27.7.19

Il rossetto di Marta, e la sua lezione sul calcio femminile (Elena Tebano)



Fino al 1981 in Brasile il calcio femminile era vietato. Bisogna partire da qui per capire il significato della carriera di Marta, 33 anni, attaccante della nazionale brasiliana e a lungo la più forte giocatrice del mondo. E soprattutto quello delle parole con cui, dopo la sconfitta contro la Francia, ha chiuso la sua ultima partita di un Mondiale. Hanno fatto giustamente il giro del mondo. Solo quattro anni fa uno dei dirigenti del calcio brasiliano spiegava in tv —racconta Louisa Thomas sul New Yorker — di essere fiducioso che, nonostante le studentesse fossero ancora scoraggiate dal giocare e le opportunità professionali scarse e mal pagate, i tifosi avrebbero imparato ad amare il calcio femminile, perché «ora le donne stanno diventando sempre più belle, si truccano» e i pantaloncini sono diventati più corti. Quest’anno nella partita contro l’Italia Marta aveva in effetti il rossetto, anche se probabilmente non del tipo che avrebbe voluto il dirigente brasiliano.
«Il colore viola scuro rendeva il suo viso spigoloso, intenso e gotico. Internet aveva molte opinioni su cosa significasse per Marta, per il calcio, per le atlete, per le donne in generale e per l’umanità» scrive Thomas. Dopo la partita, durante la quale ha segnato il suo diciassettesimo gol in cinque Coppe del Mondo, più di qualsiasi uomo o donna, Marta ha spiegato: «Porto sempre il rossetto. Non quel colore, ma oggi ho detto: oserò. È il colore del sangue, perché abbiamo dovuto lasciare il sangue sul campo. Ora lo userò in ogni gioco». Marta è davvero la donna «più bella di sempre» sul campo —ragiona Thomas — e questo ovviamente non ha nulla a che fare con il rossetto, ma con «sessismo quotidiano» e il fatto che «essendo cresciuta giocando per strada in una piccola città rurale del Brasile, doveva essere più veloce, più agile e più fantasiosa dei ragazzi che erano pronti a tutto pur di batterla». Così Marta ha imparato «a pieno il potenziale del suo corpo, come ogni superficie e angolo poteva essere usato per raccogliere e controllare la palla. Ha capito che una testa ferma, i piedi che ballano e le anche che ondeggiano possono fuorviare un difensore». Ha conquistato un’intimità assoluta con la palla.
Dopo la partita con la Francia si è rivolta alle bambine e alle ragazze brasiliane per lasciare loro la sua eredità morale, e guardando dritta nella telecamera, le parole scandite dalle labbra rosse, ha detto: «Il calcio è volere di più, è allenarsi di più. Essere pronte a giocare novanta minuti e poi altri trenta quando serve. Questo è quello che chiedo alle ragazze. Non ci sarà una Formiga per sempre. Non ci sarà una Marta per sempre. Non ci sarà una Cristiane. Il calcio delle donne dipende da voi per sopravvivere. Il calcio dipende da voi ragazze».

Rassegna del “Corriere della sera”, 26 giugno 2019

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