4.9.19

Una barzelletta al giorno (Ascanio Celestini)

Einaudi qualche mese fa ha pubblicato un libro dell'attore Ascanio Celestini dal titolo Barzellette: allegro, ma non troppo. Anche perché l'attore non ha escluso le barzellette razziste o sessiste più scorrette e urticanti, convinto che sia un bene portare a galla lo schifo che abbiamo dentro, e alleggerirlo con una risata. Le barzellette sono organizzate in una sorta di diario e corredate da una sorta di contestualizzazione. Posto qui le tre che “Tuttolibri” ha pubblicato come incoraggiamento all'acquisto del volume. (S.L.L.)


13 luglio 2016
Casa Internazionale delle Donne. Alla fine di una serata comincio a raccontare barzellette. È uno spettacolo serio. Fa ridere, ma è serio.
Mi occupo di letteratura orale. Le barzellette rappresentano l’unico (o quasi) frammento di quella letteratura che non è ancora scritto o che è passato solo marginalmente attraverso la scrittura. Solo per scherzo. Per qualche raccolta di Bramieri o per un libricino attribuito a Totti. O poco più.
Non vorrei che gli spettatori, e soprattutto le spettatrici, pensassero che scelgo le barzellette censurando quelle contro le donne. Sono molte e sarebbe strano se non ne raccontassi nemmeno una.

Ci sta una nave da crociera che naufraga. Sull’isola deserta si trovano Nicole Kidman e un marinaio.
Dopo alcune ore di preoccupazione si accorgono che il posto è accogliente. Il mare è pieno di pesci, la frutta è in abbondanza, il clima è ottimo e trovano più d’una sorgente d’acqua potabile. Non gli manca nulla.
Passa qualche giorno e l’attrice di Hollywood si rivolge all’altro sopravvissuto: «Caro, io sono ancora una donna giovane e bella. Tu sei l’unico uomo su quest’isola. A me non dispiacerebbe fare l’amore, se vuoi».
L’uomo accetta volentieri la proposta e fanno l’amore per più di un mese. Poi il marinaio prende coraggio e le dice: «Nicole posso chiederti se mi concedi di chiamarti Mario?»
La diva pensa che sia una specie di gioco di ruolo e accetta.
Lui sorride e aggiunge: «Potresti fare la voce da uomo? Insomma, rivolgerti a me come fossimo due vecchi amici che chiacchierano al bar o, meglio ancora, nello spogliatoio della palestra?»
Nicole pensa che il gioco diventa più trasgressivo, ma non ha niente in contrario e gli dice con voce virile: «Allora, vecchio mio, come va la vita?»
E il marinaio: «Uno schianto, vecchio mio, è un mese che mi scopo Nicole Kidman!».

Dicembre 2017
Teatro Secci di Terni. Questo spazio è dedicato a Sergio che il 2 agosto del 1980 stava andando a Bolzano. Amava il teatro. Alla stazione di Bologna scoppia la bomba e la sua vita si interrompe lì insieme a quella di altre 84 persone di passaggio. Davanti ai trecento spettatori che riempiono la sala porto in scena il mio spettacolo Pueblo. Al termine del monologo ricordo l’appuntamento per l’incontro del giorno successivo in biblioteca. Un ragazzo mi fa: «Stai scrivendo un libro di barzellette? Domani te ne racconto una». E il giorno dopo mi aspetta in Piazza della Repubblica.
Da un paese lontano partono un prete e una suora. Hanno l’udienza dal papa. Ma è l’anno del Giubileo e il santo padre ha mille impegni. Finalmente si libera e li accoglie. È simpatico e intelligente, un intellettuale, ma anche un sant’uomo. Quando i due si liberano è tardi per prendere il treno, così cercano un albergo nel quale andare a dormire. Trovano solo una stanza libera. Una stanza col letto matrimoniale. Il prete fa: – Sorella, io resto al bar. Dorma lei in albergo. Ci vediamo domattina per tornare al nostro paese –. Ma la suora: – Padre! Siamo due persone adulte. E in più abbiamo la nostra fede! Possiamo dormire nello stesso letto senza avere pensieri impuri –. E si mettono a letto insieme.
Durante la notte la suora fa: – Padre, ho freddo. Potrebbe riscaldarmi?
Il prete si alza, va a prendere una coperta nell’armadio e gliela mette addosso.
La suora però ripete: –Padre, forse lei non mi ha capito bene. Ho freddo. Potrebbe scaldarmi?
E di nuovo il prete si alza e prende una seconda coperta per la suora. Ma lei insiste: – Padre, probabilmente non mi sono spiegata. Ho freddo! Ho bisogno di calore! Potrebbe comportarsi con me come un marito si comporta con la moglie?
E il prete: – Devo fare proprio come il marito si comporta con la moglie?
Certo, – dice la suora.
E il prete: – Allora non rompermi le palle! La coperta sta nell’armadio, prenditela da sola.

Fine agosto 2018
Dovrei mandare il libro di barzellette all’editore. Lo sento al telefono e mi concede altre due settimane. Bene. Affitto un monolocale a Ostia. Gli scrittori veri fanno così. Si isolano e si concentrano sull’opera. Dalla finestra si vede il mare. Sotto c’è il panificio di via delle Zattere, poi il bar a Piazza Scipione l’Africano che apre prestissimo. Di fronte all’ex colonia marina Vittorio Emanuele III c’è una rampa di legno che scende sulla spiaggia libera. Uno che beve mi indica il pontile dei pescatori tagliato a metà da una mareggiata. Qualcuno ci ha messo una Venere.
Ci mettiamo a parlare e gli dico che sto scrivendo un libro. Gli dico anche l’argomento e lui si offre per raccontarmi qualche storiella.
Un gruppo di bambini africani immigrati in Italia viene portato a fare una giornata di mare a Ostia. Sono tutti piccoli e magri, ma uno è più miserello degli altri e si ferma accanto a un grasso bagnino che infila la forchetta in una cofana piena di bucatini. Il tipo gli fa: – Bambino, è tanto che non mangi?
E il piccoletto mostra un ditino. Uno solo.
Un’ora? – chiede il bagnino. Ma la creatura scuote la testa mostrando ancora il suo dito magro.
Un giorno? – dice titubante il mangiatore di bucatini. Il negretto ha le lacrime agli occhi, ma il suo dito è rimasto teso.
Una settimana? – azzarda il tipo. E il piccolo migrante muove la testa in alto e in basso per dire che si tratta proprio di una settimana di digiuno.
Il bagnino sorride paterno e lo accarezza sussurrando: – Allora ti puoi fare il bagno!

Poi mi guarda interrogativo. Dice che le barzellette sono un ascensore per l’inconscio. Scende nello schifo che abbiamo dentro, ce lo riporta a galla e ce lo mostra alleggerendolo con la risata. Ma è pur sempre un modo per mostrarcelo. Sono d’accordo. E infatti è così che vorrei fosse il mio libro. Se non proprio un ascensore almeno una scaletta per farci scendere lì dove gli istinti si mescolano ai pensieri e alle emozioni. Un posto nel quale siamo cattivi, ma anche deboli. Dove ci accettiamo come siamo senza cercare di apparire migliori. E se cominciamo ad accettare le nostre storture forse cominceremo ad accettare anche quelle degli altri.

Tuttolibri La Stampa, 9 marzo 2019

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