque il predecessore di Cristo sarebbe Socrate? Oppure: il neoplatonismo ficiniano non era una novità; già la patristica (per esempio il sistema agostiniano) era neoplatonica; dunque, in che modo il neplatonismo rinascimentale muta la struttura di fondo del Cristianesimo?... Ma le risposte sono un po' generiche e ripetitive. Alla domanda precisa di uno studente: quali sono le fonti dell'interpretazione della mitologia da parte degli alchimisti rinascimentali?, non c' è nessuna risposta. Il vecchio esploratore di miti non se la sente di inoltrarsi in discussioni tecniche e filologiche. Forse il vecchio viaggiatore è soddisfatto della meta raggiunta.


"la Repubblica", 22 giugno 1984

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