27.4.19

Intellettuale, una parola che nacque come insulto (Umberto Eco)

Émile Zola nel suo studio

La parola “intellettuale” ha particolari connotazioni storiche. Benché qualcuno abbia scoperto che appare per la prima volta nel 1864 nel Chevalier des Touches di Barbey d Aurevilly, nel 1879 in Maupassant e nel 1886 in Leon Bloy essa viene usata sistematicamente nel corso del famigerato affare Dreyfus, almeno dal 1898 quando un gruppo di scrittori artisti e scienziati come Proust, Anatole France, Sorel, Monet, Renard, Durkheim, per non dire di Zola che scriverà poi il suo micidiale J'accuse, si dichiarano convinti che Dreyfus sia stato vittima di un complotto, in gran parte antisemita, e chiedono a revisione del suo processo. Costoro vengono definiti intellettuali da Clemenceau ma la definizione viene subito ripresa in senso denigratorio da rappresentanti del pensiero reazionario come Barrès e Brunetière per indicare delle persone che, invece di occuparsi di poesia, scienza o altre arcane specialità (insomma, dei fatti loro), ficcano il naso in questioni di cui non sono competenti, come i problemi di spionaggio e di giustizia militare (che va lasciata appunto ai militari).
L'intellettuale era dunque per gli antidreyfusardi qualcuno che viveva tra i suoi libri e le sue astrazioni fumose e non aveva contatti con la realtà concreta (e quindi era meglio stesse zitto).

Da una “bustina” del 2010 in Pape Satàn Aleppe

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