27.1.19

L'Italia del Medioevo: una grande regione dominata dalle città. Intervista a Chris Wickham (Vito Loré)

Il medievista inglese Chris Wickham ha indagato soprattutto vicende italiane, anche se, soprattutto nell'ultimo decennio, ha prodotto anche importanti opere di sintesi. Mi è parsa interessante questa breve intervista sul suo lavoro. (S.L.L.)
Il medievista Chris Wickham, docente a Oxford (1950)

Nei suoi libri di sintesi degli ultimi anni, a partire da Framing the Early Middle Ages, ha incluso organicamente nell’orizzonte comparativo l’Oriente, da Bisanzio ai domini musulmani, arrivando ora fino alla Russia. In che modo questo ampliamento di prospettiva ha cambiato la sua visione della storia europea? Quali elementi ha privilegiato, quali altri ha messo in secondo piano nella costruzione del quadro?
In un certo senso, non è cambiato molto: dagli anni ottanta ho sempre scritto articoli comparativi, sull’impero romano, sull’Islanda, sulla Cina, oppure sul califfato. Infatti ho sempre voluto mantenere due registri nella mia ricerca: uno, molto analitico, a volte troppo, sulla storia italiana nelle sue varianti multiformi di storia locale e regionale; e uno sui problemi generali, a volte molto generali, della storia medievale.
Usando il secondo registro, non mi è mai sembrato che l’Europa in sé fosse un campo di studio privilegiato; l’Italia guarda a tutto il Mediterraneo, il Mediterraneo guarda verso l’Oriente, e la Cina (per quanto la capisca, visto che non leggo il cinese) mi ha sempre affascinato. In effetti, L’Europa nel medioevo è il solo libro che io abbia mai scritto sull’Europa in quanto tale. Cosa ho messo in secondo piano? Beh, in un certo senso niente: sono uno storico sociale e la dimensione sociale porta con sé l’economia, la cultura, la politica. Forse mi sento meno a mio agio con una storia strettamente religiosa e intellettuale, ma ho cercato comunque di integrarle.

In questo ultimo libro (L'Europa nel Medioevo, Carocci, 2018) storia politica e strutture sociali ed economiche si intrecciano in modo complesso. Come cambia fra alto e basso medioevo il rapporto fra i due piani?
Su questo punto ho provato a essere esplicito nel libro. Almeno per quanto riguarda l’Europa occidentale, credo che il punto di svolta sia stata la cristallizzazione delle strutture del potere locale, avvenuta durante un “lungo” XI secolo in gran parte del continente europeo. Non ogni potere centralizzato ne venne minato, ma tutti hanno dovuto, da allora in poi, confrontarsi con alternative locali all’autorità dei re e di altri sovrani. I poteri centrali affrontarono questa sfida in modi diversi: con una fiscalità più forte ed eserciti pagati; con parlamenti che – si sperava – avrebbero portato un consenso più diffuso all’esercizio del potere; ecc. Ne emerse alla fine del medioevo una sfera pubblica più attiva e più autoconsapevole, uno sviluppo che ritengo particolarmente importante per la storia europea.

L’Europa nel medioevo è un libro pensato per un pubblico mondiale. Da specialista di storia italiana, le chiediamo uno sforzo di mise en perspective differente: qual è il posto dell’Italia nella storia del medioevo europeo?
Ci sono tante risposte possibili a questa domanda. Si sa benissimo che l’Italia alla fine del medioevo era politicamente più frammentata della maggior parte delle regioni europee (anche se la Germania lo era di più). Aveva inoltre uno sviluppo economico, soprattutto dopo il 1200, più complesso e dinamico della maggior parte dell’Europa, anche se le Fiandre all’inizio di quel periodo, la Germania meridionale e la Francia settentrionale dopo, conobbero un iter simile. Ma credo che soprattutto un elemento sia stato peculiare nella storia italiana, attraverso tutto il medioevo: l’Italia medievale era un paese – o, meglio, una grande regione – interamente dominata dalle città. Forse può sembrare un luogo comune, ma non è per questo meno vero. In nessun’altra parte d’Europa le città avevano così tanto potere autonomo, già nel regno italico prima del secolo XII, per non parlare dei secoli successivi. Né era molto diverso nelle regioni del Sud e nella Sicilia (cioè a est e a sud della linea Ancona-Roma), anche se lì le città, meno numerose, erano veramente protagoniste, diciamo venti anziché cinquanta. Una città è meno facile da dominare da parte di una sola persona; c’è una tendenza, anche se non sempre attiva, a creare strutture di governo locale più collettive. E una città può in sé stessa dominare il suo contado in maniera più pervasiva. Non è un caso che i modelli di fiscalità europei più efficaci del basso medioevo – a eccezione almeno dell’impero ottomano – fossero proprio quelli delle città italiane, come pure molti degli strumenti più complessi di governo locale. Ciò rende molto particolare la situazione italiana, per tutto il medioevo.

L'Indice, gennaio 2019

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