26.4.19

“Sono solo un fumettaro e non ho mai amato Salgari”. Da un'intervista a Hugo Pratt (1987)


Nel ritaglio che ho conservato c'è solo l'ultima pagina di un'intervista a Hugo Pratt, che tuttavia mi pare molto interessante. Chi fosse interessato potrà senza difficoltà recuperarne l'inizio e il nome dell'autore in una buona biblioteca. (S.L.L.)


Quale è il cinema amato da Hugo Pratt?
«Il mio cinema è quello delle grandi avventure hollywoodiane degli anni Trenta, fino anche agli anni Cinquanta, ai polizieschi fatti durante la guerra. Preferisco far parte della "retroguardia”, non sopporto Godard e Truffaut, mente amo Louis Malle».

E Spielberg e Lucas, i "nuovi avventurosi"?
«Mi stanno bene, a patto però che non buttino in farsa l'avventura, in quel caso non li seguo più».

E da quali matrici letterarie trae vita Corto Maltese?
«La mia prima letteratura è stata quella disegnata dei fumetti americani, i grandi libri di avventura illustrati. Non ho mai amato Salgari (ne ho dovuto solo una volta fare una "riduzione" per il "Corriere dei Piccoli") e solo su "Topolino" ho letto Tremal Naik, perché mi piaceva il disegno di Moroni Gelsi. La "Romantica Sonzogno" è stata lina scoperta. Ma posso fare alcuni nomi: da Milton a Dumas, da Rimbaud a Petrarca, da Kipling (pacifista prima di Brecht) a Tolkien».

E le sue matrici pittoriche?
«Direi che vanno cercate più tra gli illustratori che tra i pittori. Che so? Norman Rockwell, ma anche Klimt, gli acquarelli inglesi e tedeschi. Diciamo che sono stato più influenzato dalla pittura anglosassone che dal nostro Rinascimento. Non posso poi dimenticare le mie matrici fumettistiche: Milton Caniff è sicuramente il più importante con Terry che è il suo personaggio meglio riuscito. Poi Winsor McCay: è stato un genio assoluto, ha inventato tutto lui, era in anticipo sui tempi in modo incredibile. Anche il Foster di Tarzan mi è sempre piaciuto anche se in seguito (quando è passato a Valiant) è diventato statico. Comunque è stato Caniff a farmi venire la voglia di disegnare».

Mi sembra che però Caniff non pensi di essere stato così importante nella sua vita.
«Lui è molto gentile e un giorno mi ha detto che io sarei uscito fuori comunque indipendentemente dai suoi comics. Da parte mia non posso fare a meno di riconoscere di averlo avuto tra i miei modelli, come pure Will Gould, altro grande esempio di modernità che sto cercando di far conoscere su "Corto Maltese"».

Corto è entrato al Gran Palais. Il fumetto è finalmente accolto anche dalle élite culturali?
«Io non sono né il giudice né il redentore del fumetto, mi limito a dare dei pareri. Verso i fumetti c’è paura. Il fumetto è un piacevolissimo mezzo di lettura e un veicolo d’informazione. Le 400.000 copie di un fumetto, paragonate alle 60.000 di un libro, sconvolgono. Ai fumettari non servono i premi letterari. I rappresentanti di quel piccolo potere della "cultura ufficiale" hanno deciso che se il fumetto non è mediocre, è comunque "artigianato" (gli "alternativi" parleranno di "buon" artigianato) ma che comunque non è mai arte. Piuttosto che far parte di speculazioni mi sta bene: l’artigianato della paccottiglia di Hong Kong mi fa schifo, ma è vero che esiste un buon artigianato. Adesso la definizione di "letteratura disegnata", anziché di "fumetti", pare essere vista più di buon occhio, è "accettata": ma io resto un "fumettaro"».

E con i suoi colleghi in che rapporti è?
«Io viaggio, come potrei aver rapporti? Del resto molti dei miei "colleghi" si vergognano di essere disegnatori di fumetti, si definiscono artisti. Io sono un artigiano e quindi facciamo mestieri differenti, preferisco evitargli il trauma di dover frequentare cattive compagnie!».

L'Espresso - 14 GIUGNO 1987

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