7.7.19

2D 4D. Il ritorno di Lombroso (Manuela Monti e Carlo Alberto Redi)



Franco Battiato sostiene di conoscere «dal taglio della bocca/ se sei disposto all’odio o all’indulgenza/ nel tratto del tuo naso/ se sei orgoglioso fiero oppure vile/ i drammi del tuo cuore li leggo nelle mani/ nelle loro falangi dispendio o tirchieria» e, addirittura, «da come ridi e siedi/ so come fai l’amore». All’artista va concessa ovviamente ogni licenza poetica stante la bellissima melodia di Fisiognomica (1988) basata su un’idea tanto semplicistica quanto affascinante.
È Aristotele per primo a scrivere di fisiognomica e a correlare tratti della personalità a caratteri anatomici anche riferendosi all’indole di vari animali, idea poi ripresa nei bellissimi bestiari medievali. Le illustrazioni ottocentesche dei volti in preda alle emozioni più diverse (paura, collera, ira, disperazione, gioia) trovano una base pseudoscientifica nella moderna frenologia che sostiene come le funzioni psichiche dipendano da particolari regioni del cervello. Verrà poi Cesare Lombroso (1835-1909) a fondare la moderna antropologia criminale, antesignana dei sistemi di identificazione personale, morfologia molecolare, così come li vediamo al cinema e in televisione con i Ris al lavoro sulla scena del crimine, i dermatoglifi e i saggi di identificazione basati sul Dna.
Tra i maggiori esponenti del positivismo scientifico, Lombroso fu influenzato dal darwinismo sociale (fu un attento sostenitore di Darwin in Italia) e dalla fisiognomica, sostenendo che i caratteri somatici determinano le caratteristiche della personalità e i comportamenti. L’analisi dei sogni, delle manifestazioni di pazzia e delle manie di persecuzione che scaturiscono dal suo studio dell’autobiografia del genio pavese Gerolamo Cardano anticipano importanti osservazioni che saranno poi riprese da Sigmund Freud e Carl Gustav Jung.
Per Lombroso casi conclamati di pazzia sono quelli di Torquato Tasso, André Marie Ampère, Immanuel Kant e Ludwig van Beethoven e tra i pazzi (da buon ateo) ritiene vi sia un’abbondanza di fondatori di religioni e leader spirituali (Martin Lutero, Girolamo Savonarola e Giovanna d’Arco).
Dalle osservazioni sulle caratteristiche fisiche degli internati nei manicomi Lombroso deduce che esista un legame tra genio e follia. I titoli di alcuni lavori meritano di essere ricordati: La ruga del cretino e l’anomalia del cuoio capelluto; L’origine del bacio; Perché i preti si vestono da donne; Dante epilettico. Dalla lettura e studio di Dostoevskij, in particolare de L’idiota, trova conferma alle sue ipotesi che le manifestazioni di genio e pazzia sono dovute a stati di epilessia. Scrive così opere di rilievo internazionale quali Genio e follia e Genio e degenerazione, dove analizza i risvolti caratteriali di Francesco Petrarca, Cristoforo Colombo, Alessandro Manzoni e Lev Tolstoj.
L’analisi delle caratteristiche fisiche associate ai comportamenti lo porterà a sostenere che tra i geni predominano cervelli di volume superiore alla media e con deformità, come la presenza di suture anormali nel cranio di Alessandro Volta; inoltre l’aspetto fisico generale del genio è caratterizzato da pallore, magrezza o obesità e rachitismo. Dalla dissezione autoptica dei cadaveri di Giuseppe Villella (un «brigante») e di Vincenzo Verzeni (un serial killer, il «vampiro della bergamasca»), Lombroso trae la definitiva conferma del nesso tra caratteristica somatica (una marcata anomalia della struttura cranica, la «fossetta occipitale mediana») e comportamento socialmente deviante.
È sulla scia delle idee di questo grande scienziato che ancora si svolgono ricerche volte a predire, prevedere, pronosticare, anticipare qualsivoglia tratto della personalità (capacità di studio, dipendenze affettive, dall’alcool o dai videogiochi, aggressività, orientamento sessuale, psicopatologie di varia natura, eccetera) e anche della salute (rischio cardiocircolatorio, deposizione di grasso sui fianchi dipendenze farmacologiche, e così via) misurando tratti somatici, il più frequente dei quali risulta oggi essere la proporzione tra la lunghezza del secondo (indice) e quella del quarto (anulare) dito, il «mitico» rapporto 2D:4D. Ben più d 1.400 lavori pubblicati negli ultimi vent'anni dove il rapporto 2D:4D viene legato a caratteristiche della personalità, rischi di svariate malattie, cancro e addirittura sclerosi laterale amiotrofica per non dire di ben altri attributi maschili!
A rinnovare l’interesse per gli studi lombrosiani è il lavoro di John Manning, biologo evoluzionista dell’università gallese di Swansea che dimostra l’esistenza di un dimorfismo sessuale del rapporto 2D:4D tra maschi e femmine; nei maschi il rapporto tende a essere inferiore (il quarto dito risulta più spesso più lungo del secondo) rispetto a quello delle femmine, correlando con più alti livelli di testosterone: dal che è breve il passo nel sostenere il potere predittivo del rapporto 2D:4D come indice dell’esposizione in utero non solo al testosterone ma anche ad altri ormoni, in particolare a quelli legati allo sviluppo embrionale del cervello con l’idea, mai dimostrata, di un «cervello maschile» contro uno «femminile».
Il fascino dell’idea semplicistica di poter conoscere tratti complessi della personalità da elementari misure del corpo di chi abbiamo dinnanzi risiede probabilmente nel bisogno psichico di essere tranquillizzati, di conoscere davvero profondamente chi incontriamo nel corso della nostra vita. Basta fare una prova per rendersene conto, basta anche solo parlare del rapporto 2D:4D e vedrete che chi vi sta ascoltando immediatamente proverà a guardare la propria mano se non addirittura a misurare il 2D:4D.
È stato usato di tutto per misurare la lunghezza delle dita, righello, calibro, fotocopiatrice, radiografo con indagini coinvolgenti sino a 240 mila partecipanti (della Bbc) trovando solo differenze irrisorie: 0,984 per i maschi contro 0,994 per le femmine, con grande variabilità della distribuzione delle misure (soprattutto in base all’origine geografica dei partecipanti). Un esame critico dei dati rivela che non è ragionevole legare alcun valore del rapporto 2D:4D ad alcun tratto somatico o psichico; i detrattori sostengono che questi dati sono legati a «credenze paranormali e superstiziose» e che quest’area di ricerca è solo zeppa di risultati e conclusioni irriproducibili.
L’unico dato che pare resistere alle critiche è quello del legame tra esposizione ad alti livelli di androgeni nel corso dello sviluppo embrionale di una femmina e il successivo orientamento sessuale omofilo. Famoso il lavoro di Marc Breedlove (University of California, Berkeley, Usa) svolto agli inizi degli anni 2000 nel corso di feste ed esibizioni nella Baia di San Francisco. Qui i ricercatori fotocopiarono le mani degli intervistati chiedendo informazioni sul loro orientamento sessuale. Non risultò nulla di significativo per i maschi omo o eterosessuali mentre le femmine che si dichiararono omosessuali presentavano un rapporto 2D:4D «mascolino»: l’ovvia conclusione fu di ritenere che l’esposizione prenatale agli ormoni sessuali maschili influenza, nelle femmine, la scelta sessuale da adulte. Questo risultato è però contraddetto dai risultati dell’indagine svolta proprio da Manning con l’aiuto della Bbc dove le conclusioni sono esattamente opposte, l’esposizione al testosterone a livello embrio-fetale influenza la scelta omosessuale nei maschi.
Manning va ben oltre questa conclusione suggerendo addirittura che un minore rapporto 2D:4D è utile per diagnosticare il successo nelle prestazioni sportive (maratona, rugby, sci, basket, calao) e che le squadre agonistiche dovrebbero usare questo criterio per la scelta dei giocatori... La controversia continua e i novelli sostenitori di Lombroso e dà mitico rapporto 2D:4D hanno già pubblicato più di venti lavori nel 2019.

La Lettura Corriere della Sera, 30 giugno 2019

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