5.9.19

La luce di Dante. Una mostra in Abruzzo nel 1993 (Mario Novi)


Federico Zuccari, Giudizio Universale  (part.) - Firenze, S.Maria del Fiore

Torre dei Passeri - Questa volta la Casa di Dante in Abruzzo, che ormai da molti anni dedica mostre al rapporto fra artisti e Dante nelle sale del suggestivo castello di Torre de' Passeri (memorabili quelle di Fussli, di Blake, di Botticelli, di Raffaello per non restare che a pochi esempi), ha scelto un artista non molto noto al di fuori della ristretta cerchia degli specialisti. Si tratta di Federico Zuccari (Sant'Angelo in Vado 1540-41 - Ancona 1609), pittore, architetto, trattatista, scrittore d'arte ed estroso fratello di Taddeo (1529-1566), di cui è allievo e col quale molte volte lavora. Il rapporto tra i due è segnato, da parte del più giovane Federico, che sogna di rendersi autonomo, da un misto di impertinenza e di devozione.
Siamo in epoca di tardo manierismo, termine che Corrado Gizzi, ideatore e infaticabile curatore delle esposizioni di Torre de' Passeri, sottilmente considera un "interludio platonico", tra razionalità e fantasia, tra bellezza naturale e bellezza immaginata (era stato proprio Michelangelo a parlare di "disegno interno", di "forma spirituale"); e Federico, nel libro Idea de' pittori, scultori e architetti che pubblica a Torino l'anno 1607, tratterà appunto di "disegno interno" e "disegno esterno". Federico Zuccari è un inquieto, un assetato di sapere, un viaggiatore: visita città e soggiorna nelle corti di mezza Europa, scrive, prende appunti, esperimenta, disegna. Tra le sue opere più note: Il Barbarossa prostrato davanti al papa (Venezia, Palazzo Ducale), Adorazione dei Magi e Adorazione dei pastori (Spagna, Escorial), Flagellazione di Cristo (Roma, Santa Lucia del Gonfalone). A Firenze, Federico Zuccari completa il Giudizio Universale, iniziato dal Vasari per l'intradosso della cupola della cattedrale di Santa Maria del Fiore (1575-1579). Ed è forse qui, e in questi anni, che gli viene l'idea di Dante.

Le parti del poema
Il poeta diventerà per Federico una specie di emblema: non tanto nel senso di una figura che simboleggia qualche cosa, quanto invece nell'accezione etimologica, dal greco "emballo" (getto dentro). Dante rimane infatti in Federico come un incastro da cui non si può distogliere, come un elemento di rivelazione. Ci ripensa alcuni anni dopo quando, durante un suo soggiorno in Spagna (1585-1588), realizza una serie di illustrazioni della Divina Commedia: ottantotto disegni che, rilegati in volume, vennero dopo varie vicende in possesso di Anna Luisa de' Medici che, nel 1738, li donò alla Galleria degli Uffizi alla quale appartengono; ed ora sono esposti per la prima volta nel nostro secolo: ecco la mostra. I disegni relativi alla prima cantica sono eseguiti con matita rossa e nera; quelli del Purgatorio, in gran parte con penna e bistro; quelli del Paradiso Terrestre e del Paradiso, con sola matita rossa. Ma non è solo la tecnica del mezzo a distinguere le parti del poema. Per ogni cantica, Federico cambia impostazione di spazi e di figure e, soprattutto, di luce. Cerca cioè di rappresentare ogni volta, come mi suggerisce lo studioso Claudio Strinati, una luce-utopia, una sorta di luce che, quando la incontri e la vedi, non è più nulla (e chi non si rammenta delle superbe acrobazie di Dante nel descriverla? O sviene o s'addormenta o non vede e ne è comunque e sempre misteriosamente abbagliato).
Nel riquadro delle illustrazioni Federico inserisce spesso, per iscritto, interi brani della Divina Commedia che, nella relazione tra spazio ed episodio, costituiscono un elemento forse di sottolinea, ma che non esce mai dalla perfezione del ritmo figurativo: lo scritto diventa grafica, diventa effigie. A volte spazi incombenti, oppressi da rupi, da caverne, animati da tratti, da penombre; a volte spazi liberi, astratti, cadenzati da inattese architetture. Se lo spazio, com'è da credersi, esprime in questi disegni il problema fra realtà e immaginazione di essa, le figure che vi sono inserite nel significato dell' episodio (nuvole, alberi, fuoco, piogge, fumo) diventano zigomi, sagome, arabeschi, nudità perfette ed esortanti, orride, anelanti, spirituali, corrotte: contraddizione dannata della vicenda quotidiana; un enigma che il segno stesso di Federico, sinuoso, raffaellesco, trasmette con insolito fervore. Egli infatti non illustra Dante per sé, a vantaggio della propria arte, ma legge Dante perché il poeta è entrato in lui: come d'altronde già si può avvertire nelle scene infernali della fascia più bassa della cupola del duomo di Firenze.

Contemporaneo in ogni epoca
Altre opere esposte a Torre de' Passeri costituiscono una sorta di prefazione ai disegni della Divina Commedia: tre dipinti sul tema della "Pietà" - uno di Taddeo, due di Federico - e, di quest' ultimo, un San Pietro liberato dal carcere da Raffaello. Ci sono poi, di Federico, alcuni disegni di vario soggetto e d'una limpidezza e invenzione veramente avvincenti. Basti rammentare Morte del primogenito (dove la luce s' insinua in una misteriosa penombra) e Donna con bambino in braccio inginocchiata all' altare (si noti il velo e il mirabile scorcio dell' infante).
"Federico svolse - come ha scritto Luigi Serra - un'attività anche più brillante di quella del fratello. Egli avviò le formule manieristiche alla luce dell'arte del Veronese e dei Bassano. Le sue composizioni hanno una salda e chiara architettura... rivelano inoltre brio decorativo, senso di misura, talvolta gusto della tavolozza". Ma questa rassegna, seguendo la tradizione, documenta la sua passione per Dante; e ne vien fuori un Federico ancora più profondo. È curioso notare come l'Alighieri riesca ad essere contemporaneo in ogni epoca. Se non sbaglio anche Mario Luzi, nel corso d'una recente intervista, ebbe a dire che Dante è il più grande poeta contemporaneo di oggi. In questo senso la congiunzione, che ogni volta a Torre de' Passeri unisce il nome dell'artista a quello del poeta, sembra quasi un celato e arguto ammonimento.

“la Repubblica”, 31 ottobre 1993

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